Mamme trigonometriche e martiri dell’aritmetica

Ci risiamo! I numeri sono fatti così: gli dai una frazione e si prendono l’algoritmo. Non puoi ignorarli e non puoi perderli di vista. Hai voglia a dividerli e a sottrarli, loro si sommano, si moltiplicano, si portano appresso uno zero e ti invadono, ingaggiano una virgola e ti fanno nero! Ci vuole l’abilità di Mariano Tomatis, che torna nell’agone con Numeri assassini (Kowalski 2011), per mettere la briglia a queste isole razionali immerse nel caos liquido del caso bifido. Solo lui sa spiegare perché una macchina per cucire incontra un ombrello su un tavolo operatorio. Solo lui, per citare qualche caso esposto nel libro, sa trovare il minimo comun denominatore tra mamme trigonometriche, carcerati dagli algoritmi sincopati, sfinteri anali che imbrogliano lamacchina della verità, martiri aritmetici, telefonate che uccidono e numeri che impallano il cervello passando, magari, per il mostro di Firenze.

I matematici bisogna lasciarli stare, ne sanno sempre una più del diavolo. Tu credi di conoscerli e quelli si rivoltano all’improvviso e diventano Amoricaldi, qualcuno ha svelato il futuro alla vigilia di un duello d’amore che lo vedrà soccombere, qualcun altro ha smascherato la scacchiera, ma Tomatis, che se provi a confonderlo diventa uno “stimato tomista”, trasforma in finissimo gioco intellettuale gli arabeschi del rumine dei numeri, rilegge alla luce di parabole ed ellissi celebri scene del crimine dondolando sul filo di lana dell’ironia, suggerendo e nascondendo per puro divertimento.

Ma allora la matematica fa divertire perché, ordinando il disordine, spera di controllare il caos? Vuole proteggerci dall’irrazionale? Ha una funzione consolatoria? Di certo l’astrazione matematica è l’unico sistema per affrontare e esorcizzare l’orrore della follia umana. Solo una cosa sappiamo: nessuno, dopo aver letto Numeri assassini, potrà dire: «Per me è algebra!». O forse sì. O forse no.

Mariano Tomatis è un divulgatore scientifico si occupa del lato oscuro della matematica e delle sue applicazioni ai campi più insoliti. Con una laurea in Informatica e una cattedra presso il Circolo Amici della Magia di Torino, dove insegna storia e tecniche dell’illusionismo, Tomatis gioca su uno scivoloso crinale: quello tra la razionalità dei calcolatori e l’irrazionalità della magia e dell’occulto. Ma sentiamo il diretto interessato.

Come si coniugano discipline tanto diverse?

Parlando di gioco, usi la parola giusta. Il gioco si colloca sull’intersezione tra la razionalità delle regole e la libertà delle azioni. Pensa agli scacchi: ogni mossa deve rispettare precise regole matematiche, eppure ogni partita è espressione unica e irripetibile dell’arbitrio di ciascun giocatore. È proprio nel contesto ludico che il rigore dei numeri si concilia con gli aspetti più imprevedibili e irrazionali della realtà; ecco perché nei miei libri uso spesso il gioco come strumento di divulgazione.

A proposito del tuo libro La magia dei numeri è stato scritto che si può leggere sia come un testo di matematica, sia come un manuale di giochi di prestigio. Ti riferisci a qualcosa del genere?

Esattamente. La parapsicologia usa i numeri per studiare i poteri della mente, i dischi volanti e per valutare la fondatezza delle ipotesi numerologiche; al contempo, gli stessi numeri vengono usati dagli illusionisti per riprodurre i fenomeni paranormali. Quello che nasce dall’incontro tra mondi così diversi è talmente curioso che ho pensato di dedicargli un libro. Ma per non scrivere un testo solo teorico, ho pensato di proporre una serie di esperimenti pratici attraverso cui stupire i propri amici, che mettono all’opera semplici ma potenti principi matematici. È di nuovo un gioco (di prestigio, questa volta) a traghettare il lettore dai freddi numeri al sulfureo mondo dell’occulto. Sono dell’idea che apprendimento e divertimento non siano inconciliabili, e che la buona divulgazione debba renderli un tutt’uno.

Va in questa direzione la tua attività di divulgazione presso le scuole. In che modo i tuoi giochi di prestigio possono dare un supporto all’attività didattica?

Uno dei maggiori stimoli all’apprendimento è il senso della meraviglia. Proporre eventi insoliti o apparentemente impossibili colloca chi osserva in una situazione di instabilità. Ogni cosa che vìola il modello del mondo che ci siamo costruiti, ci spinge a “risolvere” la situazione cercando una spiegazione logica e razionale. Lo stupore può dunque accendere una scintilla e agire sull’istinto all’indagine e allo studio. I moderni teorici dell’illusionismo descrivono la loro disciplina come una forma di “ingegneria della meraviglia”. Quando questa è messa al servizio della didattica, può davvero risvegliare dal torpore gli studenti, e indurli ad approfondire materie verso cui erano del tutto indifferenti.

