Mr. Mill

E torneremo a urlare “Oh, wow! Oh, wow! Oh, wow!”

Pensate a questo e cercate una via, più che una guida.
Vi auguro di trovare eine autentische Revolution…
(Wu Ming, L’armata dei sonnambuli, Einaudi 2014.)

Stando alla definizione da dizionario, pochi di noi, soprattutto per chi ha caro il pensiero scientifico razionalistico, ammetterebbero di aver avuto a che fare con la magia, normalmente intesa come forma di sapere esoterico e iniziatico. Senza rimpianti per i tempi in cui la magia era una categoria che dava forma al mondo, offrendosi come schema d’interpretazione e di narrazione della realtà, possiamo però anche dire che per una sorta di eterogenesi dei fini a essere accolte con un certo scetticismo sono tutte le manifestazioni di stupore e incanto, bollate sovente come infantili. Se però, ad esempio, vediamo un arcobaleno, che sappiamo essere un fenomeno di ottica atmosferica, dovremo ammettere che nonostante la conoscenza della sua spiegazione scientifica ne rimaniamo affascinati. Mariano Tomatis e Ferdinando Buscema sono ben consci di tutto ciò e nel loro L’Arte di Supire. Creare esperienze magiche per emozionare, incantare, sorprendere si fanno carico di scombinare questa logica binaria e polarizzata.

L’Arte di Stupire è strutturato per capitoli che corrispondono a sale espositive, quelle di un “museo delle meraviglie” in cui a essere esposte sono storie stupefacenti, che il nostro cervello tenderà a etichettare come Munari alle Isole Eolie inspiegabili. La forza di questo libro sta però, a mio parere, nell’azione implicita di scardinamento dell’idea stessa di museo – quale luogo chiuso “sacro alle Muse” –, così come quella di straordinarietà delle esperienze per come siamo abituati a intenderle. Mentre procedevo con la lettura del libro, che è di per sé piacevole e molto divertente, mi è tornato frequentemente alla mente un progetto di Bruno Munari intitolato museo immaginario delle isole eolie: una raccolta di frammenti raccolti in compagnia del figlio durante le vacanze estive alle Isole Eolie, “oggetti trovati” – un pezzo di corteccia o di rete metallica, dei sassi – che nulla avevano di unico o di notevole. Nell’esporli nel dicembre del 1951 presso il Bar dell’Annunciata, a Milano, Munari offre agli spettatori la possibilità di vedere con occhio nuovo il consueto, dissacrando al contempo l’istituto museale e quello dell’artista. È lo sguardo che è artistico, per Munari tutto il mondo è in potenza un “museo immaginario”.

Allo stesso modo Tomatis e Buscema invitano il lettore a riscoprire il gusto dell’incanto, quello tipico di uno sguardo bambino, attento ai dettagli e non offuscato dalla routine quotidiana – come è tipico della vita adulta – nel suo grigiore e nella sua ripetitività, nella facile rassicurazione di esperienze che sono state già vissute. Fosse solo questo sarebbe già moltissimo, un vero e proprio atto rivoluzionario. C’è di più, non è solo questo che entra in forte risonanza in questa associazione mentale che ha accompagnato la mia lettura de L’Arte di Stupire. Innanzitutto l’ambizione degli autori di tracciare le coordinate di una nuova disciplina, la progettazione di esperienze magiche (Magic Experience Design), che ridefinisce lo spazio della magia, che dai luoghi chiusi e deputati si auspica esondi nella vita di tutti i giorni, rifiutando l’idea che un élite di maghi sia depositaria di un sapere riservato ai soli iniziati, offrendoci al contrario l’accessibilità a un sapere che nulla deve avere di esoterico e di misterico. E così nelle pagine del loro libro gli autori ci raccontano e illustrano trucchi ed esempi tratti dalla loro esperienza pluriennale di magic experience designer, raccolgono e raccontano storie straordinarie e incredibili che sono il risultato della messa in pratica di progetti studiati a tavolino, attuati con la finalità precisa di donare a persone conosciute o meno delle esperienze magiche, storie che una volta vissute valga la pena raccontare. Con la convinzione che questa attitudine diverrà contagiosa.

Un approccio alla vita, uno sguardo non intossicato da disincanto assoluto e cinismo, che ognuno può mettere in opera: basti ad esempio la riflessione sul ricorso sempre più frequente al “oracolo” Google per dare una risposta ai più disparati quesiti, che ci priva del piacere della scoperta quando l’accesso alla conoscenza viene banalizzato in conseguenza della diminuzione del tempo che intercorre fra il momento del non-sapere e quello del sapere.

Tomatis e Buscema, dopo aver mostrato che non v’è necessariamente opposizione tra una lettura realista e una magica delle esperienze – e di questo gli sono personalmente grato, né pillola blu né pillola rossa please… –, ci ricordano che la finzione continua ad avere un ruolo importante quando diventiamo adulti: che piacere trarremmo altrimenti dalla visione di un film o dalla lettura di un libro? Torniamo al piacere della scoperta, riscopriamo l’incanto, che si torni dunque senza imbarazzo a urlare “Oh, wow! Oh, wow! Oh, wow!” quando l’inaspettato fa capolino nel tran tran della nostra quotidianità, sarà un “nuovo mattino” per tutte e tutti, perché come scrivono i Wu Ming sulla fascetta del libro i «maghi saremo noi, noi tutti: magia al popolo!»

P.S. Si consiglia la visita periodica di Blog of Wonders, il blog di Mariano Tomatis, per esercitare la propria predisposizione all’incanto.

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