Una guida (anche politica) alla magia
Il mio Libro di Magia di Mariano Tomatis
Marco Cicala
Coming out preliminare: sarà infantilismo, ma ovunque mi trovi, se c'è uno spettacolo di magia, mi faccio in quattro per andarci. Sarà stato l'effetto-Silvan, ma da ragazzino non c'era regalo per me più gradito della scatola con il kit del piccolo illusionista. E sarà stato l'effetto-Harry Potter, ma molti anni dopo lo stesso dono avrebbe funzionato alla grande, specie a Natale, anche con le mie figlie. Che adesso mi hanno tolto di mano Il mio libro di magia. Guida pratica con 10 lezioni e 30 giuochi (edizioni Tlon). Classe 1977, illusionista e scrittore, l'autore Mariano Tomatis è ben noto agli appassionati del genere. Stavolta ci irretisce con 140 pagine dove l'erudizione storica (le gesta di "maghi" d'ogni tempo) si mescola alle istruzioni per trenta «prestigi gentili» dall'attrezzistica casalinga: mazzi di carte, dadi, caramelle, fiammiferi, calamite, portapillole... E voilà. Non saprei dire se, nell'epoca dell'Intelligenza artificiale e delle diavolerie digitali, gli show di magia attraggano ancora le moltitudini. Però all'ultimo spettacolo che ho visto c'era il tutto esaurito. Sul palco gli artisti si esibivano con grande spreco di effetti speciali. Ma la sostanza dei "prestigi" rimaneva quella di sempre, una miscela di inventiva, eleganza, levità (Tomatis la definisce «gentilezza»). E in platea l'eterna voglia di essere illusi. Illusi. Non turlupinati. Ché la frontiera tra magia ludica e plagio mentale è sempre stata porosa. E quando le arti incantatorie si fanno politica sono cavoli amarissimi. Non per niente, un variegato filone del pensiero critico novecentesco vide nei fenomeni totalitari anche peculiari risorgenze del pensiero magico, ricalibrato sulle pulsioni collettive delle società di massa: leaderismo carismatico, messianismo rivoluzionario, culto della personalità provvidenziale. La grande letteratura del secolo scorso avverti la medesima minaccia. Basti pensare alla novella di Thomas Mann, Mario e il mago (1930), dove l'apparentemente innocuo illusionista Cipolla sembra già prefigurare un Führer. E tuttavia, ci ricorda Mariano Tomatis, la magia non è di per sé strumento di dominio. Può essere anche veicolo di emancipazione. Nel remoto 1584, il trattato dell'inglese Reginald Scot La scoperta della stregoneria fu un «nobile gesto politico». «Avendo a cuore la sorte delle donne accusate distregoneria», Scot denun- ciava nel libro «la superstizione di chi attribuisce loro poteri occulti, svelando decine di trucchi con cui compiere quel- li che sembrano autentici prodigi». In fondo, la riflessione sulla magia ci riporta agli ancestrali dilemmi faustiani sul sapere come potere, e sui limiti che la conoscenza può o non può autoimporsi. Mentre la Guida di Tomatis ci riporta alla natura circense dell'arte magica. Quella - per capirci - dei film di Fellini o Woody Allen. Ammesso e non concesso che oggi si possa ancora scrivere il nome di Woody Allen senza beccarsi una querela. (1)
Note
1. Marco Cicala, "Una guida (anche politica) alla magia", Venerdì di Repubblica, 13 dicembre 2024, p. 103.