Il tuo libro affronta l’uso dei numeri per risolvere i crimini. La matematica funziona davvero in ambito investigativo?

Il mio libro è una raccolta di casi celebri nel corso dei quali i numeri sono stati usati nelle indagini investigative: dal caso Cogne al Mostro di Firenze, dall’attentato a Kennedy a quello alle Torri Gemelle. Parlando dei principi matematici adoperati nell’ambito di casi reali, metto in luce le potenzialità ma soprattutto i limiti di questi metodi. La ragione è ovvia: il crimine è un fenomeno caotico e irrazionale, ed è molto difficile individuare degli schemi precisi.

Pur trattandosi di un saggio divulgativo, il libro è pieno di enigmi e indovinelli. Il gioco è pertinente anche a questo ambito?

Sì, la sfida che contrappone il criminale e chi cerca di catturarlo può essere paragonata a un drammatico gioco tra guardie e ladri; le sue regole sono caotiche e apparentemente irrazionali, ma i bravi matematici si distinguono per la capacità di individuare schemi dove sembra non ce ne siano. Negli anni Settanta, il primo a usare con successo un’equazione per trovare un serial killer individuò la residenza dell’assassino con alcuni calcoli geometrici. La sua indagine partiva da un presupposto filosofico amato da Borges: l’uomo è una pedina nel grande gioco degli scacchi che è la vita. Scoprendo le regole che descrivono i movimenti di un criminale è possibile ricostruirne le mosse e addirittura prevederle. Registrando su una mappa i luoghi dove il killer aveva ucciso e facendo una serie di ipotesi sulle regole seguite durante i suoi attacchi, il matematico scoprì da quale “casella” era partito per colpire le sue vittime, individuandone il domicilio.

Perché il titolo Numeri assassini? I numeri sono davvero così pericolosi?

Se fossi solo un matematico mi sarei limitato a raccontare i casi in cui i numeri vennero usati per risolvere i crimini. Da prestigiatore, mi sono divertito a confondere le acque con un capitolo in puro stile hard boiled, dedicato ai numeri che uccidono. Film, romanzi e leggende metropolitane parlano da sempre di numeri letali. Il primo numero a uccidere fu la radice quadrata di due. All’epoca di Pitagora si conoscevano solo i numeri razionali. Quando Ippaso scoprì che la radice di due era irrazionale e lo rivelò pubblicamente, violò una delle regole della scuola pitagorica: venne esiliato e morì durante un naufragio. Qualcuno disse che gli dèi lo avevano punito per la sua scoperta. Più di recente, Georg Cantor finì in un ospedale psichiatrico studiando un numero chiamato alef; trattandosi di una quantità che fa riferimento all’infinito, c’è chi ritenne la sua follia una punizione divina. Per non parlare della leggenda metropolitana sul numero telefonico che uccide tramite un ultrasuono letale!

Ultimamente si fa un gran parlare del 2012 e di una profezia maya sulla fine del mondo: un altro numero che uccide?

È l’ultimo di una serie di numeri che abbaiano... ma non mordono! In realtà, studiando la cultura dei Maya, e in particolare la loro matematica, si scopre che la sua leggenda ha molti punti in comune con il timore covato per l’anno 2000. Se dovessimo usare la numerazione maya, la data del 21 dicembre 2012 si scriverebbe “13.0.0.0.0”. La febbre per la fine del mondo nasce dall’abbondanza di zeri! Tutte le altre paure, relative a cataclismi, terremoti e catastrofi, sono la solita minestra riscaldata, buona per tutte le “date tonde”. All’argomento ho dedicato il mio libro 2012 È in gioco la fine del mondo (Iacobelli 2010), un saggio storico che mescola alla divulgazione una serie di scherzi crudeli con cui terrorizzare i propri amici – convincendoli che il mondo finirà davvero; credo che l’ironia sia il migliore antidoto alla paura!

Quali sono i progetti “matemagici” su cui stai lavorando?

Ho da poco completato la decifrazione e la mappatura di un testo del Seicento che si intitola Il Laberinto. Si tratta di un curioso libro interattivo che consente di presentare un sofisticato gioco di lettura del pensiero. Il trucco si basa su un ingegnoso trucco matematico, mai scoperto prima. Si tratta di una specie di Ipad seicentesco, decorato da xilografie da “cliccare” idealmente per passare da una pagina all’altra. Con gli studenti di informatica sarà interessante analizzare il “grafo” che lo fa funzionare, e lo stimolo partirà da una classica domanda da esoterismo pop: in che modo un uomo poté concepire un libro che funziona come un sito web, 400 anni prima della nascita di Internet?

Tutti i post sono distribuiti con Licenza Creative Commons BY-NC-SA 4.0