Se i dischi volanti viaggiano in linea retta, non dovrebbero anche gli avvistamenti UFO disporsi lungo corridoi rettilinei?
Da sempre l’uomo vede in cielo oggetti luminosi che non è in grado di riconoscere: le cronache dell’autore latino Giulio Ossequente, vissuto nel IV sec. d.C., riferiscono di avvistamenti di oggetti infiammati dalla forma di lance avvenuti in epoche remote, sin dal 500 a.C. Il suo Libro dei prodigi è una curiosissima raccolta di fatti strani, molti dei quali riferiti proprio a fenomeni celesti che gli antichi non erano in grado di spiegare.
Tale fenomenologia si è riproposta in ogni epoca, ma bisogna aspettare il 24 giugno 1947 perché nasca ufficialmente quella disciplina che oggi è chiamata “ufologia”: quel giorno, un ricco uomo d’affari americano, Kenneth Arnold, racconta di aver visto dal proprio aereo privato almeno nove oggetti a forma di disco librarsi in formazione nei pressi del monte Rainier, nello stato di Washington. Immediatamente ripreso dalla stampa popolare, questo avvistamento porta all’attenzione dell’opinione pubblica di tutto il mondo il fenomeno degli oggetti volanti non identificati, chiamati UFO dall’acronimo inglese Unidentified Flying Objects.
Per diversi anni, le segnalazioni di UFO sono piuttosto sporadiche e sempre caratterizzate da caratteristiche comuni: l’oggetto fa la sua comparsa, viene avvistato e poco dopo sparisce, senza lasciare alcuna traccia. Questa imprevedibilità rende difficile un approccio scientifico alla materia: i primi a voler indagare su questi oggetti sono costretti ad affidarsi alle testimonianze di chi li ha osservati, senza mai poter accedere alla “materia prima” delle loro indagini. Come fa notare con una certa arguzia Charles Harvard Gibbs-Smith, lo studio degli UFO sembra un argomento per gli avvocati molto più che per gli scienziati, perché riguarda le testimonianze di chi vide alcuni oggetti e non gli oggetti stessi.
Il primo a suggerire un metodo per affrontare in modo matematico il fenomeno è un ricercatore francese, Aimé Michel (1919-1992). Siamo nell’autunno del 1954.
Lo studioso francese Aimé Michel (1919-1992)
Nel mese di settembre 1954 la Francia è teatro di una serie crescente di avvistamenti di oggetti volanti non identificati. Aimé Michel si trova in Costa Azzurra, nella splendida villa del poeta Jean Cocteau a Saint-Jean Cap Ferrat.
La Villa Santo-Sospir di Jean Cocteau a Saint-Jean Cap Ferrat
La conversazione tra i due cade sulle recenti segnalazioni che Michel sta pazientemente catalogando. Il poeta ha un’idea:
Dovresti vedere se questi oggetti si muovono lungo alcune linee, se stanno tracciando qualche disegno, o qualcosa del genere. Potresti cercare di scoprire se i loro movimenti coincidono in modo significativo con le linee magnetiche di forza, o con qualche altra linea.
Cocteau è un artista visionario, che riconosce negli UFO un tentativo, da parte di forze superiori, di mettersi in contatto con noi terrestri; è naturale per lui cercare di intuirne i messaggi leggendoli nelle traiettorie da loro descritte nel cielo, come se si trattasse di tratti eseguiti con la china su un gigantesco foglio da disegno.
Profilo di Orfeo (Jean Cocteau)
Nonostante la sua mentalità più vicina alla scienza, Aimé Michel si lascia ispirare dalle parole del poeta: inizia quindi a segnare, su una mappa della Francia, tutte le località presso cui sono segnalati avvistamenti, alla ricerca di un “disegno” globale.
