L’estate 2011 di Rennes-le-Château è stata segnata da una polemica che ha fatto parlare di sé i giornali locali: tre “Indiana Jones” dell’Aude hanno forse ritrovato il tesoro dei Visigoti?

In Italia, il 1° agosto 2011 il quotidiano torinese La Stampa le dedica un trafiletto in prima pagina che rimanda a un’intera pagina interna. Scrive Alberto Mattioli:

L’ultima “scoperta” è stata fatta nel vicino comune di Sougraigne. Sempre alla ricerca del famoso tesoro, tre ricercatori sostengono di averlo localizzato alla sommità del “pech” (l’uso dell’occitano fa più occulto) d’En-Couty, dove una cavità rocciosa nasconde il bottino del sacco di Roma di Alarico che i Visigoti seppellirono qui. Ci sarebbero, ovviamente, anche la menorah del Tempio e l’Arca dell’Alleanza, a loro volta razziate dai Romani a Gerusalemme. Però due degli Indiana Jones locali ci hanno scritto un libro escludendo il terzo, che si è vendicato spifferando tutto su Internet, mappa del tesoro compresa. Risultato: adesso la Gendarmeria deve presidiare la montagna. (1) 

Ecco un riassunto della vicenda, così come ho potuto ricostruirla nel corso di una settimana trascorsa nell’Aude.

I tre Indiana Jones dell’Aude

Michel Vallet – conosciuto anche con lo pseudonimo di Pierre Jarnac – è noto per essere uno dei più riservati studiosi dell’enigma di Rennes-le-Château. Da oltre quarant’anni raccoglie tutto ciò che riguarda le vicende di Bérenger Saunière e pubblica centinaia di documenti utili per districare la matassa. A proposito dei suoi due giganteschi libri Histoire du trésor de Rennes-le-Château e Les Archives de Rennes-le-Château, Henri Buthion ha detto:

Cos’altro si potrà scrivere su Rennes-le-Château dopo i libri di Jarnac?

Meticoloso e puntuale, cura le edizioni Pégase, che hanno pubblicato negli ultimi decenni alcune tra le opere documentarie più preziose per chi vuole approfondire le vicende.

Didier Héricart de Thury è appassionato dell’enigma di Rennes sin dagli anni Sessanta. Ha conosciuto e frequentato tutti i principali “cercatori” e, in oltre mezzo secolo, non ha mai pubblicato né scritto nulla sull’argomento: nella sua casa di Carcassonne colleziona decine di riproduzioni di quadri di Nicolas Poussin (1594-1665) e David Teniers (1610-1690), convinto che nascondano il segreto di Rennes-le-Château. La convinzione gli viene da una frase codificata su una pergamena (di provenienza sospetta e di cui non è mai stato rinvenuto l’originale) che recita:

POUSSIN TENIERS GARDENT LA CLEF (Poussin e Teniers custodiscono la chiave)

Franck Daffos è un “cercatore” che non brilla per il suo rigore intellettuale: i suoi libri sono una raccolta piuttosto variegata di leggende locali, intuizioni enigmistiche personali che mescolano lettere, numeri, linee geometriche e personaggi di epoche diverse, senza troppa preoccupazione per la verosimiglianza storica e per il rigore; le argomentazioni che usa nel condurre le sue analisi sono deboli e spesso fallaci, né ha mai mostrato la disponibilità a chiarire le sue posizioni attraverso la produzione delle fonti originali: è noto il suo atteggiamento aggressivo con cui attacca chi non è d’accordo con lui sui vari forum frequentati dai cercatori.

La rottura del trio

I tre studiosi stanno costruendo da anni una teoria a proposito del tesoro di Rennes-le-Château: due quadri di Poussin e Teniers il giovane conterrebbero un messaggio cifrato che conduce a una grotta nei pressi del villaggio. Per giungervi, hanno studiato con attenzione una stazione della Via Crucis della chiesa di Rennes-le-Château – che a loro dire conterrebbe un indizio sulla strada del tesoro.

