Quale accoglienza incontravano i fenomeni paranormali nell’Europa del Settecento? I nostri avi erano davvero più creduloni di noi? Qualche risposta emerge esaminando le cronache che parlano della donna con la vista a raggi X. Doña Pedegache vive a Lisbona ma il primo giornale a pubblicare un resoconto su di lei è francese: sul Mercure de France del settembre 1725 compare una lettera anonima “sulla vista straordinaria di una donna portoghese” (1) . L’autore non si firma ma dichiara di non essere un accademico, quindi si limiterà

a riportare semplicemente i fatti, senza attardarmi a proporre inutili riflessioni. A Lisbona c’è una ragazza che ha dei veri e propri occhi di lince – e non esagero; ha la vista così penetrante da trovare l’acqua sotto terra a qualunque profondità scorra; lo ha fatto e lo fa quotidianamente […] e questo le attira un’infinità di ricompense: ma ciò che le fa più onore, e che al contempo la autorizza a proseguire nella sua attività, è che il re del Portogallo aveva bisogno di acqua per una nuova costruzione e – dopo averla fatta cercare inutilmente – ne trovò svariate sorgenti grazie alla ragazza in questione, che non usò altro che i propri occhi per individuarla. La corona portoghese le ha quindi concesso una rendita […] e l’ha onorata del titolo di Doña  (2) .

Oltre a vedere sottoterra, la ragazza “vede anche dentro il corpo umano […] vede la circolazione del sangue, il processo digestivo” (3) ; questo le consente di “scoprire malattie che sfuggono all’attenzione dei migliori medici” (4) . L’autore della lettera insiste nel dire che Doña Pedegache non cura le malattie: si limita a diagnosticarle – ed è particolarmente brava a riconoscere le malattie veneree, tanto che “molte donne, preoccupate per gli effetti funesti del libertinaggio dei loro sposi” (5) , li conducono da lei per farli visitare.

Nonostante la promessa di limitarsi a riferire i fatti, una volta concluso il resoconto, lo scrivente impiega altrettanto spazio per spiegare le sue opinioni sul caso. Convinto che molti crederanno che si sia inventato tutto, ci tiene a precisare che sta solo riportando quanto gli ha raccontato un signore francese appena tornato dal Portogallo: per quanto gli è possibile, ha cercato di riportare fedelmente quanto costui gli ha riferito. Il testimone ha conosciuto di persona la ragazza ed è stato amico di suo marito.

Orbene, la questione si sposta di un livello ma resta aperta: l’innominato testimone dice il vero? L’autore della lettera non risponde direttamente ma gira intorno alla domanda in modo magistrale:

Come dice il proverbio, una bella bugia che arriva da lontano, qui diventa realtà; ma che interesse potrebbe avere quest’uomo a inventarsi una storia del genere? […] In ogni caso, mi ha mostrato alcune lettere ricevute da Lisbona […] in cui si parla della ragazza. Sia quel che sia, ho ritenuto di raccontare pubblicamente una vicenda che credo non abbia precedenti: che sia una favola o no, io la riferisco come me l’hanno raccontata. Ammetto ingenuamente di aver creduto che il testimone fosse in totale buonafede […] E spero mi si perdonerà se mi attardo in queste riflessioni – che faccio en passant per giustificare quello che si potrebbe considerare un eccesso di credulità da parte mia […] l’orgoglio impedisce agli esseri umani di ammettere di essersi sorpresi per qualcosa che poi si rivela falso. Dunque, è vero che in questo caso ho creduto fino all’ultima lettera alle parole del testimone… ma dal momento che non sono bravo a districarmi tra il vero e il falso in casi come questo, concludo che la cosa può essere vera, ma può anche essere falsa; mi appello agli studiosi perché mi aiutino a capire […] Ad affrontare questo caso devono essere quelli che si occupano dello studio della Natura: che siano loro a spiegare questo fenomeno del tutto nuovo. (6) 

Nel giugno 1728 lo stesso giornale pubblica una seconda lettera che ridimensiona il caso: la signorina Pedegache non usa la chiaroveggenza per trovare l’acqua, ma si lascia guidare dai vapori che si sprigionano in prossimità dei terreni sulle sorgenti. A quanto si legge, il marito ha letto la prima lettera e si è lamentato di non essere stato coinvolto nella sua stesura, trovandola eccessiva in alcuni punti e carente in altri; l’uomo è francese, fa il commerciante e intende tornare con la moglie al proprio paese natale.

