La tavola sè-movente

Borroni e Scotti, Milano 1853.

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Nella commedia in un atto «La tavola se-movente» (1853), il magnetizzatore Fantastici sogna di far danzare un tavolo come negli esperimenti del professor Ponch d’America, ma ogni tentativo fallisce: il prodigio che desidera non arriva, e la sua passione per il magnetismo lo rende facile preda di chi sa sfruttarla. Due pretendenti di sua figlia Cecilia, Eustachio e Mercurio, trasformano quella ossessione in una gara d’astuzia. Il primo, scettico ma furbo, finge poteri magnetici servendosi di un congegno costruito dal secondo e ottiene la fiducia dell'uomo; l’altro, inventore non meno ambizioso, replica l’esperimento e ne rivela il trucco, capovolgendo la menzogna per trarne vantaggio. Nel finale, Fantastici accusa Eustachio di aver fatto girare il tavolo fraudolentemente; ma la moglie lo corregge: «Non può negarsi; ma ha fatto girar la testa di Cecilia con mezzi molto naturali». Con questa battuta, è lei a sancire il trionfo del giovane, avendo intuito nel cuore della figlia più di quanto il marito, distratto dal magnetismo, sapesse vedere.

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Italiano

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