Renzo Rossotti

L’enigma della Sindone

A Torino è di moda la magia nera. Il duomo torinese dedicato a San Giovanni è una delle poche cattedrali profanate da un duplice assassinio. L’ombra di Garipaldo e l’orma di una mano bianca presso il portale. Ogni notte nella capitale subalpina si tengono circa diecimila sedute medianiche.

In alto, accanto alla cupola, s’intravvede qualcosa. L’uomo, vicino a me, sull’angolo di via XX Settembre, presso l’edificio del vecchio seminario, mi dice che non è un’illusione ottica. E veramente « lui», il folle che da più notti cerca di avvicinarsi alla Sindone per asportarla, forse per distruggerla o, più probabilmente, per compiervi un rito satanico.

In realtà, aguzzando l’occhio, vedo qualcosa, ma è difficile dire se si tratta di un effetto della nube che sta passando davanti alla Luna, di un colombo in cerca di nido o di qualcos’altro. È un’ombra confusa e basta. Cont noi si ferma un sorvegliante, una guardia notturna. Sulla piazza, una delle più antiche di Torino, davanti al duomo di San Giovanni, c’è ferma una Pantera della polizia. Da più notti, ormai, il duomo è vigilato. La psicosi dell’attentato alla Sindone è andata sempre più espandendo, di mano in mano che i giornali ne hanno parlato, raccontando anche molte inesattezze. Un periodico francese ha scritto, per esempio, che sull’altare della Sindone sono stati aspersi profumi, balsami oleosi, che sul pavimento della cappella qualcuno ha disegnato la sagoma di una donna nuda a gambe divaricate, lo stesso simbolo che abbiamo visto in Gran Bretagna come emblema del Sex Satanic System, uno strano gruppo orgiastico, e in Francia, quale insegna della setta che significativamente si chiama Entre-jambe e a cui si attribuiscono parecchi riti di magia nera. Altri, in Germania, hanno esplicitamente affermato che a Torino nel duomo di San Giovanni è entrata una donna che, distesa sul pavimento o sull’altare della Sindone, nuda, ha compiuto lo stesso cerimoniale che le cronache e la storia attribuiscono a Madame de Montespan. Ma è anche vero che, spesso, la realtà supera la fantasia e che la Sindone, oggetto indubbiamente magico, autentico o no che esso sia, viene a trovarsi nel cuore storico di una città che è magica per eccellenza, secondo tutte le tradizioni.

Si prenda una carta geografica d’Europa e con linee rette si uniscano le città di Torino, Lione e Praga, considerate centri della magia per antonomasia. Si otterrà così un triangolo che, allungato nel cuore dell’Europa, collega le tre «capitali magiche» del vecchio continente.

In Europa, come potenzialità magica, come centro misteriosofico ed esoterico, Torino è seconda solo a Londra. Nella capitale piemontese si tengono circa diecimila sedute medianiche ogni notte, il che può sembrare davvero eccessivo, me lo ha rivelato il professor Gianluigi Marianini presentando a una conferenza Renucio Boscolo, il giovane che abita a Torino e che, a sua dire, avrebbe trovato la «chiave» sicura per interpretare le «Centurie» di quel famoso Nostradamus il quale nel 1556 soggiornò proprio a Torino.

Di Sindone non ve ne è una sola. Si ripete dunque, in questo settore, ciò che accadde per le tombe dei tre re magi, che sembrano esser stati sepolti un po’ ovunque. Comunque, il lenzuolo conservato a Torino è di certo il più celebre e quello che ha ispirato gli studi più seri e ponderosi.

Nel 1452 venne donato da Margherita di Charny a Anna di Lusignano, sposa di Ludovico I di Savoia, e da allora rimase in possesso dei sovrani sabaudi che la conservarono sino al 1578 a Chambery, e poi a Torino. Ha già subito un incendio, è sfuggita ai bombardamenti della seconda guerra mondiale, e oggi appare come elemento magico tentatore di un individuo (o di più individui appartenenti a una setta fanatica) che potrebbe agire per i motivi più differenti, come magia nera, contestazione verso la Curia che non lo vuole esporre, perfino rivendicazione monarchica verso un oggetto religioso di proprietà dei Savoia, e chi più ne ha, più ne metta.