La Via Crucis venne realizzata alla fine dell’Ottocento dalla ditta Giscard di Tolosa. Poiché il modello installato a Rennes-le-Château proveniva da un catalogo, i tre studiosi si sono procurati una copia del libretto e dei registri dei Giscard per individuare altre Via Crucis simili in giro per la Francia. Da un confronto tra la Via Crucis di Rennes e le altre, hanno individuato alcune peculiarità che rivelerebbero indizi cruciali.

Data l’importanza del ritrovamento del catalogo, e nello spirito open source che dovrebbe guidare qualsiasi ricerca seria, il 14 luglio 2011 Michel Vallet ha reso pubblici i registri dell’azienda tolosana e il catalogo, proponendone per la sua casa editrice Pégase una ottima riproduzione.

Il catalogo Giscard, oggetto della controversia tra i tre studiosi

Il gesto ha profondamente irritato Franck Daffos, che si è scagliato contro il collega chiedendo quale diritto avesse di divulgare materiale ritrovato da Didier Héricart de Thury. Per ostacolare la vendita del catalogo diffuso da Jarnac, Daffos – attraverso il sito di Jean Pierre Garcia – ha diffuso gratuitamente la sua versione PDF.

Il libro della discordia

All’insaputa di Jarnac, Franck Daffos contatta Thierry Garnier – proprietario della casa editrice Arqa – proponendogli un’esclusiva: la rivelazione dei primissimi indizi che hanno consentito ai tre di ritrovare la “grotta del tesoro”. Il libro sarà firmato dai soli Daffos e Héricart de Thury, con una prefazione dello stesso Garnier.

Il libro è un instant book: in pochi giorni è in libreria. Si intitola “L’Or de Rennes” quand Poussin et Teniers donnent la clef de Rennes-le-Château. Si tratta di un testo deludente e raffazzonato, che promette rivelazioni gigantesche ma che si limita a poche e confuse informazioni. È composto da 112 pagine. La prefazione ne porta via 26, ed è un riassunto polemico firmato dall’editore Thierry Garnier. Il testo vero e proprio parte dal messaggio di una delle due più note pergamene di Rennes-le-Château, che parla di un segreto la cui chiave è custodita da Nicolas Poussin e da David Teniers. Scopo del libro è individuare quali delle molte opere pittoriche dei due artisti contengono la “mappa del tesoro”.

Il capitolo su Poussin è breve e ovvio: il quadro da utilizzare è il ben noto “Pastori d’Arcadia” nella sua seconda versione. Le motivazioni sono bizzarre e mescolano apocrifi, documenti autentici e veri e propri salti mortali enigmistici. Poiché una parte del messaggio recita PAX 681 e in un testo di numerologia del 1928 si dice che la somma delle tre lettere P, A e X fa proprio 681, allora il messaggio sarebbe da leggere come 681 681. Se dunque tale numero compare DUE volte, allora la versione dei “Pastori d’Arcadia” da utilizzare è la numero DUE.

Il capitolo su Teniers è più originale ma non meno raffazzonato: nelle prime righe della “piccola pergamena” gli autori ritrovano le parole SECUNDO PRIMO. Estraendo le lettere DO PR e aggiungendo una A che si trova sopra, compongono l’anagramma “Prado” ritenendo che sia un riferimento al museo che contiene il quadro di Teniers corretto. In un altro punto della pergamena trovano le lettere NT ripetute più volte. Invertendole, leggono TN e ritengono che sia un indizio a cercare un quadro nel museo del Prado che riguardi le “tentazioni” (in francese, TentatioN).

Il quadro individuato è questo:

David Teniers (il Giovane), I sette peccati capitali, Museo del Prado, 1670 (Vedi in grandi dimensioni)

Alcuni elementi simbolici farebbero riferimento a Rennes-le-Château e alla sua storia. Uno dei mostri tiene sulla testa un pollo. “Hautpoul” (pollo in alto) è il nome della famiglia che regnò fino al Settecento nel villaggio francese.

