Pioggia e freddo costringono a trascorrere le serate in poltrona?

Ecco quattro consigli per gli acquisti, per un autunno di letture brillanti.

Stefano Bagnasco, Andrea Ferrero e Beatrice Mautino
Sulla scena del mistero, Sironi, 2010

Per molti anni, durante le mie scorribande in compagnia di Stefano Bagnasco, Andrea Ferrero e Beatrice Mautino, ci chiamavano I Fantastici Quattro. Le nostre gite si concentravano in luoghi ad alta densità “mysteriosa”: dal paese delle streghe in Liguria alla cappella delle (più strane) reliquie torinesi, dal Mystery Park di Von Daniken in Svizzera alle bizzarre “terre ballerine” sulle colline eporediesi. Gli ingredienti erano sempre gli stessi: zaini carichi di ogni genere alimentare, macchina fotografica, libri e riviste di autori diabolici, fumetti di Martin Mystére, ricche scorte di humour (e sarcasmo) sabaudo e gadgetteria che neanche i Ghostbusters.

In questi ultimi anni, Stefano, Andrea e Beatrice sono diventati soci effettivi del CICAP e hanno pubblicato una guida per gli studiosi del mistero che non ha precedenti. Sulla scena del mistero è il libro che non può mancare dallo zaino di chi – come avevamo fatto noi – si trova a entrare per la prima volta in un crop circle (e non vuole rovinarne il disegno), visita la cripta con il prepuzio di San Giovanni Battista (e gli verrebbe da ridere, ma non sta bene) o raccoglie la testimonianza di qualcuno che ha appena fotografato un ectoplasma. Il brillante trio non offre soltanto una panoramica a 360° dei temi che servono per intraprendere l’indagine su un qualsiasi argomento di confine, ma si propone come una vera e propria guida pratica all’indagine; dal modo in cui ci si deve vestire all’equipaggiamento da portare con sé, dai testi di riferimento da conoscere a menadito fino alle più sottili riflessioni metodologiche, Sulla scena del mistero non è scritto da un giornalista che ha frequentato per qualche tempo l’ambiente dei ricercatori del paranormale: il libro nasce direttamente sul campo, dalla penna di tre investigatori dell’occulto che hanno affrontato in prima persona tutte le difficoltà delle indagini sui fenomeni più insoliti. Gli strumenti offerti sono molteplici e, per la prima volta, presentati in modo sistematico: la metodologia del doppio cieco, il rasoio di Ockham, le procedure di peer review, la contestualizzazione in ambito archeologico, l’analisi della paranoia in ambito complottistico... Ognuno di questi aspetti è affrontato contemporaneamente dal punto di vista teorico e attraverso esempi pratici, tratti da indagini “in situ”.

Eccoci a Interlaken, durante la gita dei Fantastici Quattro al Mystery Park di Von Daniken.
Da sinistra: Bea, Andrea, io e Stefano.

Biotecnologa e divulgatrice scientifica, Beatrice ha dato al testo una preziosa impronta narrativa: attraverso aneddoti e racconti curiosi, Bea riconduce le più alte riflessioni teoriche a situazioni quotidiane e a personaggi molto noti della cultura pop, dalla coppia di investigatori di X-Files al rocambolesco archeologo della saga di Indiana Jones, da Homer Simpson al “folle” Kary Mullis. Andrea, ingegnere e finissimo conoscitore delle più intricate questioni epistemologiche, ha contribuito con una serie di preziose riflessioni su potenzialità e limiti dello scetticismo e dell’indagine scientifica. Sapeste le volte in cui Andrea mi ha ammutolito con cinque parole, messe nel giusto ordine, che chiudono in modo brillante e del tutto convincente una questione su cui magari discutevamo da ore... Chi ritiene, in modo un po’ tranchant, che “quelli del CICAP negano tutto quello che non riescono a dimostrare”, rimarrà probabilmente scioccato dalla profondità dell’analisi presentata nel libro. I tre autori, infatti, offrono – in maniera cristallina e pressoché definitiva – lo stato dell’arte dello scetticismo moderno, che dimostra una totale consapevolezza dei propri limiti intrinsechi. Ricordando, con Einstein, che certamente la nostra scienza è primitiva e infantile, ma resta la cosa più preziosa che abbiamo. Stefano, fisico ed esperto di archeologia misteriosa, rifugge da ogni ipersemplificazione e propone regolarmente nuovi punti di vista dai quali osservare una situazione; in genere, quando sono io a interpellarlo, gli aspetti su cui attira la mia attenzione sono quelli cui avevo dato meno importanza, e in genere si rivelano fondamentali. Il suo apporto, continuamente in bilico tra l’ironia e la severità metodologica, emerge dai brillantissimi esempi con cui conduce le sue analisi, che riescono a fondere una grande profondità con uno stile comunicativo immediato e godibilissimo.