Se si sono abbandonati a fantasie, i giornali non hanno però tenuto conto di alcuni fattori che ci paiono abbastanza rivelatori. Il vandalo ignoto o il profanatore, se si preferisce, lasciò, in uno dei suoi primi tentativi di infierire sulla Sindone, l’impronta bianca di una mano presso l’ingresso del tempio, nel punto in cui, per l’esattezza, 1310 anni fa venne commesso un assassinio.

Dopo gravi rivolgimenti politici, qui, nell’anno 662, come attestano gli storici, venne pugnalato a morte il duca di Torino Garipaldo (o Garibaldo, secondo altri), mentre si recava in San Giovanni per la messa pasquale. L’assassino voleva vendicare così la tragica fine di Godeperto, altro personaggio coinvolto nelle mene storiche dell’epoca. Un manoscritto spiegò poi che il sicario era un uomo dedito a strane arti magiche, che si era assunto il ruolo di giustiziere; egli salì sul sacro fonte battesimale e quindi, tenendosi con una mano a una colonnina che reggeva il tetto del battistero, con l’altra colpì la sua vittima che finì a terra in una pozza di sangue. I gendarmi della scorta di Garipaldo si buttarono a loro volta sull’attentatore e lo trafissero con le lame, di modo che in pochi secondi la chiesa fu sacrilegamente sconsacrata da un doppio getto di sangue. Secondo alcuni storici, prima di morire l’attentatore avrebbe allungato una mano aggrappandosi al portale, a destra, proprio sulla soglia del tempio, in un punto in cui il bassorilievo presenta ancora oggi un elmo, fra altri simboli, con una curiosa apertura simile alla fessura di un salvadanaio. Il tutto non sembra molto credibile poiché quest’ornamento sarebbe stato aggiunto all’ingresso del duomo molti anni dopo questi tragici fatti di sangue. L’orma della mano bianca nel punto del delitto del 662 potrebbe comunque riallacciarsi, in una maniera curiosa, arcana, alla fine di Garipaldo.

I congegni elettronici disposti ora, con più robusti chiavistelli, a protezione della Sindone non potranno tenere lontani i profanatori, soprattutto se si tratta di adepti di una setta che in altri paesi ha saputo superare ostacoli ben più ardui, passando attraverso sbarre, lucchetti e ignorando del tutto perfino l’insidia di attente cellule fotoelettriche. Non risulta che, almeno sino a ora, la magia sia stata sconfitta dall’elettronica. Ne d’altra parte è difficile ritenere definitivamente conclusa questa strana vicenda col recente intervento del quarantenne Matteo Moccia bloccato mentre si aggirava come un gatto, proprio sul tetto del duomo torinese, cercando di penetrare nella cappella della Sindone. La spiegazione che egli ha fornito alla polizia del suo comportamento è sconcertante: Quando eravamo in carcere insieme, Gesù Cristo non voleva mai giocare a carte con me. Allora io gli ho detto: so dove trovarti. Quando esco ti vengo a cercare e ti brucio».

Nato a Cerignola di Foggia, il Moccia potrebbe essere stato indotto a salire sul tetto del duomo dall’enorme pubblicità fatta recentemente intorno al Sacro Sudario. Molti almeno la pensano così. Non escludono cioè che i tentativi vandalici possano ripetersi, anche se il Moccia è stato bloccato e definito «non adepto di Satana ma solo un pover’uomo».

La Sindone, anche considerata da un punto di vista misteriosofico, è da tempo al centro di una sottile polemica condotta da una parte dagli studiosi italiani (i Sindonologi), molti dei quali, anzi, la maggior parte, non ha mai potuto toccare con mano il famoso lenzuolo, e dall’altra da un ente che ha sede in Svizzera, The international Foundation for the Holy Shroud, che ha diffuso interessanti argomentazioni sulla Sindone, con documenti fotografici che, in parte, abbiamo qui riprodotto.

A Torino, in zone periferiche e in alcune abitazioni del centro storico, sono stati di recente celebrati riti satanici che possono essere paragonati alle messe nere della Montespan; e non c’è da stupirsi che qualcuno abbia preso di mira il lenzuolo magico che, secondo la tradizione, avrebbe avvolto Cristo nel sepolcro.

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