Un altro personaggio in un angolo custodisce un forziere (un riferimento a un tesoro?):

A questo punto, il libro si chiude. Non viene fornita nessuna informazione sull’esistenza di un tesoro, di una grotta, di un forziere o di alcuna ricchezza. Non si parla di una caccia al tesoro, ma si annuncia soltanto la successiva rivelazioni di altri elementi chiave.

Completa l’opera una lunghissima appendice, che riduce il contenuto inedito a pochissime pagine, scritte anche in maniera incomprensibile per chi non ha già una buona conoscenza delle vicende e del tutto sconclusionata anche per chi la conosce. L’uso di noti apocrifi moderni per indagare una vicenda antica di secoli, i metodi di decodifica soggettivi e arbitrari e la presenza di macroscopici errori di interpretazione (messi in luce ad esempio in questo interessante studio) danno l’impressione generale di un’operazione di dubbio interesse culturale, che l’editore presenta in maniera altisonante ma che non mantiene le promesse fatte. Si tratta, comunque, di una miccia che farà esplodere in pochi giorni la bomba.

Jarnac scopre le carte e rivela l’esistenza di una grotta

Nel libro di Daffos e de Thury, il lavoro di Michel Vallet è completamente disconosciuto. Quest’ultimo non ci sta. Domenica 24 luglio 2011, su un forum per cercatori di tesori, vuota il sacco rovinando il progetto dei due di rivelare poco alla volta la loro scoperta. Jarnac scrive irritato:

A causa di circostanze molto gravi e per la pesante campagna di calunnie che ho dovuto subire, ho deciso di rivelare il luogo che ho individuato. Ognuno è libero di credermi o no. Questo è il risultato del lavoro congiunto, diligente, costante di sette anni con Didier Héricart de Thury. La situazione è diventata ingestibile a causa della codardia e dell’atteggiamento autoritario ed egoista di Franck Daffos. Al fine di screditarmi, Daffos non pone limiti alle sue menzogne, e dal giugno 2007, quando ho incontrato per la prima volta Héricart de Thury, ha fatto di tutto per ostacolarmi.

Segue la descrizione di un luogo scoperto insieme ai due ex compagni di viaggio:

Abbiamo scoperto questo luogo studiando i quadri di Poussin e Teniers e interpretando il libro di Henri Boudet. L’epitaffio della Marchesa di Blanchefort conduce a una certa altitudine su una montagna. In realtà, la montagna è una collina: si tratta del picco di Couty, di fronte al borgo di Clamencis, frazione del comune di Sougraigne.


Visualizza Il tesoro dei Visigoti in una mappa di dimensioni maggiori

Sul suo blog personale, Michel Vallet è più preciso sul metodo utilizzato per individuare la grotta, e segnala la presenza di un personaggio che guarda fisso verso un punto dell’altare che somiglia a un triangolo.

L’imbocco della grotta somiglia molto a quel triangolo. Per individuare l’altezza della grotta sulla collina dietro Clamencis, è stato usato ancora una volta il messaggio nascosto in una delle pergamene: poiché compare il numero 618, la ricerca si è concentrata su quella altitudine.

La notizia sui giornali

Dal 27 al 29 luglio 2011, i giornali locali riprendono la notizia con entusiasmo e la ingigantiscono. Nulla è ancora stato estratto dalla grotta, ma si parla già del tesoro dei Visigoti.

La Depeche du Midi, 27.7.2011 (leggi l’articolo sul sito della rivista)

Preso dall’entusiasmo, Jarnac non è avaro di gustose anticipazioni sul contenuto della grotta:

C’è un vero e proprio labirinto interrotto a un certo punto dall’acqua, probabilmente un ricettacolo di acque fangose creato dall’acqua piovana che ha portato con sé foglie e piccoli rami. [...] Superato questo ostacolo, un lungo corridoio dovrebbe portare a una sorta di camera dove si troverebbero gli scheletri di trenta schiavi che sono stati impiegati per scavare le gallerie e nascondere il tesoro. [...] Ecco il segreto di Rennes-le-Château. Anche in questo caso, ognuno è libero di credere o meno a quanto scrivo. Ognuno è libero di recarsi lì a vedere di persona. Comunque, per quanto mi riguarda, questa questione è chiusa. Da oggi tutti agiscano in coscienza, assumendo ognuno le proprie responsabilità.