Ma le caratteristiche principali dei tre sono talmente ben distribuite che l’oggetto finale non presenta soluzione di continuità: l’impressione complessiva è che ogni contributo sia nato e maturato durante le lunghe sessioni di brain storming comuni – forse qualcuno addirittura lungo l’autostrada che da Interlaken ci riportava a Torino. E che il tutto sia stato meticolosamente sintetizzato nella più divertente e ricca guida scientifica all’indagine dei fenomeni inspiegabili ad oggi pubblicata.

Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie, Rizzoli, 2010.

Questa non è l’ennesima edizione italiana del romanzo di Lewis Carroll: è la più preziosa per i cultori di enigmi e giochi matematici, perché l’intero testo del romanzo di Carroll è commentato in margine da Martin Gardner.

La prima edizione americana di quest’opera curata da Gardner ha venduto oltre mezzo milione di copie. Tale edizione annotata è considerata un’opera di culto per gli appassionati di indovinelli e misteri, al punto da meritare una citazione in una puntata di Lost (nell’episodio 6x05).

Vulcanico divulgatore scientifico, Gardner esplora l’opera di Carroll approfondendo i moltissimi riferimenti culturali, ludici e matematici nascosti nei due romanzi Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio.

Durante il processo ad Alice, il Re legge da un libro:

Regola 42: Tutte le persone alte più di un chilometro e mezzo devono allontanarsi dalla Corte.

Ecco un esempio della esplosiva prosa di Gardner:

Il numero 42 aveva un significato speciale per Carroll. Il primo libro di Alice aveva 42 illustrazioni. Nella prefazione di Carroll a The Hunting of the Snark è citata un’importante regola nautica, la regola 42, e nella Fitta I, stanza 7, il Fornaio sale a bordo con 42 scatole accuratamente imballate. Nella sua poesia Phantasmagoria, canto I, stanza 16, Carroll dice di avere 42 anni, benché all’epoca ne avesse cinque di meno. In Attraverso lo specchio il Re Bianco manda 4207 cavalli e uomini a rimettere a posto Humpty Dumpt, e 7 è un fattore di 42. [...] Per una ulteriore numerologia sul 42 – nella vita di Carroll, nella BIbbia, nel canone di Sherlock Holmes, e altrove – vedi il quarantaduesimo numero di “Bandersnatch”, il bollettino della Lewis Carroll Society d’Inghilterra (pubblicato nel gennaio 1942 + 42). [...] Nel popolare romanzo di fantascienza di Douglas Adams Guida Galattica per Autostoppisti si dice che 42 sia la risposta alla “Domanda Definitiva sul Tutto”.

Le note mettono in scena il mostruoso livello di erudizione di Gardner, unito alla leggerezza e al gusto per l’aneddoto che ne hanno fatto un monumento della divulgazione matematica. Chi più di tutti ha colto lo “spirito” della sua opera letteraria è stato Joe M. Turner, che ha scritto:

Forse Martin Gardner [...] possiede una percezione così chiara della magia che trascende quella che gli stessi prestigiatori hanno della propria arte. La magia è molto più degli effetti speciali che si possono vedere su un palcoscenico e delle abilità di un pur bravissimo manipolatore. Martin Gardner ci spiega che la magia, proprio come la matematica, potrebbe avere un ruolo intrinseco – e di certo sorprendente – nel funzionamento dell’universo stesso.

Raymond Smullyan, Rambles Through My Library, Praxis Int., 2009.

Matematico, prestigiatore e filosofo, Raymond Smullyan ci ha abituati a libri pieni di indovinelli e paradossi logici; questa volta ci offre una passeggiata tra i libri della sua biblioteca personale, con l’intento di “iniziarci” a letture che ha molto amato. L’intento è esplicito sin dalla prefazione:

La mia biblioteca contiene gemme poco note ma di sicuro interesse per chi ama le cose che io amo. Ma così dicendo, il tutto può suonare ovvio (e mi ricorda l’aneddoto di Abraham Lincoln, che come endorsement per un libro scrisse: “Coloro cui questo libro piacerà apprezzeranno moltissimo questo libro.”) In realtà, avrei dovuto scrivere che le perle che ho trovato con ogni probabilità piaceranno a coloro che hanno apprezzato le cose da me scritte in passato.

