Il sito Geocaching.com offre un database di piccoli tesori sepolti o nascosti in giro per il mondo.

Il meccanismo è semplice: chi vuole “trovare” uno degli oggetti nascosti (chiamati cache) può sceglierne uno indicando le proprie coordinate geografiche; automaticamente un motore di ricerca segnala quale sia la cache più vicina in linea d’aria e fornisce indizi per ritrovarla. Ma il sito è dedicato anche a chi desidera “nascondere” (e registrare) una cache: è possibile, infatti, caricarne una fotografia e le coordinate GPS, per consentire a qualcun altro di mettersi sulle sue tracce. Geocaching.com si propone, dunque, come interfaccia tra chi nasconde piccoli tesori nel mondo reale e chi vuole trovarne uno: i primi provvedono a caricare sempre nuove cache nel database, mentre i secondi – i veri e propri “giocatori” – riferiscono di solito sul proprio blog di aver trovato l’uno o l’altro oggetto curioso, nascosto chissà da chi.

Era l’estate del 1985 quando ebbi l’idea di nascondere un piccolo tesoro per i posteri. Ogni 2 agosto, dopo un pranzo sulle colline dietro il Santuario di Belmonte, i miei genitori ci acquistavano un anello di alluminio con l’immagine della Madonna.

Io e mia sorella. Si nota l’anello al dito destro.

Al termine di quelle vacanze, prima di ritornare a scuola, chiusi il mio anello e quello di mia sorella in una (poco Ermetica, nei due sensi) confezione di formaggini Galbani, che sigillai con un po’ di scotch e seppellii in una buca – non prima d’aver tracciato una sommaria mappa del cortile della casa di Torre Canavese, senza commettere l’ingenuità di indicare con una X il punto dove scavare, e piuttosto indicando quanti passi avrei dovuto fare dal Grande Albicocco della zia per ritrovarlo.

Vent’anni più tardi, il 14 agosto 2005, come in tutti i romanzi la mappa era andata perduta. Ricordavo vagamente l’area in cui poteva trovarsi il mio piccolo tesoro, e cominciai a scavare.

Le speranze di ritrovare qualcosa diminuivano con l’allargarsi della zona di scavo. Ero sul proverbiale punto di smettere, quando vidi un pezzo di plastica rotondo che tanto ricordava i vecchi formaggini.

La scatola della Galbani, vent’anni dopo.

Beh, fu una bella sorpresa.

In quell’istante si accese il sole, e mi tornò in mente il fascio di luce che inonda il giovane Semola quando – nel cartone animato Disney – estrae emozionato la spada dalla roccia.

Questo l’anello “mariano” divorato dal tempo.

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