Tali conclusioni, però, non si basano su una visita in loco: l’accesso alla grotta è praticamente impossibile se non con attrezzature da speleologo, ed è allagata; piuttosto, Jarnac ritiene che esistano gli scheletri e il tesoro grazie a un’interpretazione della Via Crucis della chiesa di Rennes-le-Château i cui dettagli – però – ci sono ancora stati risparmiati.

L’ispezione di Christian Doumergue

Il 29 luglio 2011 Christian Doumergue, coautore del museo di Rennes-le-Château, si reca sul posto per documentare la scoperta. Le fotografie del suo dossier (scaricabile da qui) fanno immediatamente il giro del web.

Tenuto per i piedi da un amico, Christian riesce a introdursi nello strettissimo passaggio, a infilare una mano nel corridoio interno della grotta con una torcia e una macchina fotografica e a scattare una fotografia.

Christian documenta, tra l’altro, una pietra la cui rappresentazione – secondo i tre autori – si troverebbe sul quadro della deposizione custodito nella chiesa di Rennes-les-Bains:

La Pietà nella chiesa di Santi Celso e Nazario a Rennes-les-Bains e una formazione rocciosa nei pressi della grotta (Fotografia tratta dal reportage di Christian Doumergue)

Il quadro sarebbe dunque un indizio sul percorso per ritrovare la grotta.

La mia ispezione alla grotta del tesoro

Il 20 agosto 2011 ho un appuntamento con Christian Doumergue a Rennes-les-Bains. Dopo un pranzo alla locale Hostellerie, prendiamo insieme l’auto e ci rechiamo verso Sougraigne.

Christian è ben contento di farmi da guida, ed è impossibile resistere al fascino della gita al luogo del tesoro. Superata la borgata di Clamencis, la collina d’en Couty ci sovrasta sulla destra.

Parcheggiata l’auto lungo uno dei tornanti, ci addentriamo su per il boschetto lungo una costiera ripida; non esiste nessun sentiero segnato, e chi non conosce con precisione come arrivare alla grotta è praticamente impossibile che vi si imbatta per caso. Il percorso è breve ma molto scosceso. Giunti all’imbocco della grotta, le sue minuscole dimensioni mi sorprendono: può entrarci a malapena una persona a testa in giù, senza alcuna garanzia di potersi voltare una volta all’interno.

Christian mi scatta una fotografia con la mano nell’imbocco della grotta del tesoro:

ma declino l’invito a introdurmi a testa in giù per il cunicolo. Je suis un homme de lettres, confesso alla mia cordialissima guida.

Ci allontaniamo divertiti: la polemica che sta infuriando su Internet in questi giorni fornisce motivi di ilarità pressoché quotidiani. C’è chi trova insensato che i due quadri fondamentali per ritrovare il tesoro siano stati realizzati a distanza di 25 anni. Chi è in attesa delle successive rivelazioni sul modo in cui la grotta è stata trovata. Tracce di scavi sono già presenti a pochi metri dalla grotta principale, alla ricerca di un ingresso alternativo. C’è chi subodora l’affare da parte del sindaco locale, che possiederebbe il terreno su cui è stato fatto il ritrovamento. Di gendarmi, neppure l’ombra. E comunque, era stata bloccato semplicemente l’accesso alla collina, e nessun uomo dell’ordine si è mai spinto fino all’imbocco della grotta.

La narrativa di Rennes-le-Château si arricchisce di un nuovo, fresco capitolo, che affonda le sue radici direttamente negli Anni Sessanta: nel 1967 venne per la prima volta scritto in un libro che Poussin e Teniers custodivano il segreto del tesoro del paese; quarant’anni dopo, il sogno di ritrovarlo è più vivo che mai.

Un ringraziamento particolare a Christian Doumergue per avermi accompagnato sul luogo “incriminato”.

Io e Christian Doumergue a 681 metri sul Pech d’en Couty


Note

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