Dall’uscita del mio ultimo libro, una domanda che mi viene rivolta spesso in questi giorni è: «In che senso un numero può uccidere?»
Come rispondere senza svelare nulla di quanto si trova sulle pagine del mio libro? Un esempio inedito prende spunto dall’incrocio di una nota barzelletta con uno sketch dei Monty Python.
Al club della barzelletta, i soci si alternano sul palco. Sale un tizio e dice: «Cinquantadue!». Tutti scoppiano a ridere. Prende il suo posto un altro, che esclama: «Trecentocinquantanove!». La reazione del pubblico è di nuovo molto divertita. Uno dei nuovi soci chiede stupito: «Ma cosa c’è da ridere?» Qualcuno gli spiega: «Vedi, qui ci raccontiamo le stesse barzellette da anni; per questo, abbiamo pensato di numerarle: invece di raccontare l’intera barzelletta, ormai basta dirne il numero, tutti se la ricordano e scoppiano a ridere.» Facendosi coraggio, il nuovo arrivato sale sul palco ed esclama: «Centoventotto!» La reazione è un silenzio imbarazzante: nessuno ride. Desolato, l’uomo scende dal palco e chiede numi a un vicino, che gli spiega: «Non ha riso nessuno perché l’hai raccontata malissimo.»
L’idea che l’esperienza di una barzelletta possa essere condensata in un numero richiama la paradossale “Conversazione col cervello di Einstein” di Douglas Hofstadter (1) : durante una passeggiata ai giardini Luxembourg di Parigi, la Tartaruga spiega ad Achille di aver imparato a apprezzare la musica incisa su un disco osservandone semplicemente i solchi, che in effetti ne contengono tutta l’informazione.
A un livello ancora più profondo, il fatto di assegnare un numero a ciascuna barzelletta ricorda da vicino il processo chiamato dai matematici “gödelizzazione”: in logica, si tratta dell’assegnazione di un unico numero (chiamato “Numero di Gödel”) a ciascuna proposizione, e si tratta della procedura che ha portato al più famoso teorema del XX secolo – il Teorema di Gödel.
E qui arrivano i Monty Python. Durante la prima puntata della prima serie di Monty Python’s Flying Circus (2) , il gruppo inglese presenta uno sketch intitolato “La barzelletta più divertente del mondo”. La vicenda è ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale: lo scrittore Ernest Scribbler crea una barzelletta in grado di far morire dal ridere. (3) È lui la prima vittima della storiella letale. Dopo che la barzelletta ha ucciso diverse persone, l’esercito britannico decide di utilizzarla come arma contro i tedeschi: per evitare altri decessi, la storiella viene suddivisa in brani indipendenti, ognuno tradotto separatamente da persone diverse (4) ; i soldati inglesi, che non capiscono il tedesco, iniziano a usarla sul campo di battaglia leggendola ad alta voce alle truppe nemiche.
Supponiamo ora di gödelizzare la barzelletta divertente da morire. Ecco un numero assassino.
1. Douglas Hofstadter, “Conversazione col cervello di Einstein” in L’Io della mente, Adelphi, Milano 1985, pp.415-442.
2. La puntata del Monty Python’s Flying Circus, intitolata “Whither Canada”, è andata in onda il 5 ottobre 1969. Due anni più tardi, lo sketch è stato ricreato per il film E ora, qualcosa di completamente diverso (1971).
3. Lucia mi segnala 10 casi di risate fino alla morte. Nel 1992 Roger Waters ha pubblicato lo splendido album rock Amused To Death, ispirandosi al libro di Neil Postman Amusing Ourselves To Death.
4. Alcune aziende informatiche, tra cui la Microsoft, suddividono allo stesso modo i propri progetti in modo che il disegno globale sfugga a chi ne realizza i moduli separati.
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