Ernesto Caballo

I disegni stregati di Alessandri

«La magia è la capacità di dominare le forze naturali mediante determinate arti occulte, operando trasformazioni sulla materia statica e vivente, sulla sfera psichica, affettiva e spirituale dell’uomo, forzandone anche la volontà, per ottenere i risultati che il mago si prefigge. Se i fini di chi opera rientrano in un certo ordine morale, i risultati sono considerati "buoni”, quindi si parla di magia bianca. Se gli scopi scaturiscono invece dalla volontà o dal bisogno di ottenere vantaggio all’operatore o al “cliente”, a scapito della salute, del benessere e della tranquillità altrui, i risultati sono "malefici”, quindi si parla di magia nera».

Così ci dice il pittore Lorenzo Alessandri del Gruppo Surfanta in una lettera, accompagnandola con i disegni che pubblichiamo. Basta il tono della scrittura e il ficcante taglio dei saggi grafici a provare che Alessandri è un esoterico attivo e operante, anzi un mago autentico. «Per compiere un’operazione magica — egli dice — oltre alla perfetta conoscenza di certe verità ermetiche essenziali ed i metodi per concentrare e sostenere le forze cosmiche primordiali, è indispensabile che il mago possegga un esteso repertorio di formule, simboli e feticci, ed un fornitissimo deposito di materiali fra i più disparati: minerali, erbe, sostanze organiche, parti anatomiche che hanno la funzione di catalizzatori, ed infine deve saper scegliere con precisione tempi e luoghi adatti. Disponendo dei suddetti elementi, più un certo estro personale, egli prepara i feticci, i simulacri, le bacchette, i cerchi, le pozioni, i talismani, sacralizzandoli, ossia caricandoli di forze e usandoli poi come “strumenti magici" nelle operazioni».

«A questo punto, parlare di magia bianca o nera non ha più senso, perché lo strumento magico è come un’arma potentissima. E’ una lama tagliente che può fare il bene o il male, favorire la vita (come il bisturi del chirurgo) o dare la morte (come il coltello dell’assassino). Senza contare poi che il bene per un individuo corrisponde molte volte al male di un altro». Noi siamo certi che Alessandri sia un mago benefico, e che operi per salvare gli «affatturati», i maledetti, le vittime del malocchio. Prepara un esorcismo e blocca il flusso, il torrente impetuoso dell’energia maligna, ne cambia la traiettoria e la dirige sul mandante. Egli difatti dichiara: «Io sto dalla parte dei "selvaggi” che, dopo duemila anni di esperienze, credono ancora al mago della pioggia: e la pioggia viene, lo sto dalla parte del ragazzo innamorato che ha perso la testa per una donna non particolarmente bella, buona o colta. Ha subito la magia di un fascino misterioso e l’accetta. Se non fosse così, l’amore non esisterebbe più... Sto dalla parte del povero che riceve in sogno da un defunto cinque numeri: li qioca al lotto e vince. Se non fosse così nessuno tenterebbe più la fortuna al gioco... Sto dalla parte della madre che “benedice" il figlio marinaio quando parte per la guerra. Lo vede in sogno ferito a morte, galleggiare nella nafta in fiamme. Sei anni dopo il figlio torna a casa pieno di cicatrici, ma vivo, e rinnrazia la madre per la benedizione».

Alessandri fa il censimento dell’olimpo dei maghi, si mostra severo e anche polemico nelle sue esclusioni. Egli nota che un giro del mondo in chiave magica ci porterebbe a scoperte perfino stressanti; ma limita il suo raggio d'osservazione a Torino e al Piemonte — questo era nei nostri voti . «Torino — lui dice — viene individuata da alcuni studiosi d’Oltralpe come uno dei vertici del Triangolo della Magia, insieme a Londra e Chicago. Abitiamo quindi in una tradizionale regione magica che vanta una notevole concentrazione di luoghi, congreghe e personaggi, che hanno dato luogo in passato a fenomeni impressionanti e continuano a provocare attualmente straordinarie manifestazioni». A questo punto stabilisce le categorie dei maghi: «Gli apportatori di fortuna e gli "scarognoni", i cartomanti, gli aruspici, i chiromanti, le sibille, gli astrologi, i cabalisti, le sonnambule, gli oracolisti, i divinatori, i veggenti; si passa dopo ai rabdomanti, ai radioestesisti, ai fascinatori, a coloro che hanno conquistato l'insensibilità fisica, i guaritori, i negromanti, gli spiritisti, i provocatori di fenomeni di levitazione e telecinesi, i formatori di ectoplasmi. Sempre salendo nella scala dei poteri troviamo i licantropi coscienti, gli evocatori del demonio, gli esorcisti; coloro che conoscono il linguaggio degli animali e che comunicano con i vegetali». La lettera di Alessandri è simile, insomma, a una silloge dello sterminato dizionario dell’Occulto. Il nostro pittore cita infine «coloro che possono mutar sembianza, trasformarsi in animali, insieme a quelli che hanno ottenuto il dono dell’ubiquità, ai Tantristi, ai maestri dello Zen e, — più in alto ancora o più in basso — i vampiri, i “morti-viventi", coloro che hanno vinto la morte e che possono incarnarsi in qualsiasi corpo umano o bestiale». Conclude menzionando chi ha venduto l'anima a Satana acquistando un grande potere malefico; e chi, caricandosi tutto il dolore, «ha donato l’anima a Dio, beneficiando così di tale e tanta santità da poter operare miracoli per il bene degli uomini».

