Mariano Tomatis

Mappe astronomiche sulla roccia

Lo scrittore Peter Kolosimo (1922-1984) è stato uno dei personaggi più affascinanti che abbiano gravitato intorno al Musinè. Piero Bianucci gli attribuisce una

inafferrabile sintonia con lo spirito del tempo: quegli anni 60-70 che videro lo sbarco sulla Luna, la ribellione studentesca, la caduta dell’Accademia. (1) 

Nell’agitato contesto di quel periodo, Kolosimo dà vita a

un genere così nuovo che non si trovava una categoria dove collocarlo. Non era saggistica scientifica, non era fantascienza, non era narrativa, non era inchiesta giornalistica, non era pura e semplice divulgazione. Ma di tutti questi generi c’era qualcosa.

Leggendo i suoi articoli ci si abitua a non prenderlo alla lettera – e tra le righe è lui il primo a suggerire un approccio obliquo. In un’occasione confessa apertamente:

Se un pizzico di fantastico serve come esca, io non ho scrupoli a usarlo. (2) 

Quando gli chiedono se l’archeologia sia per lui una fuga dal presente, nega recisamente; egli parla del qui e ora, i dischi volanti sono solo un espediente narrativo:

Ci sono delle cose sulla terra che non si possono spiegare se non tirando in ballo gli spaziali, gli extraterrestri. (3) 

Nel 1972 fonda la rivista Pi Kappa. Il primo articolo (“Spaziali in Italia”) è dedicato ai misteri del Musinè. Sembra parlare di un lontano passato. E se parlasse di oggi?

Secondo una leggenda locale, un dragone protegge la montagna dagli intrusi. Intorno alla vetta, re Erode volteggia senza sosta su un carro infuocato; sta espiando i suoi crimini. Il cuore del massiccio custodisce “incomparabili tesori” ma anche un mago. Costui si occupa di mettere in pratica il principio primo della magia: “come in alto, cosi in basso”. Eccolo, dunque, scavare piccoli buchi sulle rocce, riempirli di combustibile vegetale e accenderli di notte. Dall’alto dei cieli, le costellazioni hanno l’impressione di specchiarsi sulla terra. L’archeologo Mario Salomone cita

resine e grassi animali nelle coppelle (incisioni appunto a forma di piccole coppe) che abbondano sul monte, fra i 400 e i 900 metri di quota.

“Perché – si chiede lo scrittore – genti primitive, assillate da problemi pratici da cui dipendeva la loro sopravvivenza, si sarebbero prese la briga di accendere fuocherelli in buche scavate faticosamente nella roccia? Per imitare le stelle.” Confrontando lo schema delle coppelle con le carte astronomiche, il Musinè rivela

qualcosa di unico al mondo: un’intera mappa celeste incisa nella roccia! (4) 

Nella zona del crepuscolo in cui l’articolo mi proietta, le immagini che emergono dalla pagina diventano stranamente familiari. A quale folle intrusione nella montagna si riferisce Kolosimo? Quella di chi – nella Val di Susa – vede un tesoro da depredare? Chi è il potente dragone che ne difende l’integrità, a ogni costo, consapevole di quanto düra sarà la resistenza? Chi è il feroce governante, colpevole di nefandezze e costretto a sorvolare la zona – perché attraverso la montagna non si passa?

Poi penso a quei maghi che, in valle, ancora oggi si ispirano al “come in alto, cosi in basso”. Avendo abbandonato l’astrologia per ideali più concreti. Sulle pendici del Musinè, l’Orsa Maggiore ha lasciato spazio a iscrizioni visibili dall’alto dei cieli (o più comodamente dall’autostrada).

Su quei teloni bianchi ritrovo il Kolosimo che amo; il guerriero che, secondo Wu Ming

ha combattuto perché l’immaginario non si restringesse e, al contempo, la fantasia (anche quella più sbrigliata) tenesse le radici nella realtà, nel conflitto che senza pause muove la società. (5) 

Approfondimenti

Note

1. Piero Bianucci, «Kolosimo, esploratore tra scienza e mistero», Il nostro tempo, 26 aprile 1992.
2. Myriam De Cesco, «Un colpo da Pi Kappa», Panorama, 1972.
3. Erika Kaufmann, «P.K. chiama terra. Terra in ascolto di Peter Kolosimo», Playboy, N. 11, novembre 1974.
4. Peter Kolosimo, «Spaziali in Italia», Pi Kappa, N. 1, novembre 1972, p. 6.
5. Wu Ming, “Peter Kolosimo, 30 anni «across the universe» (1984–2014)”, Blog Giap, 20 marzo 2014.

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