Nel 1968 le conigliette dei Playboy Club avevano a disposizione un Manuale operativo (scarica) che regolava con minuziosa precisione ogni aspetto del loro lavoro: turni, doveri, galateo... ma soprattutto l’estetica. Prima di entrare in servizio, ciascuna doveva presentarsi alla Madre Coniglietta per l’ispezione: capelli, unghie, scarpe, trucco e costume dovevano risultare “bunny perfect”. Ogni difformità comportava penalità.

Che il codice estetico dei Playboy Club fosse oppressivo per le donne è evidente. Meno evidente è la visione miope da cui nasce: la credenza che gli uomini, poveri di cervello e d’immaginazione, siano attratti solo da ciò che rispetta la norma.

Ma gli esseri umani sono più dolci e più confusi: si lasciano prendere da un dettaglio, colpire da una goffaggine, abbagliare da lampi imprevisti che spezzano l’ordine e tolgono il fiato.

Nei suoi Esercizi d’amore (1993) un imbarazzato Alain De Botton confessa che a farlo innamorare sono in genere “malizie incidentali o inconsapevoli”. Una volta si era invaghito di

na donna che aveva tracce di peluria sul labbro superiore: un particolare che normalmente mi avrebbe disgustato, ma che, in quel caso, mi aveva misteriosamente attratto, spingendo il mio desiderio a soddisfarsi lì piuttosto che altrove.

Raccontarlo agli amici era da escludere: in pubblico vagheggiava di

un’indefinibile aura che lei possedeva; a me stesso, però, non potevo nascondere il fatto che mi ero innamorato proprio di un labbro baffuto.

Più tardi, quella donna si era adeguata al paradigma miope e crudele che il Bunny Manual aveva solo reso esplicito: una pedagogia invisibile e silenziosa che continua ad agire ovunque, per controllare i corpi e normare il desiderio. Senza saperlo, l’elettrolisi non avrebbe portato via soltanto i peli. De Botton conclude con amarezza che

la peluria era scomparsa, e con essa immediatamente (nonostante le sue molte qualità) anche il mio desiderio. (1) 


Note

1. Alain De Botton, Esercizi d’amore, Guanda, 1993.

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