Ogni gioco di prestigio racconta una storia, anche quando il mago non se ne accorge. L’effetto magico più semplice che si possa immaginare coinvolge una moneta, che prima sparisce e poi riappare. Secondo Eugene Burger, la storia evocata da tale gioco si può catalogare nel genere delle “avventure degli oggetti tra le mani del mago”:

Si tratta di effetti magici che riguardano strane avventure che capitano agli oggetti; tali effetti mancano innanzitutto di un contesto simbolico, (1)  perché non puntano ad alcunché che li trascenda e coinvolga la vita dello spettatore. (2) 

In realtà, basta poco per introdurre una dimensione simbolica: è sufficiente che il mago guardi il pubblico con supponenza. Ci ha pensato Jerry Seinfeld ad aggiungere i sottotitoli al gioco, quando (sempre più spesso) viene presentato con atteggiamento di quel tipo:

Tutta la magia si può riassumere in: «Ecco una moneta, ora è sparita. Sei uno sfigato. Eccola riapparsa. Sei un idiota. Lo show è finito.»

Nella versione del comico americano, lo stesso gioco racconta una seconda storia: quella di un mago che, con un trucco, ha la meglio su uno spettatore imbecille. È lo sguardo supponente del prestigiatore ad “attivare” il contesto simbolico: la moneta diventa un mero pretesto per dimostrare che l’illusionista ce l’ha più lungo del suo pubblico.

Facendo leva sulle sue insicurezze, da sempre il mercato propone al mago giochi di prestigio che raccontano la stessa storia. Una delle sue incarnazioni classiche prende il nome da una trasmissione diffusa nei cinema americani degli Anni Trenta: “Bank Night” mette in palio una banconota di grosso taglio, nascosta in una busta dispersa tra altre. Alcuni spettatori ne scelgono una a testa, e tutte si rivelano vuote. L’unica residua – quella contenente la banconota – ritorna al mago, che dimostra di aver fuorviato con successo il pubblico.

Tecnicismi dietro una versione di “Bank Night”. Il problema, però, non sta nel trucco ma nella storia.
Immagine tratta da John Scarne, Scarne’s Magic Trick, Dover Publications, New York 2003, p. 50.

Non c’è bisogno di Jerry Seinfeld per portare alla luce l’implicito sottotesto: «Avevi la possibilità di vincere una grossa cifra e te la sei lasciata sfuggire, perché io sono più furbo di te – pepperepeppeppé.» (3) 

L’intera corrente illusionistica del mentalismo offre al pubblico infinite variazioni di questa storia machista. Seppure nei teatri in molti applaudano di fronte a dimostrazioni del genere, c’è una parte di spettatori che resiste all’incantesimo e non si fa scrupolo di denunciarne i risvolti patetici. Espressione di tale resistenza illuminata, Wu Ming 2 propone un efficace antidoto:

Se il faraone vuol farci credere di essere il figlio del sole, continueremo a sbeffeggiarlo e a raccontare altri miti. L’unica alternativa per non subire una storia è raccontare mille storie alternative. (4) 

La parola chiave è “contronarrazione”.

Contronarrazioni magiche

Nell’aprile 2012 mi trovavo a Los Angeles con Ferdinando Buscema. In un negozio di articoli magici, un giovane illusionista chiese a Ferdinando quale tipo di magia avrebbe presentato al Magic Castle di Hollywood. Coniando un neologismo, il mio amico rispose: «Italian-Style Magic». Il riferimento – certamente oscuro per il neofita californiano – era a una contronarrazione che avevamo concepito in aperta opposizione al celodurismo degli illusionisti moderni (abbastanza tipico della magia statunitense (5) ). Nel mio Te lo leggo nella mente la raccontai così:

Violando una regola narrativa tanto ridicola quanto egocentrica, Buscema presenta [“Bank Night”] capovolgendolo. L’unico spettatore coinvolto sceglie una busta e scopre che, contro ogni probabilità, è quella vincente. Le buste rimanenti contengono i frammenti di una citazione che recita: “Se vuoi sentirti ricco, conta le cose che hai e che il denaro non può comprare.” (6) 

Un anno dopo ebbi l’occasione di inoculare germi contronarrativi nel cuore dell’Accademia, la sede in cui ai giovani mentalisti si offre l’arsenale classico della loro arte – in cima alla lista, i giochi di prestigio che sottolineano l’irresistibile potere persuasivo del moderno mesmerizzatore.

