Nei giorni in cui Dan Simons e Chris Chabris presentano il loro libro The Invisible Gorilla, dedicato a un ormai celebre esperimento psicologico, esce nel nostro paese Occulto Italia (Rizzoli 2011), scritto da Gianni Del Vecchio e Stefano Pitrelli.

Il libro sul gorilla invisibile è un’analisi dettagliata dei meccanismi mentali che ci impediscono di vedere con chiarezza quello che ci capita. Nell’esperimento cui fa riferimento il titolo (visibile qui su YouTube) lo spettatore è invitato a contare i palleggi di alcuni giocatori di basket vestiti di bianco; mentre è impegnato nel conteggio, chi osserva non si accorge che, durante i passaggi, un gorilla nero attraversa la scena battendosi il petto con i pugni. I prestigiatori chiamano misdirection l’insieme delle tecniche utili per nascondere alla vista oggetti e movimenti sospetti.

Uno dei maestri di quest’arte fu Slydini (1900-1991); eccolo in azione in una stupefacente ed esplicita esibizione di misdirection.

Occulto Italia si pone tutt’altro obiettivo: il libro dei due cronisti affronta storia e sviluppo di alcune comunità parareligiose e psicologiche italiane (accomunate con il problematico termine di “sette”) tra cui compaiono la Soka Gakkai, Scientology, il Movimento Umanista, fino alla comunità New Age piemontese di Damanhur; l’impianto del libro è fortemente critico, e le testimonianze di alcuni ex-membri delle varie comunità contribuiscono a screditare ognuna delle varie realtà presentate. Il sottotitolo non dà spazio ad ambiguità: si tratta di “culti pericolosi” che “operano nell’ombra intrecciandosi con le istituzioni, accumulando denaro, rovinando vite”.

Nel capitolo Monkey Business Del Vecchio e Pitrelli riferiscono della apparizione di un gigantesco gorilla, testimoniata sulle pagine del quotidiano damanhuriano da un membro della comunità:

Ero lì seduta a guardare le stelle [...] quando ho sentito improvvisamente rumore sulle foglie dietro di me. [...] Mentre mi giravo a guardare, mi sono sentita chiamare da una voce gutturale: era evidente che il nome era proprio il mio [...] Intanto ho visto lui lì, il gorilla nero, alto più di due metri, subito fuori dalla spirale, stagliato a malapena contro il buio del bosco e ho sentito un’emozione grandissima che ha iniziato a pervadermi d’onde concentriche sempre più intense ed un calore improvviso. [...] Enkidu mi ha comunicato un messaggio [...] in una lingua a me sconosciuta e ha tracciato dei gesti in aria che non ho visto bene. Ha poi deposto a terra un oggetto [...] e infine si è girato e dopo uno o due passi è scomparso nella notte, inghiottito dal nero, così come si era improvvisamente addensato. (1) 

Occupandomi di illusionismo a livello professionale, nutro uno straordinario interesse per l’esperimento del gorilla che sparisce: in che modo è possibile produrre un effetto così miracoloso senza violare alcun paradigma razionale? La risposta è tra le pagine di The Invisible Gorilla.

Simmetricamente, l’idea di far apparire un gigantesco gorilla alieno – chiamato Enkidu nell’ambito della complessa mitologia damanhuriana – è altrettanto succosa: attraverso quali meccanismi (psicologici, sociali o erboristici) il leader Oberto Airaudi è riuscito a plasmare la narrativa della sua gente per indurre esperienze come quella raccontata?

Purtroppo Del Vecchio e Pitrelli non si occupano di questo aspetto. Si limitano a riportare la testimonianza, convinti che citarla sia sufficiente a rendere ridicolo il contesto in cui è maturata. Probabilmente, tra alcuni lettori l’effetto si ottiene davvero. Le mie domande, invece, restano irrisolte. Il che sarebbe poco grave, se non sospettassi che negli stessi meccanismi risieda la chiave del coinvolgimento nelle maglie di tali organizzazioni.

Non voglio peccare di benaltrismo: il lavoro dei due giornalisti si regge anche senza queste finezze interpretative, offrendo un panorama piuttosto ampio dello scenario dei moderni gruppi spirituali italiani. Ma se chi lo legge è curioso di scoprire quali forze sottili siano in azione dietro le esperienze riportate, gli saranno necessarie altre letture.

La prima potrebbe essere The Trickster and the Paranormal: il saggio di George P. Hansen traccia i contorni di una cultura sciamanica che, attraverso i secoli, ha manipolato le mitologie e la loro narrativa, inducendo effetti molto simili a quelli vissuti nel bosco sacro. Nel terzo millennio, il fenomeno si riscontra in molti ambiti del cosiddetto “paranormale”: dai racconti di chi vide in azione Gustavo Rol fino a quelli dei turisti che, nella chiesetta di Rennes-le-Château, sono vittime di impressionanti estasi mistico-esoteriche.

Perfino dalle pagine di Occulto Italia, nate in aperta contrapposizione alle comunità descritte, emerge l’enorme fertilità narrativa di tali culti. Solo addentrandosi nelle loro spirali mitopoietiche e nei loro meccanismi di ingegneria culturale è possibile denunciarne l’eventuale tossicità.

Occupandomi spesso del Gioco nei suoi molteplici significati, ho sempre considerato perversamente geniale l’uso che ne fa il leader di Damanhur nella sua personale narrativa; il Libro della Sincronicità di Oberto Airaudi è solo l’ultimo discendente di una serie di libri diffusi sin dal 1482, quando Lorenzo Spirito Gualtieri realizzò il Libro delle sorti, divertissement per nobili annoiati e dame in cerca di amore.

Da razionalista allergico alla spiritualità sincretica della comunità canavesana, il mio istinto è quello di reimpadronirmi del Gioco più che di demonizzarne l’uso fatto a Damanhur, non ritenendo che in ciò risieda la sua tossicità.

Purtroppo, quando qualche mese fa sono stato consultato da uno dei due autori, il mio invito a problematizzare maggiormente il tema è stato considerato un indizio della mia conversione alla spiritualità di Damanhur. A nulla è valso riaffermare per l’ennesima volta che la prova che Dio esiste si trova davvero in Valchiusella, e non si trova nel Tempio dell’Uomo ma nella polenta concia.


Note

1. “Il mio incontro con Enkidu”, Qui Damanhur Quotidiano, 4.12.2004.

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