Uscendo dalla mostra Good Grief, Charlie Brown!, ospitata alla Somerset House di Londra e dedicata ai Peanuts, mi sono lasciato tentare da un gadget: quello che ritrae Franklin Armstrong; è il mio modo di fargli gli auguri di buon compleanno.

Nel 2018 compie 50 anni: unico afroamericano tra i Peanuts, apparve per la prima volta in una striscia a fumetti il 31 luglio 1968. L’autore Charles M. Schultz aveva impiegato 18 anni per introdurre un personaggio di colore nella serie, i cui protagonisti erano i più noti Charlie Brown, Linus e Lucy Van Pelt (perfino il cane faceva parte del cast da sempre).

Da sinistra: Kenneth C. Kelly, un pupazzo di Franklin Armstrong e Harriet Glickman.

E forse non l’avrebbe mai fatto se una lettrice – una maestra californiana – non l’avesse spinto in quella direzione; Martin Luther King era stato assassinato il 4 aprile dello stesso anno e pochi giorni dopo Harriet Glickman aveva scritto a Schultz, chiedendogli di introdurre nella serie qualche bambino afroamericano. Schultz rispose in modo evasivo: riteneva difficile ritrarre un bambino di colore senza risultare paternalistico verso i neri. Harriet non si arrese e coinvolse nell’appello alcuni conoscenti, tra cui Kenneth C. Kelly: l’uomo spiegò che avrebbe voluto che anche i suoi figli si sentissero rappresentati nel micromondo dei Peanuts; ciò avrebbe dato l’idea che l’amicizia tra bianchi e neri fosse del tutto naturale. Kelly, tra l’altro, insistette perché i nuovi personaggi non fossero necessariamente buoni: «La prego, ci metta in mezzo anche una Lucy!»

Alla fine Schultz si arrese e nacque Franklin.

Striscia del 31 luglio 1968.

Purtroppo l’autore disegnò un bambino praticamente perfetto, disponibile e gioviale con tutti, pieno di buoni sentimenti verso Charlie Brown; insomma, il tipico personaggio noioso, incapace di lasciare il segno. Va comunque riconosciuto a Schultz un certo coraggio nell’affrontare le reazioni da parte della destra americana: con la comparsa di Franklin, diversi giornali di stampo conservatore minacciarono di interrompere la pubblicazione delle strisce.

I veri protagonisti della vicenda restano Harriet Glickman e Kenneth C. Kelly: senza farsi alcuno scrupolo, scossero Schultz dal torpore, costringendolo a dare una torsione politica a un fumetto che – nelle intenzioni dell’autore – non era nato «per istruire la gente, [ma] solo per divertirla»(1) 

La lettera in cui Schultz comunica a Glickman la decisione di aggiungere un “bambino negro”, 1.7.1968.

La storia di Harriet e Kenneth è raccontata nel Museo dei Peanuts di Santa Rosa (California) ma non ve n’è traccia nella mostra londinese. A riprova della poca considerazione goduta ancora oggi da Franklin, nessuna delle numerose t-shirt in vendita ritrae il bambino nero (costo di una maglietta: 40 sterline, circa 45 euro). Franklin, però, ha il monopolio sulle spillette: le pin in vendita hanno come unico protagonista il nostro eroe.

Il gadget dei Peanuts più economico alla Somerset House è la spilletta di Franklin. Fotografia di Mariano Tomatis. Londra, 30 ottobre 2018.

«Quanto vale la vita di un nero?», si chiedono gli attivisti di Black Lives Matter. Nel gift shop londinese, quello di Franklin è il gadget più economico del negozio: vale 1 sterlina.


Note

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