Colpito dalle analisi proposte tra le pagine del mio libro, un lettore mi scrisse per chiedermi una consulenza: nel mese di giugno avrebbe dovuto esibirsi in occasione del saggio che chiudeva la stagione dell’Accademia del Mentalismo; seguendo il mio consiglio di raccontare storie coerenti con il proprio universo personale, mi spiegò che nella vita si occupava di marketing: saremmo riusciti a elaborare un effetto magico in grado di richiamare il concetto di “persuasione” in un ambito commerciale?

Il tema è tra i più inflazionati. Ispirandosi alle analisi di Vance Packard, centinaia di mentalisti vantano doti da “persuasori occulti”, dimostrando di saper pilotare le scelte, imporre volontà e guidare di nascosto gli spettatori. Stefano Re portò alla luce la connotazione sessuale di tale pratica in due libri che usavano nel titolo la parola Mindfucking(7) 

L’Accademia aveva messo a disposizione del mentalista gli elementi classici: (8) 

1. Colloca sul fondo del palcoscenico l’immagine di un brand noto, appena in penombra.
2. Mostra dei cartoncini su cui compaiono diverse marche.
3. Forza lo spettatore a prenderne uno in particolare – senza che lui se ne accorga.
4. Svela che tale scelta non è stata casuale, ma sottilmente pilotata dal brand che faceva mostra di sé sullo sfondo.
5. Goditi l’applauso, giusto premio per le doti da persuasore occulto che hai saputo dimostrare.

Una storia del genere imprigiona i neofiti in uno stantio schema verticale: sopra, il potente mesmerizzatore; sotto, il popolino che si lascia persuadere. Per dirla con Wu Ming 1, gli studenti sono come

intossicati dall’adozione di punti di vista «normali», prescritti, messi a fuoco per noi dall’ideologia dei dominanti. È imperativo depurarsi, cercare di vedere il mondo in altri modi, sorprendendo noi stessi. (9) 

La controstrategia narrativa che suggerii – e che il mentalista presentò con successo (10)  – collocava il giovane marketer (lo chiameremo Mesmer) in una posizione del tutto inedita. Nella trama che avevo messo a punto, Mesmer entrava in scena con un libro in mano.

Buonasera! Alcuni si chiederanno cosa io faccia, in mezzo ai tanti talentuosi persuasori e telepati che mi hanno preceduto e mi seguiranno. Per chi non mi conosce, sono un consulente di marketing. E sì, lo ammetto: noi esperti di marketing usiamo tecniche subdole per convincervi a comprare cose che non vi servono. Oggi, però, non sono qui per persuadervi. Al contrario. Sono qui per insegnare a difendervi da persone come me. In questo libro c’è un potente antidoto: un segreto che tra un momento vi svelerò.

Lasciando il volume da parte, Mesmer mescolava alcuni cartoncini, poi li porgeva coperti a una persona perché ne scegliesse uno.

Su ogni cartoncino c’è il marchio di un prodotto. Te li mostro con i nomi rivolti verso il basso, per non influenzare la tua scelta. Prendine uno e mettilo in tasca, senza guardarlo. Tra un attimo cadrò in uno stato di sonnambulismo artificiale, durante il quale riuscirò a vedere il brand che hai scelto.

Mesmer chiudeva gli occhi, tremava un attimo, poi annunciava:

Lo vedo. Anzi, la vedo. È scura. È fredda. È… è… Coca Cola!