Per contro, la nuova lettera conferma la capacità della ragazza di “vedere nel corpo umano come si vede dentro una bottiglia” (7) . Ella non riesce a vedere attraverso gli abiti, quindi la persona da esaminare deve spogliarsi. Dal settimo mese di gravidanza, Doña Pedegache sa distinguere se la creatura nel grembo è maschio o femmina. Questo secondo testo è più essenziale dell’altro: l’autore sminuisce alcune cose e ne aggiunge altre, rendendo più complessa la scena della chiaroveggenza – ma senza addentrarsi nel tema della verità o meno dei poteri.

Due anni dopo, la Description de la Ville de Lisbonne (8)  è prodiga di particolari sul caso. Scopriamo che il marito è originario di Bayonne e che i poteri della ragazza hanno curiose limitazioni: ella deve essere a digiuno; quando evita di mangiare fino al tardo pomeriggio, arriva a vedere perfino attraverso i vestiti – “ma si tratta di momenti fortunati molto rari” (9) . Inoltre tra un quarto di luna e l’altro, ha la vista disturbata “da piccoli atomi di luce gialla che le provocano un formicolio agli occhi” (10)  L’anonimo autore del libro si dice convinto della realtà dei poteri di Doña Pedegache:

per quanto tutto questo possa sembrare straordinario, non mi permetto di dubitare di ciò che ho visto coi miei occhi (11) .

A convincerlo definitivamente sono gli onori che le sono stati ufficialmente tributati – a partire dal Re, che

le ha accordato il titolo di Doña addirittura prima del matrimonio, il che è tutt’altro che abituale in Portogallo (12) .

La Description, in sostanza, si appella al principio di autorità: se il Re ha detto che è tutto vero, chi sono io per metterlo in dubbio?

In quei giorni a Lisbona c’è Charles Fréderic de Merveilleux; l’uomo sta redigendo un memoriale dei suoi viaggi attraverso l’Europa. Completato il resoconto del suo soggiorno a Londra, l’uomo onora il proprio cognome celebrando il lato “meraviglioso” di Lisbona e dintorni. Il problema è che lo fa in maniera eccessiva, raccontando episodi tanto inverosimili che sembrano tratti da un film di serie B. Il fisico Nicolas Witkowski suggerisce di prestare attenzione, quando si leggono le Memoires instructifs pour un voyageur (1738) di Merveilleux, perché

il mix di realtà e fantasia è quantomeno sconcertante (13) .

Secondo Charles Fréderic de Merveilleux, in Portogallo

tutto è mistero o fetisserie, che significa sortilegio o magia. (14) 

Fatta questa premessa, l’uomo racconta che nei dintorni di Sintra esiste una fontana luminosa che nasconde un tesoro: peccato che i portoghesi siano troppo superstiziosi e non osino cercarlo  (15) . Durante le sue esplorazioni, scopre una grotta talmente luminescente che ci si può avventurare senza lampada (16)  ma – proprio come scriverebbe un complottista di quart’ordine – il governo gli ha impedito di rivelarne l’ubicazione, perché vuole sfruttarla per ricavarne polvere da sparo. Sulle montagne che si affacciano sul villaggio vive un guaritore conosciuto come l’Orso (17) : è gigantesco e cura imponendo le mani sul corpo dei malati, come farà Mesmer mezzo secolo più tardi; come tutti i sensitivi, non può ricevere denaro in cambio delle sue “prestazioni” (è il vincolo che gli antropologi chiameranno “anargirismo”).

