Ezio Capello

La svastica sul Musinè

Quel giorno non siamo andati sul Musiné per cercare fossili, ma solo graffiti. Volevamo renderci conto di persona com’erano quei segni che, se era stato veramente l’uomo delle caverne a farli, non aveva certo usato la vernice a spray. Ci siamo messi ad esplorare una zona sul versante che guarda la valle di Susa, sopra Milanere. Era un continuo spostarsi da una roccia all’altra, ma senza alcun risultato. Ad un certo punto, io ho visto da lontano, su una roccia ben visibile, uno strano segno bianco.

Ricordo che assomigliava ad una svastica messa un po’ così, di sghimbescio... Mio nipote stava camminando proprio vicino a me, e si era subito accorto che io avevo notato qualcosa di interessante. Anche lui aveva visto il segno bianco, e con uno scatto, sai come fanno i ragazzini... era riuscito ad arrivare a toccare la roccia un po’ prima di me.

«Questo?» mi ha gridato. Io stavo arrivando. Lui, intanto, aveva passato la mano su quella che a me era sembrata una “scrittura rupestre”, e aveva tirato su il braccio per mostrarmi le dita sporche di bianco.

«Ma… Zio! Non vedi?» ed era scoppiato a ridere. «È solo una cacca di uccello...»

  Fonte Ezio Capelli, I novant’anni della croce sul Musinè, Arti Grafiche San Rocco, Grugliasco 1991, p. 10.

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