“Paperino e lo sciopero della fame” (Albi della Rosa, n. 420, 25 novembre 1962) intreccia mentalismo e azioni di rivendicazione sul lavoro.

Per incentivare lo studio, zio Paperino promette a Qui, Quo, Qua un dollaro al giorno, in cambio delle pulizie domestiche.

Ma a fine anno arriva la beffa: ogni sera aveva infilato il dollaro nel salvadanaio… per poi riprenderselo la mattina dopo. Il bilancio è desolante: un solo dollaro guadagnato in dodici mesi.

I nipoti reagiscono con un gesto radicale: si rifugiano su un albero e iniziano uno sciopero della fame.

L’azione funziona e Paperino è costretto a versare tutti gli arretrati. Solo dopo i tre confessano il trucco: per sopravvivere al digiuno, hanno assunto minuscole pillole nutritive inventate da Archimede.

È lo stesso espediente usato da Giovanni Succi, celebre digiunatore romagnolo, che per restare settimane senza cibo si affidava a un misterioso bibitone verdognolo – poi messo in commercio come “Liquore del Digiunatore”.

Annusato l’affare, Paperino si reinventa performer estremo.

Sotto il nome d’arte di “Paperin Bey Paperpap”, richiama le imprese di Tahra Bey, fachiro e mentalista armeno celebre negli anni Sessanta.

I suoi numeri includevano prove di ipnosi a distanza via radio: i giornali mettevano in guardia le persone dall’assistervi da sole, per non rischiare di restare ipnotizzate per sempre.

Per una volta, un racconto Disney mette in scena il cinismo padronale, l’astuzia delle lotte e uno sciopero così efficace da costringere Paperino a pagare il dovuto. Ma la lezione dura poco: fiutato l’affare, il papero trasforma l’arma del dissenso in show da palcoscenico e si reinventa digiunatore professionista. Altro che rivoluzione: nel mondo della Disney, ogni trucco è buono… purché produca profitto.

Come si parlava di magia negli anni Sessanta? Per scoprirlo, ho sfogliato otto Albi della Rosa e li ho raccontati in altrettanti post su questo blog. Questo è il quarto di otto.

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