Raccontando il lato magico della città di Lisbona, l’autore cita Doña Pedegache senza entrare nelle sottigliezze sul dibattito relativo ai suoi poteri; in modo sbrigativo, Charles Fréderic de Merveilleux scrive che ne parlerà

senza pretendere che il lettore creda alle mie parole, per quanto si fondino su racconti assolutamente autentici. (18) 

Le Mémories aggiungono un pezzo importante alla vicenda, riportando un lungo episodio che ha coinvolto la ragazza:

[Doña Pedegache] mi raccontò un fatto dei più sorprendenti; ne rimasi stupito proprio come gli altri che poi ne avrebbero sentito parlare. Come spesso le capita, una notte aveva sognato una fontana che sorgeva nei pressi del villaggio di Sintra; quando si svegliò, la descrisse nei dettagli al marito. (19) 

Insieme a Merveilleux, la coppia raggiunge Sintra in carrozza; il gruppo passa due giorni a cercare la fontana, senza però trovarla. Alle 7 pomeridiane del secondo giorno, quando stanno per ripartire, la ragazza

fece un urlo, dicendo: ecco l’avvallamento e il terreno che ho visto in sogno! (20) 

La fontana moresca di Sintra, Portogallo.
Fotografia di Mariano Tomatis dell’11 gennaio 2020.

Scesa dalla carrozza, corre verso una fontana coperta “perfettamente identica a quella raccontata al marito” (21) . Giunta sul posto, Doña Pedegache afferma di vedere, sotto il pavimento, due pentoloni pieni d’oro. Il terreno è lastricato di pietre, impossibili da sollevare senza i giusti strumenti. Merveilleux, allora, tira fuori una bacchetta da rabdomante (perché mentre la ragazza trova l’acqua a occhio nudo, lui ha bisogno di far vibrare un ramoscello di legno) e vi incastra una moneta d’argento. È un test per verificare se sottoterra c’è dell’argento, ma la bacchetta non reagisce.

Ma quando misi nel ramoscello una moneta d’oro, la bacchetta scattò con una tale impetuosità che la moneta schizzò via dal punto in cui l’avevo messa e fu attratta dalla volta della fontana.  (22) 

Avuta la conferma che sotto la fontana c’è un tesoro in monete d’oro, Merveilleux progetta di tornare sul posto durante la notte. In attesa che faccia buio,

sollevammo una delle pietre [del pavimento], e il marito […] avendo infilato una mano nell’interstizio, si convinse di sentire uno dei pentoloni che stavamo cercando. Infilai anch’io la mano, e parve anche a me la stessa cosa. (23) 

L’impresa di ritornare con pala e piccone fallisce per colpa di un domestico “briccone”, che spiffera alle autorità la notizia del ritrovamento – forse in cambio di una ricompensa. Il tesoro passa sotto il controllo della corona portoghese, che invita Merveilleux a partecipare alla sua apertura come semplice testimone.

L’autore non si preoccupa di informarci sulle sorti dei due pentoloni, passando a cantare le lodi della “straordinaria […] e amabilissima” Doña Pedegache. Rispetto ai rapporti stilati su di lei fino a quel momento, il memoriale di Merveilleux è il più passionale e meno oggettivo:

Ha tutto l’aspetto di una maga, i cui sortilegi le consentono di incantare gli uomini. (24) .

Ha una sorella gemella: le due sono talmente uguali che, a volte, il marito di Doña Pedegache fa difficoltà a distinguerle. Solo una, però, ha l’occhio di lince. Difficile spiegarne le ragioni; forse le cause sono fisiologiche, visto che la protagonista della nostra storia va di corpo raramente (possono passare anche cinque o sei settimane tra un’evacuazione e l’altra) mentre la gemella senza poteri fa raramente pipì (25) .

Per la prima volta viene raccontato l’episodio che ha dato il via ai suoi poteri; se si trattasse di un albo a fumetti, la vicenda sarebbe al centro della storia del primo albo – quello che approfondisce le origini della supereroina protagonista. La bambina non ha ancora compiuto 5 anni. Mentre una cameriera sta mettendo del cibo in un piatto, la piccola si accorge che la donna è incinta. La cameriera nega sdegnata, ma dopo qualche giorno la gravidanza viene confermata (26) . Qualche giorno dopo, la bambina “vede” sette cuccioli nel corpo di una cagna. In un’altra occasione, mentre sta passeggiando, si ferma e dice di vedere – perpendicolarmente sotto di sé – un minatore che sta scavando nel cuore della terra; il fatto trova riscontro (27) .

Il capitolo che Merveilleux dedica al caso sembra tratto da una brochure pubblicitaria della donna: una lunga sezione è dedicata alle sue doti diagnostiche, con tanto di testimonianza di un paziente guarito.

I medici di Lisbona hanno affrontato il suo caso tacciandolo di ciarlataneria, ma hanno dovuto presto convincersi di essersi sbagliati (28) .

