Esattamente 50 anni fa, nel novembre 1963, Bill DeMar (1)  si esibiva come mago e mentalista presso il Carousel Club di Dallas – un night gestito da un mafioso di piccolo calibro, tale Jack Ruby.

Il 22 novembre, a pochi isolati di distanza dal locale, il presidente John F. Kennedy fu assassinato da Lee Harvey Oswald. Due giorni dopo anche Oswald venne ucciso, freddato da Ruby – proprietario del Carousel Club e datore di lavoro del mentalista.

Il luogo del delitto a sinistra e la sede del Carousel Club a destra.

La commissione Warren, incaricata di indagare sul caso, si occupò di scoprire l’eventuale esistenza di un complotto, e cercò di fare luce sui rapporti tra Oswald e Ruby: i due si conoscevano? In caso positivo, era possibile che Ruby avesse ucciso l’assassino di Kennedy per impedirgli di rivelare i nomi dei mandanti.

Mark Lane, un avvocato di New York che si era messo a studiare il caso, riferì al giornalista Hugh Aynesworth che “senza dubbio” Ruby e Oswald si conoscevano: il giorno dopo aveva un appuntamento con un testimone segreto dalla “memoria di ferro”. (2) 

Il testimone segreto era il mentalista di Dallas. Lo spettacolo che presentava al Carousel Club si basava su un test mnemonico che coinvolgeva 20 persone. Al termine della performance, gli spettatori si convincevano che egli fosse dotato di una memoria straordinaria. DeMar aveva raccontato in giro di aver visto l’assassino del presidente tra il pubblico del Carousel Club, e la notizia si diffuse – giungendo alle orecchie della commissione Warren. Il 2 giugno 1964 il mentalista fu convocato e interrogato.

DeMar si accorse presto di essere in trappola. Dai racconti di chi l’aveva visto in azione, la commissione aveva dedotto che per l’uomo fosse naturale ricordare con precisione il volto di una persona. Il mentalista, però, si rendeva conto delle implicazioni della sua confessione, e non era poi così sicuro di quello che aveva visto. Bill DeMar voleva ritrattare la dichiarazione fatta alla stampa, ma per farlo avrebbe dovuto ammettere la verità: l’infallibilità a cui alludeva la sua performance era fasulla, frutto di un trucco da illusionista. Prigioniero di un personaggio troppo brillante per essere vero, il mentalista fu costretto a vuotare il sacco.

Durante l’interrogatorio dichiarò di avere 32 anni, di avere un figlio di 4 anni e di essere separato dalla moglie. Lavorava nell’ambito dell’intrattenimento da quando aveva 17 anni: aveva iniziato come cabarettista e ventriloquo, poi si era dedicato al mentalismo. Jack Ruby gli riconosceva 200 dollari alla settimana, corrispondenti a circa 1000 euro attuali. Su una locandina, il suo nome compariva per primo ed era definito “versatile ventriloquo e comico, un MAESTRO NELL’ARTE DELLA PERCEZIONE EXTRASENSORIALE”.

Ecco un frammento dell’interrogatorio condotto da Leon D. Hubert:

Hubert: Ha una qualche rilevanza il fatto che lei presenti una dimostrazione di memoria considerata la sua specialità – o una delle sue specialità?
DeMar: Beh, è una delle cose che faccio, ma…
Hubert: Ci spieghi: quale rilevanza ha tutto questo?
DeMar: Mi hanno chiesto come abbia visto [Oswald] al Club, e ho risposto che mi sembrava che lui fosse una delle persone che avevo coinvolto durante la mia dimostrazione di memoria.
Hubert: Di cosa si trattava esattamente? Potrebbe descrivercela?
DeMar: Ho 20 persone sedute di fronte, quelle che posso vedere dal palcoscenico; dico a voce alta un oggetto, faccio alzare la mano a uno di loro e indovino a chi appartiene ciascun oggetto. Tutto qui.
Hubert: Sfrutta un trucco per farlo, oppure…
DeMar: Associazione.

Hubert: In altre parole, ci vuole una specie di allenamento; lei si è allenato per “associare”?
DeMar: Un po’.
Hubert: Quali sono gli esatti processi mentali attraverso cui riesce a farlo?
DeMar: Mi chiedete quale sistema io usi?
Hubert: Sì.
DeMar: O come si faccia in generale?
Hubert: Sì. Non voglio entrare nel merito dei suoi segreti professionali.
DeMar: Eppure è quello che mi state chiedendo. (Ride)
Hubert: Prendiamola da un’altra parte: quello che sto cercando di capire è se il suo “effetto mnemonico” – come lo chiama – le consente di riconoscere o ricordare i volti più di quanto farebbe una persona qualsiasi.
DeMar: No. No, la mia memoria non è migliore, è buona quanto quella di una persona qualunque. Conosco semplicemente il sistema ideato da Spencer Thornton (3)  per presentare questo effetto, mi concentro per utilizzarlo, ma quando ho finito, non mi rimane nulla in mente.

Hubert: Di sicuro ricorderà che la stampa, poco dopo il 24 novembre, ingigantì parecchio la questione. Il motivo è che la sua performance mnemonica – o tecnica mnemonica, come lei preferisce chiamarla – dà di lei un’impressione di abilità superiori, se così possiamo chiamare una capacità particolarmente sviluppata di ricordare i volti di chi ha visto. È vero o no? Si può dire che questo effetto le concede delle capacità mnemoniche superiori alla media o no?
DeMar: No. No, non mi dà niente di speciale. Uso semplicemente un trucco, una tecnica, per presentare questo effetto mnemonico, nient’altro. Sono loro che hanno favoleggiato sulla questione della memoria e sul fatto che io avrei visto Oswald qui, non l’ho mai affermato in modo sicuro, eppure loro dicono che l’ho fatto, e via discorrendo, ma quello che scrivono ha ben poco riscontro con la realtà. (4) 

Come la maggior parte dei mentalisti contemporanei, Bill DeMar aveva ceduto alla tentazione di usare la propria arte per guadagnarsi uno status superiore. Attraverso tecniche relativamente semplici, aveva millantato capacità fuori dall’ordinario, proponendosi come un individuo speciale anche al di fuori del palcoscenico. Ma quando la verità viene a galla – come accadde miseramente a Dallas – meglio non trovarsi nei loro panni.


Note

1. Nome d’arte di William D. Crowe jr.

2. Philip Shenon, Anatomia di un assassinio, Mondadori, Milano 2013, p. 151.

3. Thorton’s Master Memory Course, pubblicato in proprio, 1957.

4. Testimonianza di William D. Crowe jr. in Warren Commission Hearings, vol. XV, U.S. Government Printing Office, Washington 1964, p. 106.

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