Dal momento che ho letto (e molto amato) l’intera opera letteraria di Smullyan, ho constatato di persona che la sua premessa (e promessa) è rispettata fino all’ultima pagina. Il libro è una collezione di citazioni curiose, aneddoti e battute di spirito che coinvolgono spesso aspetti paradossali e autoreferenziali.

Negli States, gli abitanti del Vermont sono famosi per essere persone di poche parole. A proposito di Calvin Coolidge, il presidente degli Stati Uniti che veniva dal Vermont, Smullyan racconta questo breve aneddoto:

Una volta Coolidge era a un ricevimento e non aprì bocca per oltre mezzora. Una ragazza seduta vicino a lui gli disse: «Presidente, ho scommesso che riuscirò a farle dire più di due parole!» Coolidge rispose: «Hai perso.»

Gli illusionisti apprezzeranno molto gli aneddoti a proposito di Houdini, Conan Doyle, Sam Loyd, in particolare quello in cui racconta il più bel gioco di prestigio di cui abbia mai sentito parlare – una spettacolare versione della telepatia tra padre e figlio.

In un capitolo dedicato allo stile letterario, Smullyan cita questo passo di John Burroughs (1837-1921):

Considero un gran complimento quando i miei amici, quelli che mi conoscono da più tempo e meglio, dicono dei miei scritti: «Leggendoli, sembra di sentire parlare te; ti vedo in ogni pagina.»

Smullyan commenta:

Queste parole mi hanno colpito enormemente, perché la mia esperienza è stata identica. Molti di quelli che mi conoscono mi hanno detto che, leggendo alcuni miei scritti, riescono a sentire il tono della mia voce, come se io fossi presente. L’ho sempre considerato un grande complimento.

Come in un gioco di scatole cinesi, le parole di Burroughs e Smullyan mi hanno colpito enormemente, perché la mia esperienza è stata identica. Anch’io sono molto felice quando i più vicini tra i miei lettori mi riconoscono tra le pagine dei miei libri, commentando: «È come sentire parlare te!»

Una delle citazioni più belle è quella del poeta cinese Lin Yutang (1895-1976):

Preferisco imbattermi per caso in un minuscolo gioiello nascosto tra la cenere, che guardarne uno gigantesco nella vetrina di un gioielliere.

Non capisco perché, ma è una frase che trovo bellissima. Ed è lo stesso Smullyan a spiegare che

i poeti non sono da analizzare, ma da apprezzare; non bisogna studiarli ma amarli; non sono utili alla conoscenza, ma alla cultura – perché il loro potere è quello di farci apprezzare di più la nostra vita e di consentirci di avere un maggiore controllo sui suoi elementi.

Smullyan è tra i pochi logici matematici la cui opera riesco ad amare come se si trattasse di un poeta.

Gianfranco Preverino, Il baro al poker, Stampa Alternativa, 2010.

Gianfranco Preverino è tra i pochi prestigiatori italiani che alle grandi capacità manipolatorie sanno unire l’abilità di analizzare in modo sistematico quello che fanno. Qualche mese fa l’aveva dimostrato ne Il re dei bari, libro per i prestigiatori dedicato alle dimostrazioni di gioco d’azzardo. Oggi Gianfranco torna in libreria con un testo rivolto al grande pubblico, e dedicato alle tecniche usate dai bari professionisti. Il suo grande punto di forza è quello di affrontare i temi in maniera graduale e approfondita, proponendo un percorso di scoperta degli inganni con le carte da gioco sistematico e completo. Ricco di riferimenti storici ai primi testi cinquecenteschi sull’argomento, da Horatio Galasso a Pietro Aretino, Il baro al poker arriva a coprire due argomenti del tutto inediti nella letteratura specializzata: il Poker Texas Hold’em e il gioco d’azzardo on line. Corredato da centinaia di fotografie, quella di Gianfranco può essere considerata senza dubbio l’opera definitiva sull’argomento.

Con la mente alle lunghe telefonate che abbiamo fatto per cercare di proporre il testo a un editore, è bello oggi stringere tra le mani un libro per il quale tanto ho tifato.

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