A New York la magia ha tante declinazioni. Alcune sono in superficie e sotto i riflettori. Il mensile per prestigiatori Genii dedica il numero di questo mese a Woody Allen. Allen vive a due isolati da dove scrivo e il suo recente Magic in the Moonlight (qui la mia recensione) è una raffinata riflessione sui meccanismi dell’illusione e dell’inganno. Ho acquistato la rivista nello storico negozio di magia Tannen’s (45 W 34th St, Suite 608).

Tannen’s non è come lo si immagina. Influenzato dalla copertina del catalogo di Otto Maurer, quando lo visitai nel 2011 mi aspettavo una vetrina sulla strada e una selezione di giochi di prestigio in bella mostra. In realtà l’anonimo ingresso conduce in uno stretto atrio dove un custode verifica i documenti e indica annoiato l’ascensore. Arrivati al piano bisogna percorrere un lungo corridoio che conduce a una stanzetta poco illuminata. Qui una coppia di giovani illusionisti è pronta a presentare i giochi in catalogo – e a spiegarne il trucco solo se li si acquista. Non sanno quasi nulla dei libri in vendita. Oggi il supporto didattico più diffuso è il DVD: poche parole e immagini chiare, per chi crede che la tecnica sia tutto è lo strumento perfetto.

Acquisto una copia di Magic Matters (2009) di Robert Neale, insegnante di teologia e psichiatria noto per il rigore dei suoi scritti e la profondità di analisi dell’illusionismo e dei suoi risvolti. Il libro è una perla nascosta sotto la superficie della Grande Mela. «Robert chi?!» mi chiede uno dei due venditori.

Nel bel mezzo di raffinate riflessioni filosofiche, all’improvviso a p. 107 Neale suggerisce di tenere in tasca un naso da clown:

Quando è appropriato indossare un naso da clown? Ogni volta che riflettiamo su questioni importanti. In questi casi è fondamentale mantenere una certa serietà, ma al contempo bisogna saperle affrontare con un pizzico di follia. Devi immaginare che io abbia scritto la frase precedente indossando un naso da clown. Ma è una buona idea immaginare di averlo indosso tu stesso, mentre leggi. Indossiamolo insieme per celebrare il nonsense – il mio, naturalmente. Ma magari anche il tuo. (1) 

Per un divertente gioco del destino, in un novelty shop trovo l’oggetto che fa per me: un naso da clown d’emergenza.

A pochi isolati da Tannen’s c’è un altro negozio magico: è Fantasma (421 7th Ave). La qualità dei giochi in vendita è sensibilmente più bassa, ma il locale molto più interessante. Ospita una ricca collezione di oggetti appartenuti a Harry Houdini – dalle sue manette alla bara in cui si faceva inchiodare per uno dei suoi più macabri effetti di escapologia.

A Fantasma Magic Shop Houdini ti segue anche in bagno. Nota di merito: il negozio offre una buona selezione di libri magici usati, restituendo al luogo quel fascino vintage che i dozzinali trucchi in vendita si impegnano a contrastare. Chi ama gli oggetti antichi trova più soddisfazione nel mercatino delle pulci di Brooklyn: il Brooklyn Flea ospita in un grande capannone centinaia di espositori che vendono oggetti insoliti e sorprendenti. Resto stupito dal Magic Blackboard: un giocattolo didattico per bambini che insegna a scrivere sfruttando alcune tessere di legno; ognuna è associata a un animale e inserendola nella lavagnetta compaiono le lettere che compongono il suo nome. Secondo il suo venditore, si tratta di “un computer degli Anni Venti”. Concordo: il meccanismo che sfrutta è ingegnoso e molto ben nascosto. Un’altra magia sotto la superficie.

Anche la libreria Argosy (116 E 59th St) profuma di antico: al quinto piano, cui si accede attraverso un ascensore “non autosufficiente” (è necessario un addetto per metterlo in funzione), si trovano libri sui giochi di prestigio e alcuni (vecchi) numeri sciolti del mensile Linking Ring. Per puro caso lo sguardo mi cade su The Ghosts of Versailles: il saggio, pubblicato negli Anni Cinquanta, analizza il resoconto dell’avvistamento di alcuni fantasmi a Versailles all’inizio del Novecento. È in pessime condizioni e diventa la mia lettura del giorno. Più tardi mi spiacerà scendere dalla metropolitana perché voglio proseguirne la lettura. La vicenda raccontata e la natura dello studio (una seria e rigorosa metanalisi) fa venire (letteralmente) i brividi.

Sono a New York per parlare di magia – un tema associato di solito all’intrattenimento e al disimpegno. Valorizzarne i risvolti culturali e sociali può diventare il lavoro di una vita (e per me lo sta diventando giorno per giorno). Ha vissuto un’esperienza simile Brian Sutton-Smith, psicologo che ha dedicato la vita a restituire al “Gioco” una rispettabilità accademica. Oggi, in occasione della sua morte, il New York Times gli dedica un articolo che si chiude con una confidenza:

«Perché studiamo il Gioco?» ha risposto in un’occasione: «Studiamo il Gioco perché la vita è una merda. La vita è una merda, ed è piena di dolore e sofferenza, e l’unica cosa per cui valga la pena vivere – l’unica cosa che renda possibile svegliarsi la mattina e continuare a vivere – è il Gioco.» (2) 


Note

1. Robert Neale, Magic Matters, 2009, p. 107.

2. Brian Sutton-Smith cit. in Margalit Fox, “Brian Sutton-Smith, Scholar of What’s Fun, Dies at 90”, The New York Times, 15.3.2015.

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