Agli occhi di un illusionista, il film Now You See Me brilla per un dettaglio chiave: nella storia che racconta, Magia e Senso tornano finalmente insieme.

Gran parte dell’illusionismo contemporaneo è incapace di attribuire un Significato a quanto viene offerto al pubblico. La magia è diventata una faccenda autoreferenziale. Scegli una carta perché il mago la ritrovi e così il suo ego ne sia gonfiato. Come ripetono spesso i cattivissimi Penn&Teller, citando Jerry Seinfeld:

Tutta la magia si può riassumere in: «Ecco una moneta, ora è sparita. Sei uno sfigato. Eccola riapparsa. Sei un idiota. Lo show è finito.»

Di fronte a un mago che dice «Scegli una carta», la replica più sana e logica sarebbe la domanda: «Perché dovrei?» Una domanda di Senso del genere spezzerebbe l’autoreferenzialità, e costringerebbe il mago a spiegare in quale reame si collochi la sua magia. I più non saprebbero cosa rispondere.

Quando si doveva cacciare per sopravvivere, far apparire una preda dal nulla era un gesto magico dalle notevoli implicazioni sociali. Nessuno avrebbe mai chiesto «Perché lo fai?» Il Significato del gesto era autoevidente. Oggi, estrarre un coniglio dal cilindro non può non apparire come l’incongruo accostamento di un capo di abbigliamento di un secolo fa a un animale del tutto assente nelle moderne città. Il progressivo svuotamento di significato degli effetti magici li ha trasformati in nostalgiche (quando non patetiche) evocazioni di scenari di un tempo, facendo dell’illusionismo uno dei bersagli preferiti dalla moderna satira.

In epoca postmoderna, dove tutto è già stato detto e scritto, l’unico atteggiamento ad avere diritto di cittadinanza è quello consapevolmente citazionista. Pochi illusionisti hanno colto tale spirito (Penn&Teller più di tutti). La maggior parte ripropone, in maniera ingenua (e senza minimamente capirli), giochi di dieci, cento, mille anni fa, avendo perso il contatto con il Senso che evocavano quando vennero concepiti.

In Now You See Me i quattro maghi si esibiscono in uno show dal significato preciso e del tutto allineato ai tempi che viviamo: sottraggono le ricchezze ai cattivi, usando i loro poteri per redistribuirle. In una società capitalista come la nostra, è un desiderio segreto abbastanza comune. Da buoni maghi, i quattro esaudiscono esattamente quel sogno. E il regista è bravo a costruire la trama come un preciso orologio svizzero, dove tutto si ottiene attraverso tecnologie sofisticate e abili sotterfugi psicologici. Senza ricorrere, ovvero, a magie “vere” – come nei film di Harry Potter. Sotto traccia, passa l’idea che il genio logico e una buona dose di scaltrezza siano in grado di avere la meglio sulle malefatte della finanza.

Scrivendo questa storia, Boaz Yakin e Edward Ricourt hanno fatto quello che qualunque illusionista dovrebbe fare progettando i propri spettacoli: chiedersi quali poteri il pubblico brama e adoperarsi per incarnarli alla lettera. Una volta avremmo chiesto allo sciamano un coniglio da mangiare. Oggi a un vero mago chiederemmo denaro contante. I quattro cavalieri incarnano la totale consapevolezza dei sogni del loro pubblico, e sono attenti a mirare proprio lì.

L’obiezione che ciò possa avvenire solo in un film non regge. In questi giorni a Londra il grande mentalista inglese Derren Brown sta regalando ogni sera denaro contante al pubblico. Lo fa al culmine di un effetto magico memorabile e denso di risvolti psicologici sottili – che non racconterò solo per rispettare la sua richiesta di essere vaghi sul contenuto dello spettacolo. L’ho visto dal vivo presso il Palace Theatre di Londra, insieme a uno degli illusionisti italiani che ha messo il binomio Magic & Meaning al primo posto nella propria poetica magica – Ferdinando Buscema.

All’uscita del teatro, concordavamo: Derren Brown è uno che ha capito. Avendo saputo trasferire nel mondo reale una storia che al cinema funziona alla perfezione.

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