Seppure queste siano sparse piuttosto uniformemente su tutto il territorio francese, a tratti emergono delle regolarità che lo impressionano molto: alcuni punti sono allineati tra loro, a suggerire che i vari avvistamenti seguono la traiettoria di un oggetto che viaggia in linea retta. Il ricercatore capisce che è un momento storico per l’ufologia, e quattro anni più tardi, nel suo libro Misteriosi oggetti celesti (1958) scriverà:
Dal 17 settembre 1954 in poi, il fenomeno degli UFO iniziò a perdere quella fatale caratteristica di unicità – fatale perché essenzialmente antiscientifica, costituendo un serio ostacolo per gli studi. Ciò che emerse fu qualcosa che non era più soggetto all’incertezza della testimonianza umana; qualcosa che poteva essere esaminato, studiato ed analizzato attraverso rigorosi metodi scientifici. A questo ’qualcosa’ diedi il nome provvisorio di ortotenia.
Il termine deriva dall’aggettivo greco orthoteneis, che significa “disposto su una linea retta”. Nell’ambito degli UFO, una serie di avvistamenti che si disponessero lungo una retta potrebbero suggerire l’esistenza di qualche stimolo visivo che si manifesta su una traiettoria lineare.
Aimé Michel, Flying Saucers and the Straight-Line Mystery, Criterion Books, New York, 1958.
Con l’introduzione di questa ipotesi, l’ufologia si dotava della possibilità di esaminare matematicamente i punti disposti su una mappa, per valutare se gli allineamenti rilevati fossero dovuti al caso o se invece suggerissero l’esistenza di “qualcosa” che viaggia linearmente e che quindi viene avvistato lungo “corridoi” privilegiati.
Trovare qualche allineamento non basta: anche scegliendo a caso alcuni punti, questi potrebbero disporsi lungo linee rette. Dobbiamo quindi confrontare gli allineamenti riscontrati con quelli che si verificherebbero su una mappa popolata casualmente; in altre parole, dobbiamo fare i conti con la “mappa media” (che chiameremo Mediomap), la mappa i cui punti sono distribuiti in modo del tutto casuale.
È Alexander D. Mebane il primo a proporre un confronto del genere, utilizzando una mappa della costa orientale degli Stati Uniti su cui ha riportato 27 avvistamenti avvenuti il 6 novembre 1957. I computer non sono ancora accessibili al grande pubblico, e quindi l’esperimento da lui suggerito è piuttosto artigianale, ma non meno efficace:
Chiunque abbia tempo e pazienza sufficienti, può provare a contare le linee pseudo-ortoteniche che si presentano in un gruppo di punti scelti casualmente. Per farlo, sparpagliate su un foglio di carta piatto dei piccoli semi alla rinfusa.
Si tratta del modo più veloce per realizzare una mappa casuale. Una volta fissati tali punti, bisogna tenerne traccia con un pennarello e collegarli due alla volta con un righello, verificando se i segmenti così tracciati incrociano altri punti. Alla fine si contano gli allineamenti ottenuti casualmente in questo modo, tenendo nota di quanti siano gli allineamenti di 3 punti 4 punti, 5 punti, eccetera.
Il procedimento va ripetuto più volte, per poter fare la media dei risultati ottenuti nel corso dei vari tentativi, arrivando così a definire quanti allineamenti si presentino casualmente sulla mappa media.
Attraverso questo lungo e complicato procedimento, da lui effettuato con semi di erba gatta, Mebane mette a confronto gli allineamenti della mappa statunitense e quelli della Mediomap, ottenendo questi risultati:
2 punti | 3 punti | 4 punti | 5 punti | |
27 avvistamenti del 6 novembre 1957 | 278 | 17 | 2 | 1 |
27 punti casuali sulla Mediomap | 252 | 25 | 4 | 0 |
Un semplice test statistico rivela che non esistono “allineamenti privilegiati” tra gli avvistamenti americani del 6 novembre 1957, perché è minima la differenza tra i risultati ottenuti sulla mappa e quelli ottenuti sulla Mediomap.
(continua)
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