Le gigantesche impronte trovate sulla neve del Rocciamelone nel 1973 e l’orso avvistato qualche mese fa alle pendici del monte Musinè testimoniano una solida tradizione di “esseri devianti” che da sempre seminano il terrore in val di Susa (TO).

Il 24 giugno 1947 un “mostro spaventoso” terrorizzò Borgone, paese a pochi chilometri da Susa (TO). Quel giorno Maurizio Davì «stava dando il verderame alle viti quando un fischio, ch’egli, appena potè parlare, definì lacerante, lo fece trasalire. Si volse e vide, a pochi passi, uno strano animale.» (1) 

La descrizione del mostro è terrificante: si trattava di un «rettile colla testa di gatto e le zampe di ramarro e una gigantesca cresta di gallo, che per alcuni istante lo affascinò coi suoi grandi occhi di bue. Cilindrico, lungo un metro, con un bel paio di mustacchi, aveva la testa grossa come quella di un bambino di otto mesi, e quattro viscide zampe, lunghe venti centimetri, gli ornavano i fianchi.»

Ci volle «un violento sforzo di volontà» per distogliere lo sguardo e fuggire urlando. In stato di shock, recuperò la parola solo due ore più tardi e fu colpito da una forte febbre che durò più di due giorni.

I borgonesi organizzarono due battute di caccia alla ricerca «dello strano essere [che] incombe come un incubo sul paese.» Nel corso della prima, il mostro fu avvistato su alcune rocce ma i colpi esplosi mancarono il bersaglio. La seconda battuta ebbe esito negativo.

La Stampa tornò sull’argomento il giorno successivo, addirittura in prima pagina. Le voci in paese parlavano di un basilisco: «mitico animale [...] lungo circa un metro, largo trenta centimetri, di forma cilindrica, testa da gatto con relative orecchie aguzze e mustacchi, occhi grandi di brace, cresta eretta sul dorso e pesa 12 kg.» (2)  L’ipotesi del basilisco, però, non convinceva tutti: carabinieri e studiosi di scienze naturali rimanevano scettici. Fallì anche la spedizione partita il 26 giugno alle 17 (con «forcelle, reti e recipienti pieni di latte»).

Le indagini confermarono la Legge di Piero Angela (“Quando i controlli sono 0 il fenomeno è 100, quando i controlli sono 100 il fenomeno è 0”): «Il mostro [...] col passar dei giorni [...] ha perduto uno alla volta quegli attributi per cui appariva una bestiaccia infernale. Cadutagli la testa, grossa quanto quella di un bambino, e cadutigli, per conseguenza, anche i baffi, [...] ritirate le gambe dentro il cilindro del corpo, è diventato un viperone.» (3) 

Restava lo strano dettaglio della cresta, su cui Davì si impuntò. «Ma non per cocciutaggine, perché il motivo di questa sua categorica affermazione c’è, in quanto che il particolare di quel... fastigio rivela il vizio della bestia, dato che lo inalbera soltanto per ragioni speciali e cioè quando il... desìo d’amor la punge. Quindi non è neppure un mostro ma... una mostra che, una volta all’anno, travolta da una fregola senza remissione, esce dalla tana a sdraiarsi al sole. Restando così a cuocersi, le spunta la cresta quasi come una vela a cui affidi la navigazione dei suoi sogni.»

Il quotidiano torinese chiuse il caso con questa ricostruzione: «Disturbata dall’apparire del contadino, che dava il solfato di rame e che, con quell’arnese sulle spalle da cui sibilando usciva uno spruzzo d’acqua polverizzata in fumo verde, deve esserle apparso un mostro assai più grosso e pericoloso di lei, e, coraggiosamente, lo ha “caricato”.» (4) 

Stampa Sera, 27-28.6.1947.

Per la ricerca bibliografica ringrazio Giuseppe Stilo, Paolo Fiorino e Sofia Lincos.


Note

1. “Un mostro spaventoso terrorizza Borgone”, La Stampa, 26.6.1947, p. 3. L’avvistamento avvenne in regione Rocco, nella vigna detta “del Fiacetto”, un podere dominante il paese da 800 metri d’altezza, sparso di roccioni e arbusti.

2. “Una spedizione alla cattura del «mostro» di Borgone”, La Stampa, 27.6.1947, p. 1.

3. “Smascherato il «mostro» di Borgone di Susa”, Stampa Sera, 27-28.6.1947, p. 1.

4. Secondo La Stampa, i vecchi del paese ricordano di aver visto l’animale sin dal 1915 e per almeno tre volte.

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