Esce in questi giorni Inside Out, film d’animazione di Peter Docter prodotto dalla Pixar e distribuito dalla Disney. La trama è semplice e intrigante: come suggerisce il titolo, la vita quotidiana di una bambina viene raccontata alternativamente da fuori e da dentro: una serie di zoom all’interno del suo cervello mostrano la psiche della piccola, “incarnata” in un gruppo di emozioni che prendono le decisioni discutendo tra loro. Gioia, tristezza, rabbia, paura e disgusto sono rappresentati da altrettanti pupazzi colorati, concretizzando – agli occhi degli spettatori – il flusso disordinato di pulsioni che guidano ogni scelta della protagonista.

Spiegando l’unanime consenso dei critici, su MyMovies la sempre attenta Marzia Gandolfi sottolinea gli importanti “risvolti teorici” del cartone animato:

I personaggi, realizzati con tratti essenziali che permettono di coglierne la natura profonda (rotonda, esile, spigolosa), emergono l’aspetto intangibile del processo conoscitivo dentro un film perfettamente riuscito, che ricrea la complessità e la varietà dell’animazione senza infilare scorciatoie tecniche o narrative. [...] Il segreto della Pixar non risiede nell’abilità tecnica, sempre raggiungibile o perfezionabile, ma nella forza drammatica delle loro storie. Storie che non abdicano mai l’originalità narrativa. Prima un bel soggetto, a seguire la scelta grafica, sempre coerente con quella narrativa che tende a semplificare la superficie e mai la sostanza.

Un inconscio popolato da cinque componenti emotive sovverte efficacemente la visione manicheistica di un individuo scisso tra due istanze etiche – il Bene e il Male spesso ritratti sulle spalle del malcapitato in forma di angelo e diavolo.

Ma come si concilia tanta finezza narrativa con un Mercato pronto a fagocitare ogni cosa per piegarla al profitto? Quanta innocenza c’è nell’operazione Pixar/Disney? Per guarire da una visione ingenua del fenomeno basta uno sguardo all’interesse espresso per i suoi personaggi da marchi come Fiat, Carrefour e Unipol-Sai. Alessandro Cellurale di Disneymedia+ ha spiegato che:

“Inside Out” racconta le Emozioni con la magia e l’incredibile storytelling che contraddistinguono l’heritage Disney. Questi sono i valori che creano empatia con il pubblico, riuscendo a raggiungerlo e, appunto, ad emozionarlo.

È sfruttando tale leva che i produttori offrono alle aziende il diritto di utilizzare i cinque pupazzi per pubblicizzare automobili, assicurazioni e prodotti da scaffale. Ma in gioco c’è molto più della semplice simpatia dei vari testimonial; siamo di fronte a un cambio di paradigma: se le classiche tecniche di “neuromarketing” sono costrette a riferirsi a vaghe pulsioni comportamentali – rilevate tramite analisi elettroencefalografiche e risonanze magnetiche funzionali – Inside Out offre ai pubblicitari cinque personaggi immediatamente riconoscibili, infinitamente manipolabili e da noi percepiti direttamente nel nostro inconscio. Quando in uno spot il gruppo esprime all’unanimità il desiderio di acquistare un aspirapolvere, a chi appartiene quella psiche? Una comunicazione pubblicitaria del genere non parla al cervello, ma fa parlare direttamente il cervello: invece di mirare a noi come a un bersaglio, il messaggio promozionale finge di provenire direttamente dal nostro inconscio, “rivelandoci” (in realtà “iniettandoci”) ciò che desideriamo.

Se questa è la natura dei desideri che intendono installarmi, allora preferisco la follia di Elliot Alderson, il protagonista di “Mr. Robot”. La serie si basa sul flusso ininterrotto della sua voce interiore, ma i deliri paranoici del protagonista suonano tutt’altro che malati; quando la psicoterapeuta gli chiede che cosa lo deluda della società, Elliot riflette tra sé e sé:

Oh, non saprei. Forse il fatto che fossimo tutti convinti che Steve Jobs fosse un grand’uomo nonostante sapessimo che faceva miliardi sfruttando i bambini? O forse il fatto che sembra che tutti i nostri eroi siano dei falsi. Tutto il mondo non è che un grande imbroglio. Ci sommergiamo l’un l’altro di spazzatura, propinandoci cronache incentrate su cazzate spacciandole per verità e usiamo i social media come surrogato dell’intimità. O forse è il fatto che abbiamo anche votato per avere tutto questo? E non parlo delle elezioni truccate, ma delle cose che abbiamo, delle nostre proprietà, dei nostri soldi. Non sto dicendo nulla di nuovo. Sappiamo bene perché facciamo così. Certo non perché i libri degli “Hunger Games” ci rendono felici... ma perché vogliamo essere anestetizzati. Perché è doloroso non fare finta, perché siamo dei codardi. (1) 

Ma la follia non è l’unico antidoto alla sussunzione di ogni cosa al Capitale. Un’altra contromossa all’intrusione del Mercato nella nostra mente, per tramite dei cinque pupazzi Disney, è il redub: l’azione consiste nel sostituire la traccia audio di un filmato o aggiungergli dei sottotitoli che veicolino messaggi devianti rispetto agli originali. Il più noto détournement di questo tipo si chiama “Downfall” (o anche “Hitler Finds Out…”). Ne sono state contate più di 140 versioni ed è stato fatto sul film Der Untergang (2004), deviando una sfuriata di Adolf Hitler sugli obiettivi più vari – dalla Microsoft a Twitter, da Usain Bolt a Barack Obama.

Togliendo l’audio a questo spot pubblicitario:

ho immaginato il rosso Rabbia lamentarsi del fastidioso ruolo di marionetta cui è relegato («E tutto per vendere una dannatissima automobile!!!») e proporre agli altri di interrompere quello strazio di spot televisivo. Il viola Paura si unisce al compare: «Temo che, se non poniamo fine in fretta a questa pagliacciata, qualcuno crederà davvero che un’auto nuova sia indispensabile per essere felici.» Da qui un’azione coordinata di sabotaggio, che si conclude con il trionfo collettivo: «Ce l’abbiamo fatta! Ancora pochi istanti e ’sta pubblicità trista e nera avrà fine...» Rabbia si concede un tuffo in poltrona, iniziando il conto alla rovescia: cinque secondi e il nastro si interrompe davvero. Potenza di una psiche disobbediente.


Note

1. Mr. Robot 1x01.

Tutti i post sono distribuiti con Licenza Creative Commons BY-NC-SA 4.0