Orson Welles (1915-1985) avrebbe compiuto oggi 98 anni. In un’intervista di Kenneth Tynan, pubblicata nel 1967 su Playboy, Welles parla dei propri presunti poteri di chiaroveggenza e dell’idea che “è la fede stessa a creare la sua propria veridicità.”

Kenneth Tynan, “Playboy Interview: Orson Welles” in Playboy (marzo 1967).

Molti dicono che hai poteri di chiaroveggenza. Lo confermi?

Beh, se la chiaroveggenza esiste, di sicuro ne sono dotato; e se non esiste, ho certamente quella cosa per la quale viene scambiata. Mi è capitato di predire il futuro in modi a volte sensazionali – e tenete conto che odio gli indovini. Sono degli impiccioni, una minaccia e una presa in giro del libero arbitrio – una degli aspetti più importanti della vita umana.

Una volta facevo l’indovino a Kansas City, lavoravo in uno stand in un teatro locale. Come illusionista part time, avevo incontrato diversi maghi malavitosi e imparato i trucchi dei veggenti professionisti. Avevo un appartamento in un quartiere a buon mercato, su cui avevo fissato un cartello – 2 DOLLARI A SEDUTA – e ogni giorno indossavo il turbante e facevo l’indovino. In un primo momento ho sfruttato la cosiddetta “lettura a freddo”, un termine tecnico che definisce quelle cose che dici alla gente con l’obiettivo di impressionarle e far loro abbassare la guardia, in modo che siano loro a parlare di se stessi. Una tipica lettura a freddo consiste nel dire che qualcuno ha una cicatrice sul ginocchio. Tutti abbiamo una cicatrice sul ginocchio, perché tutti siamo caduti da bambini. Un altro consiste nel dire tra i 12 e i 14 anni c’è stato un grande cambiamento nell’atteggiamento verso la vita. Negli ultimi due o tre giorni di attività, smisi di usare questo trucco e mi limitai a chiacchierare con i miei clienti. Arrivò una donna che indossava un abito chiaro. Appena si sedette, le dissi: «Hai appena perso tuo marito», e lei scoppiò in lacrime. In quell’occasione credo di aver visto e dedotto cose che la mia mente cosciente non aveva registrato. In realtà, mi ero limitato a dire la prima cosa che mi era venuta in testa, e ci avevo preso.

Quindi ero sulla buona strada per contrarre la principale “malattia professionale” dell’indovino, che consiste nell’iniziare a credere in se stesso, per poi diventare un vero e proprio sprovveduto. E questo è pericoloso.

Credi in Dio?

Posso non essere un credente, ma sono certamente religioso. In qualche strano modo, io accetto addirittura la divinità di Cristo. È l’accumulo di fede a creare la propria veridicità. Lo fa in senso junghiano, perché la fede può rendere vero qualcosa in un modo che è quasi reale come la vita stessa. Se mi chiedete se il giudeo che fu crocifisso era Dio, la risposta è no. Ma l’idea giudaico-cristiana che trovo irresistibile è che l’uomo – non importa quali antenati abbia avuto o quanto il suo patrimonio genetico sia distante da quello di qualsiasi scimmia assassina – è davvero unico. Se siamo capaci di amore reciproco gratuito, questo ci rende assolutamente soli, come specie, su questo pianeta. Non c’è un altro animale che, in questo, ci assomiglia lontanamente. La nozione della divinità di Cristo è solo un altro modo per dirlo. Ecco perché il mito è vero. Nel più alto senso tragico, non fa che proporre in forma drammatica l’idea che l’uomo è divino.

Ma come si concilia questo con–

Per 30 anni le persone mi hanno chiesto come X si concilia con Y! La risposta sincera è che non si conciliano affatto. Tutto in me è contraddittorio, e lo stesso vale per tutte le persone che conosco. Siamo fatti di opposizioni, viviamo tra due poli opposti. C’è un filisteo e un esteta in tutti noi, e un assassino e un santo. Non si conciliano gli opposti. Al massimo puoi rilevarli.

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