L’equilibrio tra Mente e Cuore è un obiettivo verso cui spingono guru, filosofi e leader religiosi – e molto più raramente gli scienziati. Bilanciare cultura umanistica e discipline scientifiche è un buon modo per armonizzare i due emisferi del cervello, intuito e ragione, ingegno e sregolatezza. In tanti lo predicano, ma raramente l’idea è sostenuta da un buon esempio pratico.

Ecco una storia curiosa e avvincente, che inizia in Costa Azzurra e si conclude a Stoccolma: coinvolge dischi volanti, un vecchio IBM e una valigia che fa il giro del mondo, e mostra quanto Mente e Cuore possano arricchirsi vicendevolmente.

L’artista: Jean Cocteau (primo passo)

È il 1954. Jean Cocteau e Aimé Michel stanno sorseggiando un Pastis nella villa Santo Sospir a Saint-Jean-Cap-Ferrat.

Parco di villa Santo Sospir a Saint-Jean-Cap-Ferrat.

Parlano di dischi volanti, un argomento di cui Michel è appassionato. Uno dei ritratti di Cocteau ricorda le costellazioni: unendo tra loro alcuni punti, egli ha ricavato l’immagine di un volto.

Jean Cocteau, “Orphée aux yeux perlés”, 1950.

Da buon visionario, Cocteau osserva il ritratto e vi scorge una volta stellata. E nella mano che traccia la riga, la traiettoria di un velivolo. È la vocazione dell’artista: puro intuito. La sua ipotesi: i dischi volanti comunicano con noi tracciando disegni nei nostri cieli.

Rivolgendosi all’amico, Cocteau gli suggerisce:

Dovresti verificare se gli oggetti si muovono lungo certe linee, se stanno tracciando dei disegni, o qualcosa del genere. Dovresti cercare di scoprire, ad esempio, se i loro movimenti coincidono con le linee di forza magnetiche, o con qualsiasi altra struttura in modo significativo. (1) 

Lo scienziato: Aimé Michel (secondo passo)

Aimé Michel deve tradurre l’intuizione di Cocteau in un’ipotesi verificabile. È la vocazione dell’uomo di scienza – esprimere un’idea con il linguaggio della Natura: la matematica.

Il 24 settembre 1954 in Francia c’è un’improvvisa ondata di avvistamenti UFO. Michel prende un mappamondo, fissa uno spillo sulle città coinvolte (Bayonne, Lencouacq, Tulle, Ussel, Gelles e Vichy) e si accorge che sono allineate.

Ipotesi: gli avvistamenti UFO rilevati nell’arco di una giornata si dispongono in linea retta.

Battezzata con il nome di “ortotenia”, l’idea finisce su un libro che Michel intitola “Dischi volanti e il mistero della linea retta”. (2) 

Il giudice: Jacques Vallée (terzo passo)

Anche Jacques Vallée è uno scienziato. Con le sue conoscenze statistiche, è in grado di mettere alla prova l’affascinante ipotesi ortotenica. Nel 1962 raccoglie centinaia di avvistamenti in un rudimentale database su IBM 1620.

Non si limita a rilevare gli allineamenti: sa che essi si possono presentare per caso. Li confronta con quelli che emergono tirando semi di erba gatta su una mappa geografica. È la vocazione dello statistico: rilevare anomalie e valutare se sono (o meno) emerse per caso.

I numeri parlano chiaro: l’ipotesi ortotenica non regge. Innamorarsi della visione di Cocteau è il primo passo. Ammirare il rigore dell’ipotesi proposta da Michel è il secondo passo. Accettare che sia un’ipotesi sbagliata richiede un distacco non comune: è un terzo passo, ma non l’ultimo.

Il trickster: Erik Nordenankar (quarto passo)

Vedere in contrapposizione l’intuito di Cocteau e lo scetticismo di Vallée è banalmente limitante. I rispettivi contributi sono un gigantesco stimolo creativo, che Erik Nordenankar coglie al volo. L’epica surrealista di un pianeta su cui disegnare viene forse sfiorata dalla dimostrazione che – no, gli alieni non stanno comunicando con noi? Non si tratta, al contrario, di un invito a rimboccarsi le maniche e iniziare a disegnare noi terrestri? (3)  Nordenankar chiude in una valigia un GPS e programma una serie di spedizioni tramite corriere DHL, facendogli fare il giro del mondo e alcune giravolte attraverso 62 nazioni diverse. Raccontando l’impresa, l’artista svedese dirà:

La valigia divenne la mia penna, il mondo la mia tela. (4) 

Tracciando il percorso compiuto dalla valigia, nell’arco di 55 giorni Nordenankar realizza il più grande autoritratto del mondo:

Ma la vera natura di Nordenankar è quella del trickster, la cui vocazione è confondere, portare scompiglio e mettere a soqquadro. La vera opera dell’artista svedese è questo trailer, che documenta l’impresa nei dettagli:

Come rivela Matthew Moore sul Telegraph qualche giorno dopo, non c’è alcunché di vero nel video. (5)  Nessuna spedizione, nessun coinvolgimento della DHL, nessun dispositivo GPS. Solo una buona idea, con cui iniettare di meraviglia la Rete e suggerire una contaminazione insolita. La performance di chi sa compiere il quarto passo.

Cocteau ha un’intuizione poetica irresistibile. Michel la inquadra matematicamente nel migliore dei modi. Vallée ne mostra l’inconsistenza con onestà cristallina. Solo cogliendo il genio in ciascuno Nordenankar può adoperarsi per fare hacking della realtà e portare a compimento – con l’illusione – un’intuizione troppo bella per essere falsa.


Note

1. Aimé Michel, Flying Saucers and the Straight-Line Mystery, Criterion Books, New York 1958, p. 51.

2. Aimé Michel, op. cit..

3. Così ragionano anche i circlemakers: nell’attesa che siano gli alieni a tracciare i cerchi, perché non cominciare noi terrestri?

4. Erik Nordenankar, “Biggest Drawing in the World”, YouTube, 15.5.2008. Ringrazio Davide Brizio per la segnalazione.

5. Matthew Moore, “’Biggest drawing in world’ revealed as hoax” The Telegraph, 27.5.2008.

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