Il 30 maggio 1770 i fuochi d’artificio per le nozze di Maria Antonietta e Luigi XVI finiscono in tragedia: l’incendio della struttura pirotecnica scatena il panico e muoiono almeno 132 persone.

Da quella scena prende avvio Il magnetizzatore (1857), il dramma che Leopoldo Pullè scrive a soli 16 anni e che oggi ho pagato €1 a un mercatino delle pulci.

Il protagonista è Giuseppe Balsamo, il conte di Cagliostro. Nella finzione la moglie Lorenza – un “angelo d’amore” – è morta, e senza le “sue rivelazioni infallibili” il mago non sa “più leggere nel futuro”. La nuova veggente è una sonnambula scampata all’incendio:
Questi prodigi che debbono formar la mia forza io non avrei potuto operarli senza [...] la seconda vista. Andrianna è dunque tutto per me.
Al centro del dramma c’è un numero di mentalismo. Nella scena IX Balsamo magnetizza Andrianna, che in estasi descrive ciò che accade in casa come se lo vedesse a distanza.

A minacciarla è Gilbert, che l’ha salvata durante l’incendio e la ama ma, non ricambiato, tenta di ucciderla. Balsamo lo ferma con un gesto magnetico:
Stende le mani e poco dopo si vede Gilbert stretto dal magnetismo venir retrocedendo col pugnale in mano e cadere.
Pullè elimina Lorenza Feliciani (che in realtà sopravvisse al marito per una quindicina d’anni) ma le sostituisce una donna capace di esprimere poteri altrettanto perturbanti, in grado di reggere il confronto con il carisma di Cagliostro.

Scrive nello stesso periodo che racconto in Incantagioni (NERO 2022) e mi conforta sapere che, già allora, qualcuno insisteva sul ruolo decisivo delle veggenti che calcavano i palchi del mentalismo ottocentesco.

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