Alberto Fenoglio, 1970

La leggenda del mago del Musinè

Come una colonna d’Ercole si innalza all’inizio della valle di Susa il monte Musinè; questo blocco roccioso arido e squallido, millenni orsono era un fumante vulcano e questo ha portato a ricamarci sopra numerose leggende. Una pochissima conosciuta è la seguente.

Nel tempo dei tempi esisteva nell’interno del Musinè una grotta, una specie di antro misterioso dove chi aveva la fortuna di penetrarvi vedeva e udiva delle cose meravigliose. Lì abitava un mago che aveva scelto quel posto solitario per compiere incantagioni e fabbricare filtri magici.

La soglia della grotta era sorvegliata da due grifoni giganteschi dalle penne rosse sul petto e nere sul dorso. Questo mitico animale è legato al simbolismo della luce perché il guardiano della corona solare e rappresenta per analogia il simbolismo dell’oro.

Un giovane signorotto di nome Gualtiero abitante proprio in faccia al monte, tutte le volte che ritornava dalla caccia con gli amici, guardava la buia apertura ed i due grifoni di guardia e sentiva come una prepotente spinta di recarsi lassù in quelle grotte vietate dove forse erano nascoste chissà quante ricchezze.

Il giovane decise con alcuni amici di penetrare nelle caverne e per precauzione si fecero accompagnare da uomini armati per affrontare i grifoni di guardia. Con cautela salirono il monte e si trovarono davanti all’apertura, nessuno, inquieti i componenti il gruppo si guardarono attorno. Scolpite nella roccia scorsero le seguenti parole: “Quelli che ardiranno penetrare in questo antro, vedranno cose meravigliose e il futuro sarà loro svelato”. Quelle parole sibilline allarmarono quegli uomini che avrebbero voluto tornare indietro, ma Gualtiero che li comandava con un gesto che non ammetteva replica ordinò loro di proseguire. Il gruppo si infilò nella caverna finché giunse in una grande sala rilucente dove pareva che la luce venisse emanata dalle pareti stesse. Nel mezzo della sala accovacciato al suolo, si trovava un enorme drago giallo che li fissava con due occhi rossi scintillanti. Tutti si misero sulla difensiva impugnando le spade perché quel drago sembrava volesse sbranarli ma poiché non si muoveva si avvicinarono e constatarono che era d’Oro e gli occhi due grossi rubini. Su una parete spiccava questa scritta: “Sappiate o audaci che il Dragone d’Oro custodisce il tesoro, guai a chi ardirà toccarlo, la sfortuna lo perseguiterà”. Il giovane Gualtiero per nulla impressionato da quelle parole passò nella caverna accanto, dove trovò molti cofani allineati lungo le pareti. Tutti si precipitarono a sollevare i coperchi e rimasero a bocca aperta dalla meraviglia; in quei cofani vi era una enorme ricchezza, oro e gioielli a profusione. Presi dalla cupidigia quegli uomini si gettarono su quel tesoro dimentichi di quanto avevano letto poco prima empiendosi le tasche, ma in quel mentre un vento freddo turbinò attorno ad essi agghiacciandoli e sentirono come delle minacciose invisibili presenze. Impauriti rimisero nei cofani quanto avevano preso e tutto si calmò. Continuando l’esplorazione penetrarono in una piccola sala ed anche li rimasero stupiti; su un rialzo stava appoggiato un meraviglioso smeraldo che risplendeva di una luce verde così intensa da illuminare la piccola grotta; quello smeraldo era grosso come il pugno di una persona adulta e di una limpidezza e trasparenza che pareva etereo.