Ma torniamo alla mappa stregonesca torinese che egli ci disegna con uno stile tanto preciso quanto focoso. Alessandri accenna a un famoso « scarognone » che con la sola presenza insistita riuscirebbe a scardinare il baricentro della Mole Antonelliana, e che può vantare un gran numero di lampadari fatti crollare con un solo impulso del pensiero. Ricorda le prodezze del « mago a petrolio », dotato di spiccate virtù magnetiche come guaritore di malanni e come riparatore di guasti e malestri sentimentali. La crepitante lettera continua: «Il mago di Mompantero e la santa di Volvera sono troppo conosciuti per parlar di loro. Godono da anni di grande successo: dirò che ricevono soltanto su prenotazione. La famosa medium Contessa Libia di Pianezza, con la collaborazione del fido Sother Turtula, cade in trance, predice il successo negli affari e, orientata dal suo spirito-guida, che chiama “Il Maestro", consola, allevia il dolore, emana radiazioni benefiche per i presenti».

Alessandri è un aficionado convinto di Oddenino Paris e di Roberto Burò e non esita a laurearli — anch’essi — maestri. Egli inoltre è in grado di fornirci i connotati di un «vampiro» torinese. « Opera fra mezzanotte e le quattro in una zona molto ristretta della città compresa all’incirca tra corso Firenze, via Aosta, via Ponchielli, via Regaldi e corso Novara. Battendo le strade con un po' di pazienza, chiunque può incontrarlo, specie nelle notti del venerdì dispari. Il suo aspetto è tutt’altro che sinistro: aitante, brizzolato, gentile di maniere; veste di preferenza abiti chiari molto eleganti. Con una variante alla tradizione classica, si accontenta di trarre la linfa necessaria alla sua sopravvivenza oltre la tomba nel frequentare, accarezzare, baciare giovani fanciulle (generalmente di facili costumi). Egli compensa le prestazioni donando alle sprovvedute amanti esclusivamente autentici gioielli. Attente quindi, falene notturne! I preziosi che vi ha donato, potrebbero da un momento all’altro trasformarsi in cenere».

Alessandri continua nell’esplorazione della Torino occulta: «Per ultimo, ma è il primissimo, il professor G. A. Rol, uno dei più grandi maghi viventi (noi ricordiamo un bellissimo articolo di Dino Buzzati, dedicato a Rol, di alcuni anni fa. NdR). E’ una delle figure più inquietanti della Torino notturna. Alto, impenetrabile, estroso, ambitissimo, ricercatissimo, concede la sua presenza solo ad alcuni ristretti circoli. Il professore è un cultore dello spirito di Napoleone, dichiara di credere in Dio e di trarre i suoi poteri dal regno della Mente e di essere come "il guardiano del tesoro che possiede la chiave di ricchezze inestimabili, ma non può spenderle a suo favore. Le sue éxpertises hanno stupito e affascinato uomini come Picasso e Fellini, re e imperatori. La casistica è enorme: i fatti straordinari che gli vengono attribuiti sono innumerevoli: dicono che trasformi qualsiasi carta da gioco in un'altra, solo col pensiero. Si procura nell’aria una matita quando deve scrivere e, con la stessa, a distanza, buca da parte a parte una carta da gioco scelta da altri, infilata a caso nel mazzo, a sua volta coperto da un piatto capovolto. Ricostruisce, senza toccarlo nemmeno, uno smeraldo di grande valore che era andato in frantumi. Fulmina con lo sguardo un enorme calabrone che sta per pungere un bambino nella culla. Rinchiuso a chiave in una stanza, appare subito dopo in un’altra non attigua, passando letteralmente attraverso i muri. Inutile dire che tutti gli ambienti sono sigillati».

Alessandri conclude con il satanismo e con le congreghe sataniche che a Torino e in Piemonte vanno scomparendo. «L’ultima di esse — scrive — denominata "Cappella...”, pretendeva dai postulanti, per l’ammissione, requisiti talmente severi e discriminatori che dal 1923 solo due nuovi adepti vennero accolti, sicché l'attività fu portata avanti sino al 1961 da uno sparuto manipolo di anzianissimi e patetici satanisti che si estinse automaticamente con la morte, per vecchiaia e acciacchi, di tutti i suoi membri. Essi adoravano realmente Satana quale “Lucifero portatore di luce", e questa luce che egli prodigava loro durante le messe nere veniva concentrata dall'officiante, sostenuto dalla volontà dell'assemblea, e, scatenata con una forza simila a quella del “laser", compiva una serie di prodigi apportatori di vantaggi talvolta ragguardevoli ai singoli congregati. Qualcosa di analogo, ma di rado, avviene ancora in una località dell’alta Valle di Susa».

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