Le autopsie praticate su alcuni corpi confermano le visioni della ragazza. Quando un uomo subisce una brutta caduta, la donna “vede” del “sangue travasato”: la diagnosi consente al malato di curarsi con le giuste erbe e guarire del tutto. (29) 

Sarebbe inutile raccontare molti altri fatti che dimostrerebbero la verità di quanto ho affermato su questa donna straordinaria; non servirebbe a convincere chi non fosse ancora convinto sulla base di quanto ho già scritto. (30) 

Merveilleux conclude spiegando che il marito aveva cercato di accreditare il caso agli occhi della scienza ufficiale, proponendo di accompagnare la moglie in Francia a proprie spese, per farla testare dall’Accademia delle Scienze di Parigi. Gli studiosi hanno rifiutato di prendere in esame il caso, ma la notizia non ha turbato eccessivamente l’uomo:

Egli ha ragionato che sua moglie è molto bella, ama i gioielli e i francesi sono abilissimi a sedurre le donne, né tendono a risparmiarsi quando si tratta di soddisfare una passione; sarebbe dunque stato imprudente esporsi ai rischi che corre un marito la cui moglie a Parigi diventa oggetto di pubblico corteggiamento (31) .

Del caso si occuperà, molti anni dopo, il Journal de Physique di Parigi; nel luglio 1772, una lettera riassume il caso così come raccontato da Merveilleux nel suo memoriale. Intere parti del libro vengono riportate con il copia-e-incolla. L’unico elemento inedito riguarda una testimonianza della Marchesa de Sy. Morta tre anni prima, la donna avrebbe visto Doña Pedegache leggere un foglio attraverso un pannello opaco spesso un pollice. Il fatto risale a qualche decennio prima: la Marchesa l’avrebbe raccontato nel 1748 a Nicolas-Christiern de Thy, Conte de Milly, che

mi ha autorizzato a riferirlo e che all’epoca non poteva credere ai propri occhi. (32) 

Dopo aver letto la lettera, il Conte de Milly prende penna e calamaio e scrive alla rivista per rettificare:

Ho letto nella [lettera] […] dello scorso luglio che […] non potevo credere ai miei occhi, il che è letteralmente vero; purtroppo la frase potrebbe essere fraintesa, e dare l’impressione che prima non potessi credere ai miei occhi – ma poi dopo ho cambiato idea; mi preme invece dichiarare che sono lontanissimo dal prestare fede a racconti del tutto privi di ogni verosimiglianza, e non credo – dal punto di vista scientifico – che a ciò che è stato dimostrato da esperimenti ripetuti e che ha ottenuto un’evidenza matematica: il caso della signora Pedegache […] va a braccetto con la storia dei vampiri ungheresi, con la bacchetta da rabdomante, con lo spiritismo, i succubi e gli incubi e tanti altri racconti ridicoli, inventati da qualche briccone o da qualche ingenuo, indegni dell’attenzione di un vero scienziato. Questa è la mia professione di fede sulle materie di cui stiamo parlando (33) .

Da questo momento in poi, di Doña Pedegache si perdono definitivamente le tracce. Il suo caso verrà citato sistematicamente come esempio di “mesmerismo prima di Mesmer”, visto che le doti di chiaroveggenza si ripresentano nelle sonnambule durante tutto l’Ottocento come frutto di “passi magnetici” (34) .

Il suo caso è una pietra miliare nella storia del mentalismo al femminile. Per alcuni elementi, si tratta di una donna molto emancipata: si guadagna da sé il titolo di Doña, senza dover aspettare l’arrivo di un marito; incastra gli uomini che si concedono “piaceri illeciti” fuori dal matrimonio, ai danni delle proprie mogli; a differenza dei rabdomanti maschi, fa a meno dello strumento fallico che si rizza in presenza di acqua: per scatenare le proprie doti paranormali, le bastano gli occhi. Non si può non pensare al parallelo – proposto dai surrealisti – tra l’occhio e la vagina: non a caso, quando si aprono le palpebre ed esce il neonato, si usa l’espressione “dare alla luce”.

