Le Memorie di Casanova vanno lette con cautela, trattandosi del racconto di un uomo che allestisce la propria leggenda. Nel 1774 a Trieste sfida a carte Irene Rinaldi e perde. Ferito nell’orgoglio, assicura di aver capito tutto: Irene aveva barato e lui magnanimo l’aveva lasciata vincere. “Una bella donna se lo merita, no?” sembra suggerire.

Dietro la messa in scena, il testo rivela altro: il fastidio per la sfrontatezza di Irene, la fascinazione per la sua destrezza, l’irritazione quando lei nega l’evidenza; Casanova appare inquieto davanti a una donna capace di maneggiare il rischio e il gioco meglio di lui.
Questa miscela di attrazione e turbamento non poteva non attirare i pittori. Come mostra Antonella Fenech in “Tricheuses!” (1) , le giocatrici che barano sono spesso dipinte per coinvolgere noi che guardiamo, invitandoci – con gesti minimi e sguardi “in camera” – a diventare complici del raggiro.
In “Joueurs de cartes” di Gabriel Metsu emerge la sorellanza: una gioca, l’altra le rivela le carte dell’avversario tramite uno specchio; ma osservando meglio si nota che lo specchio è inclinato per mostrare le carte soprattutto A NOI.

“Joueurs de cartes” di Gabriel Metsu.
Nell’omonima opera di Lucas de Leyde una giocatrice ci fissa indicando il mazzo, come per invitarci a pescarne una. Intanto, scrive Fenech, “solleva la sua carta di cuori (allusione al potere femminile)” mentre un uomo alle sue spalle tenta di sfiorarle il seno. La donna a destra appoggia la mano sul petto del giocatore: neanche quel gesto è innocente, perché la posizione delle dita rivela (a noi e all’altra donna) il valore delle carte sbirciate.

“Joueurs de cartes” di Lucas de Leyde.
Nella Taverna di Nicolas Régnier una donna ci guarda negli occhi e ci mostra le sue carte, mentre la compagna sbircia quelle dell’uomo accanto e ne segnala il valore.

La taverna di Nicolas Régnier.
Le donne che barano, osserva Fenech, non sono dipinte per essere giudicate ma come abili registe del visibile. Le loro mosse trasformano la scena in un gioco di sguardi che coinvolge anche chi osserva: attratt3 dagli ammiccamenti, cogliamo ciò che sfugge agli altri personaggi e diventiamo parte dell’inganno. È questa regia del rischio a sedurre: la capacità delle giocatrici di governare il visibile e incrinare ogni certezza.
1. Antonella Fenech, “Tricheuses! Jeux de regards dans la peinture de la première modernité”, Clio, 56 | 2022, 93?114.
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