Quasi un secolo prima dell’Uomo Ragno, Thur l’uomo mosca cammina a testa in giù nei teatri. Nell’epoca del “magnetismo animale” si ipotizza che l’artista usi i piedi come due calamite. Ma il giornale La salute dissente: il trucco non è di natura magnetica ma pneumatica.

Il libero pensiero. Giornale dei razionalisti. N. 13, 31 marzo 1870, p. 201. (LEGGI QUI il periodico di Luigi Stefanoni)

Lo descriveranno nei dettagli Albert Allis Hopkins e Henry Ridgely Evans in Magic (1897), uno dei libri magici con le illustrazioni più belle mai realizzate (LEGGILO QUI). La ricca collezione di divertimenti fisici e trucchi da palcoscenico include la performance di Aimée, “la mosca umana”, che a Londra e dintorni presentava la stessa illusione di Thur. Evans illustra con dovizia di particolari il dispositivo fissato alla suola delle scarpe della donna, basato su due potenti ventose; un sofisticato meccanismo metallico faceva in modo che uno dei due piedi si potesse sempre liberare per compiere un passo, facendo “sfiatare” la ventosa. Ecco la performance della mosca umana inglese:

Per offrire una superficie calpestabile completamente liscia, viene appeso al soffitto un pannello di sette metri e mezzo, all’inizio del quale è fissato un trapezio circense. La superficie inferiore del pannello viene trattata con della vernice, levigata e lucidata. L’artista – nota come Aimée, la mosca umana – ha degli agganci pneumatici fissati alla suola delle scarpe. Seduta sul trapezio rivolta verso il pubblico, fa leva sulle braccia sollevando i piedi fino ad appoggiarli al pannello. Essi vi aderiscono sfruttando la pressione atmosferica. Lasciando il trapezio, resta fissata a testa in giù come nell’illustrazione.

Facendo passi molto brevi, che non superano mai i 20 centimetri, percorre poco alla volta tutta la lunghezza del pannello camminando all’indietro. Quindi si volta lentamente, a minuscoli passi, per tornare indietro – sempre voltata di spalle. Al termine del percorso, la performance si conclude.
Per proteggersi da eventuali incidenti, sotto il pannello è fissata una rete. L’artista è già caduta diverse volte, ma sempre senza gravi conseguenze. Ha sviluppato una certa tecnica di caduta, perché se l’impatto sulla rete si scaricasse interamente sulla spina dorsale, il danno potrebbe essere molto grave. (1) 

Devo a quel segugio di Mauro Ballesio la segnalazione della descrizione di Evans, individuata dopo aver letto il ritaglio su Thur.


Note

1. Albert Allis Hopkins e Henry Ridgely Evans, Magic, Stage Illusions and Scientific Diversions including Trick Photography, Sampson Low, Marston & Co., London 1897, p. 144.

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