Il poco che sappiamo di lei non scende a livello dell’anima. Probabilmente era nata in una famiglia agiata, se si presta fede al dettaglio della cameriera che serve i pasti quando lei è ancora bambina. Insieme alla grave stitichezza, il vincolo (forse da lei fissato) di restare a digiuno per vederci meglio fa pensare a un disturbo del comportamento alimentare – dovuto a chissà quale trauma o semplice predisposizione. Ciò che sappiamo per certo, a proposito del suo destino, è che il suo nome è andato perduto: Doña è il titolo ricevuto da un uomo potente, Pedegache è il cognome di un altro uomo – il marito – e nessun autore si prese mai la briga di riportare in qualche cronaca il nome della donna né quello del padre.

Poiché a Lisbona non c’è una via che la ricordi, né tantomeno una traversa o una targa, scelgo io per lei il monumento che la celebra.

La statua di Eça de Queiroz in rua do Alecrim 68, Lisbona, Portogallo.
Fotografia di Mariano Tomatis dell’11 gennaio 2020.

A sostenerne il corpo è lo scrittore Eça de Queiroz (1845-1900); lei è nuda ed è bellissima come la ricorda Merveilleux. La coppia è ritratta su una statua nel cuore del quartiere Chiado. Nelle intenzioni dello scultore António Teixeira Lopes (1866-1942), che realizzò il monumento nel 1903, la donna era una rappresentazione allegorica della Verità e in quanto tale, come Doña Pedegache, non aveva nome. Avendo vissuto tutta la vita sul confine tra vero e falso, realtà e illusione, onestà e inganno, la nostra mentalista allarga le braccia su un basamento che riporta una frase di de Queiroz (“Sobre a nudez forte da verdade / o manto diáfano da fantasia”):

Sulla forza della nuda verità, il manto diafano della fantasia.

Approfondimenti

Tutti i testi citati in nota sono liberamente accessibili nella )BmP Biblioteca magica del Popolo:

• Accedi al Dossier Doña Pedegache


Note

1. Anonimo, “Lettre écrite aux Auteurs du Mercure sur la vûe extraordinaire d’une femme Portugaise”, Mercure de France, settembre 1725, p. 2120.

2. Mercure 1725, pp. 2121-2.

3. Mercure 1725, p. 2122.

4. Ibidem.

5. Mercure 1725, p. 2123.

6. Mercure 1725, pp. 2123-4.

7. Anonimo, “Reponse au Mémoire envoyé à Lisbonne sur la femme à la vûe perçante”, Mercure de France, giugno 1728, pp. 1176.

8. Anonimo, Description de la Ville de Lisbonne, Pierre Praut, Parigi 1730.

9. Anonimo 1730, p. 52.

10. Ibidem.

11. Ibidem.

12. Anonimo 1730, p. 53.

13. Nicolas Witkowski, “Merveilleux”, Revue culturelledéliberé”, 13.12.2015.

14. Charles-Frédéric de Merveilleux, Mémoires instructifs pour un voyageur, Vol. 1, Amsterdam 1738, p. 103.

15. Merveilleux 1738, pp. 108 e 110.

16. Merveilleux 1738, p. 179.

17. Merveilleux 1738, p. 127.

18. Merveilleux 1738, p. 114.

19. Merveilleux 1738, p. 116.

20. Merveilleux 1738, p. 117.

21. Ibidem.

22. Merveilleux 1738, p. 118.

23. Merveilleux 1738, p. 119.

24. Merveilleux 1738, p. 120.

25. Merveilleux 1738, p. 124.

26. Merveilleux 1738, pp. 120-1.

27. Merveilleux 1738, p. 121.

28. Merveilleux 1738, p. 122.

29. Merveilleux 1738, pp. 123-4.

30. Merveilleux 1738, p. 124.

31. Merveilleux 1738, pp. 125-6.

32. Journal de physique, de chimie, d’histoire naturelle et des arts, Vol. 2, Parigi, luglio 1772, p. 259.

33. Nicolas-Christiern de Thy comte de Milly, “Lettre adressée à l’Auteur de ce Recueil”, Journal de physique, de chimie, d’histoire naturelle et des arts, Vol. 2, Parigi, settembre 1772, p. 431.

34. Per esempio in Aubin Gauthier, Histoire du Somnambulisme chez tous les peuples, sous les noms divers d’extases, songes, oracles et visions, Vol. 2, Felix Malteste, Parigi 1842, p. 198-9.

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