Un breve scossone e Mesmer era di nuovo sveglio.

Questo avreste visto due secoli or sono al cospetto di Franz Anton Mesmer. E forse, come oggi, avreste creduto nelle doti di chiaroveggenza che si acquistano durante la sonnambulia. Nulla di tutto ciò. Come dissi all’inizio, noi del marketing sappiamo essere subdoli manipolatori. [Mesmer indica lo spettatore.] Lui credeva che la sua scelta fosse libera. In realtà, non gli ho dato alcuna alternativa.

Sfogliando tra le mani i cartoncini, Mesmer mostrava che erano tutti uguali: su ognuno compariva la scritta “Coca Cola”. Qui il pubblico scoppiava a ridere. Chiarito il mistero, la tensione narrativa si risolveva. E un tiepido applauso salutava l’estrazione del cartoncino dalla tasca, interrompendosi bruscamente quando lo spettatore lo osservava sbalordito: contro ogni aspettativa, sul foglietto c’era scritto “acqua”.

Sorridendo, Mesmer spiegava:

Forse anche voi siete stufi di chi vi considera manipolabili; di chi ritiene che siate prevedibili; di chi dimostra di potervi guidare a vostra insaputa. [Mesmer indica lo spettatore.] Attraverso la sua mano, oggi avete vinto voi. Come in una sadica roulette russa, avevo riempito il tamburo di proiettili, lasciando un solo spazio vuoto. A salvarvi è stato il segreto di Luke Rhinehart.

Mesmer riprendeva il libro e ne leggeva le parole sulla copertina.

«Pochi romanzi possono cambiare la vostra vita. Questo lo farà.» Conoscete “L’uomo dei dadi”? (11)  È la storia di uno psichiatra annoiato dalla prevedibilità del quotidiano. Per rompere i vincoli a cui si sente legato, Rhinehart compie una scelta che gli cambia l’esistenza: inizia ad affidare ai dadi le sue decisioni. Facendo irruzione nella sua vita, il Caso lo rende libero da condizionamenti e persuasori occulti. [Mesmer si rivolge allo spettatore.] È successo poco fa anche a te. Invece di osservare i cartoncini, ti sei lasciato guidare dalla sorte. Ti sei opposto ai condizionamenti scegliendo a caso. E hai vinto.

Riflessioni finali (12) 

Abbracciare il Caso come antidoto contro la persuasività? Non sono neppure il primo a proporlo. Amazon Random Shopper (ARS) è un software che ordina casualmente alcuni prodotti entro un budget specificato. Realizzato da Darius Kazemi come semplice esperimento, si è rivelato in realtà un (originale) sistema per aggirare l’invasivo sistema di pubblicità e suggerimenti del popolare sito di shopping online. Programmi come ARS trascendono l’utilità pratica, portando piuttosto alla luce alcuni meccanismi perversi di Internet. Leon Neyfakh ha commentato:

Progettando un bot capace di ordinare prodotti completamente a caso, Kazemi si è accorto di aver trovato il modo di liberare il cliente dal sistema di suggerimenti di Amazon e superare la “bolla di filtri” che influenza sempre di più il comportamento del consumatore. […] Kazemi considera il suo lavoro come un sistema per smascherare i meccanismi dell’automazione. «È una specie di tentativo di istruire le persone e spingerle a pensare con la loro testa», spiega. (13) 

Dal punto di vista tecnico, il “mio” gioco di prestigio è identico a quello classico: forzata la carta giusta, il resto è affidato alle parole. Dal punto di vista narrativo, è una delle mille storie alternative. Da raccontare per non subire l’unica e più diffusa.


Note

1. Eugene Burger distingue tra i giochi presentati come dimostrazioni “letterali” e quelli in cui è coinvolga una dimensione “simbolica”, vedi Eugene Burger, “Meaning in Magic” in Eugene Burger e Robert Neale, Magic And Meaning Expanded, Hermetic Press, Seattle 2009 [I ed. 1995], pp. 137-144.