Si limitarono a guardarlo ma non osarono avvicinarsi, passarono in un’altra grotta e videro il mago seduto davanti ad un laghetto di acqua chiara che sgorgava dalla roccia. Il mago era molto vecchio e li fissava con uno sguardo che pareva volesse scrutare in fondo all’animo di ciascuno; accovacciati di fianco a lui vi erano i grifoni che alla vista degli intrusi allargarono le ali minacciosi mentre fiamme ardenti uscivano dalla bocca e gli occhi si facevano di brace. Il mago posò le mani sul dorso dei due feroci guardiani che si calmarono e si accucciarono poi fece cenno ai giovani di avvicinarsi e guardare l’acqua del laghetto. Questa ad un tratto diventò bianca come latte e sulla sua superficie si vide apparire un esercito di guerrieri dal volto scuro con scintillanti armature e larghe spade in groppa a superbi cavalli. Dopo apparvero dei soldati con uniformi a più colori e pesanti corazze che dilagavano per la pianura verso la città, poi altri armati con divise blu e cappello a tricorno con aggeggi che sputavano fiamme contro l’abitato tutto avvolto da fumo. Su quello schermo liquido passarono eserciti di tutte le qualità e per ultimo grandi uccelli che lasciavano cadere delle uova sulla città che si era sempre più ingrandita, che scoppiavano facendo crollare le case e provocando vasti incendi. Mostri metallici strisciavano abbattendo alberi e casette sul loro cammino. La visione ebbe termine ed i giovani capirono che avevano visto avvenimenti che si sarebbero avverati nei secoli a venire ed erano letteralmente sbigottiti per il futuro riservato alla loro terra. Quelle fiamme che uscivano da quei lunghi tubi, gli uccelli con le uova che scoppiavano, le case enormi che si sfasciavano come fossero di carta e quei mostri metallici che strisciavano come bruchi tutto schiacciando al loro passaggio era una cosa paurosa e quei giovani abbandonato il loro coraggio scapparono fuori dalle grotte. Videro una scritta innanzi a loro rossa come sangue e minacciosa nel contenuto: “Stolti che avete voluto scoprire il segreto delle grotte, ricordate che ingiustizia, cupidigia, brama di potere, di possesso porteranno a quanto avete veduto, ne’ mai più vi regnerà una vera pace”. Mentre scendevano lungo il fianco della montagna, sentirono sopra le loro teste un forte rumore, alzarono gli occhi e videro il mago su un carro di fuoco scortato dai due grifoni innalzarsi e sparire in alto nel cielo. Quasi contemporaneamente dei massi scesero dalla cima e otturarono l’ingresso della caverna.

Le profetiche visioni si sono tutte avverate, la nostra terra ha subito invasioni da parte dei mori, degli spagnoli, francesi, tedeschi ed in quest’ultima guerra i pesanti bombardamenti inglesi che hanno gravemente danneggiata la capitale Subalpina.

Ogni tanto il mago ritorna sul suo carro circondato di fiamme e come un enorme fuoco fatuo gira sulla zona per posarsi poi sulla cima del monte, dove passa nella caverna per le sue misteriose manipolazioni e mentre i suoi alambicchi bolliscono tutto il monte vibra, si riscalda e per questo non vi cresce vegetazione e manca l’acqua.

Molti abitanti delle località situate attorno al monte fatato hanno visto la luce roteante del carro di fuoco passare lungo la vallata, girare con ampi cerchi ed alle volte sostare sulla verticale del monte, grande come un lanternone sprizzante fiamme e faville mentre attorno girano i due grifoni sotto forma di palle di fuoco pronte a precipitarsi sugli incanti che salissero sul monte e ad incenerirli per impedire che il mago sia disturbato durante il suo lavoro.

Basandosi da questa leggenda molti hanno intrapreso delle ricerche per trovare la favolosa grotta ed i tesori. L’auri sacra fames non si placa mai; la presenza del prezioso metallo, la fatale e dorata chimera che esercita immutata da secoli sugli uomini un fascino irresistibile.

Alcuni sondaggi hanno permesso di stabilire che effettivamente delle grotte sotterranee esistono da millenni scavate dalla pressione dei vapori e del magma incandescente quando il vulcano era in attività e piccole tracce d’oro sono state trovate in alcuni blocchi lavici a poca profondità. Dalla profondità della terra le masse magmiche incandescenti portano alla superficie metalli rari che al contatto dell’atmosfera si solidificano dando luogo alle volte a piccoli giacimenti in cui si trovano mescolati metalli e pietre preziose.

Anni fa un contadino scavando per gettare le fondamenta di una rustica casetta, rinvenne un masso scuro che spaccato per ricavarne materiale da costruzione, rivelò nel suo interno un sottile strato d’oro fuso che aveva preso la curiosa forma di un gambero.

A poca distanza dalla chiesa santuario di S. Abaco, in un piccolo scavo, sotto un roccione, venne alla luce pochi anni fa una pietra rotondeggiante di un grigio scuro; una classica pietra vulcanica detta “bomba” per la sua forma sferica. Spaccata per curiosità, nel suo interno si trovò dell’oro ed una strana pietra durissima grossa come una noce, nera e lucida come antracite che risultò poi una forma rarissima di diamante.

Ancora adesso nelle lunghe sere d’inverno i vecchi raccontano ai nipotini del mago e del suo carro infuocato della caverna magica, delle ricchezze contenute e del magnifico drago tutto d’oro che custodisce quel favoloso tesoro.

  Fonte Alberto Fenoglio, A caccia di tesori. Magia e realtà nei castelli piemontesi, Edizioni Piemonte in Bancarella, Torino 1970, pp. 103-6.

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