Nel XIX secolo il glottologo Wilhelm Deecke riconobbe le cifre dall’uno al sei nelle parole incise sulle facce di una coppia di dadi in avorio scavati a Tarquinia. Ma qual era l’ordine con cui contava l’antico ed enigmatico popolo?

Nell’Ottocento chi vuole comprare un reperto etrusco si rivolge ai fratelli Campanari: la famiglia di antiquari si occupa di scavi archeologici tra Vulci, Tarquinia e Tuscania e annovera clienti illustri. Nel 1848 il duca Honoré Luynes acquista due pezzi molto curiosi: una coppia di dadi in avorio che, invece delle cifre da 1 a 6, presentano sulle sei facce altrettante parole – rispettivamente thu, zal, ci, sa, makh e huth. Nel 1862, quando li regala alla Biblioteca Nazionale di Francia (dove sono conservati tutt’ora), egli non immagina che i due reperti forniranno la soluzione di uno dei problemi numerici più intricati e appassionanti dell’etruscologia...

Il mio articolo “Il mistero dei numeri etruschi” dedicato alla matematica degli Etruschi continua su Mate N. 8 (2016), ora in edicola.

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