2. Eugene Burger, “Are Card Tricks Card Magic?” in Eugene Burger e Robert Neale, Magic And Meaning Expanded, Hermetic Press, Seattle 2009 [I ed. 1995], p. 130.

3. L’effetto magico venne pubblicato la prima volta in Inghilterra nel 1935 da Tom Sellers (1890-1961) con il titolo “It’s Only Chance” nel suo libro Novel Necromancy. L’anno successivo, sull’altro lato dell’Oceano, Floyd Thayer (1877-1959) lo mise in commercio ribattezzandolo “Bank Night” – come l’omonima trasmissione cinematografica. Nel 1939 Sid Lorraine (1905-1989) scrisse su Jinx 61 che non avrebbe mai immaginato che l’effetto di Sellers avrebbe generato così tante varianti in un periodo così breve. La sua versione si chiamava “Dollar Day”. Nel Tarbell’s Course in Magic Harlan Tarbell (1890-1960) descrisse l’effetto in due versioni diverse: nel volume 5 (lezione 62) e nel volume 6 (lezione 74). Maurice Fogel (1911-1981) lo propose nei suoi libretti Top Secrets come “Technicolour Chance” – una versione che invece delle buste coinvolgeva dei sacchetti di carta multicolore. Terry Seabrooke creò una parodia dell’effetto che chiamò “Burnt Banknote Routine”: fingeva di bruciare la busta con la banconota, ma poi la stessa veniva ritrovata in un limone. L’idea piacque a Barrie Richardson che nel 1993 la riprese intitolando la sua versione dell’effetto “Bill in lemon”, poi ripubblicato in Theater of the Mind (pp. 34-43). In Italia descrisse l’effetto magico Otto Dalla Baratta in “Le buste e il biglietto da 1000” su Magia Moderna 3/4 (1963), pp. 20-21. Oltre a essere tecnicamente eccelsa, la versione di John Archer è particolarmente godibile.

4. Wu Ming 2, “La salvezza di Euridice” in Wu Ming, New Italian Epic, Einaudi, Torino 2009, p. 146. Il saggio è anche disponibile online in tre parti (prima parte, seconda parte, terza parte).

5. Durante un incontro con Marco Tempest a New York, l’illusionista svizzero ci ha parlato della grande considerazione nutrita negli States per l’approccio europeo alla magia, meno gradasso e fracassone.

6. Mariano Tomatis, Te lo leggo nella mente, Sperling & Kupfer, Milano 2012, p. 175.

7. Stefano Re, Mindfucking. Come fottere la mente, Castelvecchi 2003.
Stefano Re e Lorenzo Ait, Mindfucking 2. Nuove istruzioni per fottere la mente, Castelvecchi 2007.

8. Nel marzo 2010 la trama era stata da me incorporata nella puntata “Mathematical Forecasting Initiative Interactive Test #3” del mio spin off di Lost – dove però viene rivelata anche l’esistenza di un principio matematico dietro la forzatura. Senza rompere del tutto l’atmosfera del video, la pagina web che propone il test lo dice in maniera velata: “The interactive experiment is based on a strange mix of subliminal messages and mathematical principles, and the idea is credited to Enzo Valenzetti.”

9. Wu Ming 1, “Sentimiento nuevo” in Wu Ming, New Italian Epic, Einaudi, Torino 2009, p. 81.

10. Non essendo io stato presente alla rappresentazione, ne riporto il copione così come venne concepito. L’effetto magico fu presentato con alcune modifiche rispetto a questo resoconto.

11. Luke Rhinehart, The Dice Man, William Morrow 1971 (trad. it. Luke Rhinehart, L’uomo dei dadi, Marcos y Marcos, 2004).

12. Update: 15 marzo 2014.

13. Leon Neyfakh, “The botmaker who sees through the Internet”, The Boston Globe, 24.1.2014.

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