Quindici anni prima di Cesare Lombroso, Eugenio Allix aveva studiato il cervello per “localizzare” le sue facoltà – e trovato lo “Stupore” nel settore numero 18.

Eugenio Allix (1855), p. 158.

Al senso della meraviglia il magnetista torinese aveva dedicato un capitolo della Guida elementare dello studente magnetizzatore (1855), catalogandolo tra le “facoltà affettive” (dunque non “intellettive”) che facevano riferimento ai “sentimenti”. Ciascuna facoltà si poteva sviluppare (e dunque esprimere) in cinque livelli diversi – da “piccolissimo” a “grandissimo”; eccoli, nella prosa del Presidente della Società Magnetica di Torino.

18. Meravigliosità

Sviluppo piccolissimo. – Scetticismo, incredulità sistematica, rifiuto a priori di tutto ciò che non si spiega colla ragione. L’individuo così organizzato non vuol persuadersi di quanto gli sembra inesplicabile, e dubita spesso perfino di ciò che vede egli stesso. Diventa eccessivamente materialista.

Sviluppo piccolo. – Incredulità, avversione pei racconti meravigliosi; l’uomo così organizzato non ammette cosa alcuna senza una materiale spiegazione, e difficilmente si lascia convincere. Non presta fede che alle cose le più reali, e provate colla massima evidenza.

Sviluppo medio. – Positivismo: quelli che hanno l’organo in tal modo sviluppato, senza rigettare a priori ciò che pare straordinario, si abbandonano ad un esame serio ed imparziale; ma credono difficilmente dietro parola e con leggerezza ciò che viene loro raccontato; la credenza per essi finalmente è cosa che richiede esame e riflessione.

Sviluppo grande. – Amore del meraviglioso, dei racconti e delle cose straordinarie e fantastiche, credulità, avidità di cose nuove. Gli individui così organizzati hanno tendenza a credere ad un mondo occulto.

Sviluppo grandissimo. – La credenza ai poteri occulti è per quelli che hanno quest’organo sviluppatissimo, un articolo di fede. Le anime dei morti, gli spiriti, i genii, i fantasmi, i demonii si manifestano, secondo essi, in un’infinità di circostanze della vita dell’uomo. I racconti i più straordinari, i più inverosimili sono creduti da questi senza riflessione; inventano teorie assurde, ridicole che si basano sul meraviglioso, e stupiscono di non esser creduti su semplice asserzione.

Tutti i magnetizzatori spiritualisti della scuola di Swedenbord, Cahagnet, hanno certamente quest’organo sviluppatissimo. Abbiamo conosciuto personalmente alcuni dei più caldi partigiani dello spiritismo, i quali s’irritavano, si sdegnavano, allorquando in loro presenza facevamo qualche obbiezione sulle loro credenze, ed abbiamo inoltre constatato, che questi signori avevano la parte superiore laterale dell’osso frontale assai sviluppata; il che era per noi una prova evidente che quest’organo combinato in essi con quello della poetica, della venerazione ecc. li spingeva a credere come vero quanto l’immaginazione può creare di sogni e di chimere.

Finalmente gli uomini in tal modo organizzati sono entusiasti e fanatici all’eccesso, sono quelli stessi che si fanno difensori e propagatori della demonologia.

Affezione dell’organo. – L’affezione di quest’organo produce le allucinazioni più bizarre. Uno crede sentir voci che parlano e lo perseguitano; un altro vede fantasmi dovunque; un terzo parla da se solo e crede di trattenersi con degli spiriti, dei genii: vi è demonomania.

Eccitamento magnetico. – I sonnambuli in cui eccitai questo organo, sonnambuli che non erano spiritualisti, mi chiedevano perché io facessi loro vedere in tal modo ogni sorta di figure grottesche che si trastullavano intorno ad essi, e sembravano aver la facoltà di comparire e di sparire a loro voglia.

I sonnambuli che nello stato di sonno pretendono parlare cogli angeli e cogli spiriti, sono soggetti che ragionano in tal modo perché subiscono l’influenza delle idee del loro magnetizzatore; o che, mal diretti od abbandonati a loro stessi, ed avendo questo organo naturalmente sviluppato, divengono il trastullo dell’allucinazione.

Tratto da Eugenio Allix, Guida elementare dello studente magnetizzatore,
Stamperia dell’Unione Tipografico-Editrice, Torino 1855, pp. 174-175.

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