“Paperino e l’ipnotizzatore” (Albi della Rosa, n. 248, 9 agosto 1959) è un fumetto slasher con una trascurabile cornice sindacale.

Ignorando una postilla del contratto, Paperino si ritrova a falciare un gigantesco campo di zio Paperone per un compenso ridicolo.

Villain della storia è Ipno, un magnetizzatore capace di imporre la propria volontà con un semplice sguardo. Uno dopo l’altro, Paperino, Paperone e i nipotini Qui, Quo e Qua cadono sotto il suo controllo ipnotico: come fermarlo prima che li riduca tutti e cinque in schiavitù?

L’elemento più interessante del racconto è la resa grafica del processo ipnotico: per rendere visibile l’invisibile, lo sguardo è rappresentato da una linea tratteggiata che parte dagli occhi (sin dalla copertina).

È un chiaro richiamo alle rappresentazioni settecentesche del magnetismo animale, dove l’influsso era disegnato come un fascio tratteggiato che usciva dalle mani.

Sarà l’abate Faria, nei primi anni dell’Ottocento, a superare Mesmer e dimostrare che non esiste alcun fluido magnetico: basta lo sguardo fisso per indurre lo stato ipnotico.

Quando i raggi entrano nel campo visivo della vittima, si produce un rumore reso dalla parola “Boing!”. L’effetto d’incanto è illustrato da occhi a spirale: in quello stato, la volontà della vittima passa sotto il controllo totale di Ipno. Per acquistare il campo di zio Paperone, Ipno lo ipnotizza e ottiene uno sconto mostruoso: da 100.000, il prezzo scende a 100 dollari. Capito che la fonte del potere è lo sguardo, i nipotini ancora lucidi spruzzano inchiostro sulle lenti degli occhiali.

Quello schermo opaco neutralizza i poteri di Ipno, rendendolo inoffensivo. Dobbiamo dedurne che l’effetto si attiva solo quando lo sguardo attraversa le lenti: altrimenti, gli sarebbe bastato toglierle per continuare a operare. Anche se è lo sguardo a ipnotizzare, per spezzarne l’effetto serve un comando vocale: la parola “Svegliatevi” produce un benefico “Ping!”, e i tre tornano di nuovo woke – uno stato assai augurabile, con buona pace di reazionari e cattivisti.

Come si parlava di magia negli anni Sessanta? Per scoprirlo, ho sfogliato otto Albi della Rosa e li ho raccontati in altrettanti post su questo blog. Questo è il sesto di otto.

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