Incantamenta Romana è un invito a scoprire la città di Roma attraverso un dedalo di incantagioni e suggestioni mentalistiche, nell’ottica di una deriva sulle tracce di storie dimenticate e sconcertanti: la raccolta degli appunti di viaggio dell’illusionista e scrittore Mariano Tomatis, stilati nell’ambito del Progetto Mesmer.

Protagonista di questa terza puntata è un orologio magico che nel Seicento era esposto nel “museo delle meraviglie”, installato presso il Collegio Romano da uno degli illusionisti più stupefacenti dell’Età Barocca.

In fuga dalla guerra dei trent’anni e sulla strada per Roma, nel 1633 Athanasius Kircher aveva presentato il suo orologio magico durante uno spettacolo privato ad Aix-en-Provence. Avendo preso i voti come gesuita, rifiutava di farsi chiamare “mago” – sebbene le sue dimostrazioni ricordassero molto quelle degli imbonitori da piazza. Il religioso era un prestigiatore sui generis; grande esperto di magnetismo e di orologi solari, aveva da poco realizzato ad Avignone un oggetto apparentemente impossibile: una meridiana… indoor! A metterla in funzione era un complicato sistema di specchi, studiato per deviare i raggi del sole sulla sua superficie. L’orologio magico presentato ad Aix andava un passo oltre: non solo si basava sul sole e funzionava al chiuso, ma segnava l’ora giusta anche di notte o quando il cielo era nuvoloso. Secondo il gesuita, l’orologio funzionava grazie alla radice di un particolare girasole che cresceva in Oriente; lui se n’era procurato un esemplare tramite un misterioso uomo arabo incontrato nel porto di Marsiglia. A differenza del fiore, che si inclinava verso i raggi solari dall’alba al tramonto, la radice subiva l’attrazione del sole a qualunque ora e vincendo qualsiasi ostacolo – fosse esso un muro o una nuvola.

Rappresentazione simbolica dell’orologio botanico tratta dal libro di Athanasius Kircher Magnes (1641).

Trattandosi di uno strumento portentoso su cui gravava il sospetto di una truffa, l’acceso dibattito sul suo funzionamento coinvolse i maggiori intellettuali dell’epoca – da Galileo Galilei a Cartesio: anche se si fosse trattato di un gioco di prestigio, i suoi risvolti filosofici, scientifici e teologici andavano ben oltre la questione del trucco. Di lì a pochi anni, “l’orologio botanico” – come lo chiamò Athanasius Kircher – sarebbe diventato uno degli oggetti più sconcertanti del “museo delle meraviglie”, installato a Roma nelle gallerie del Collegio Romano; in un libro, inoltre, il gesuita avrebbe spiegato come realizzarne in casa un esemplare perfettamente funzionante.

Il Museo Kircheriano. Frontespizio dal catalogo curato da Giorgio De Sepe (1678).

Se potessimo viaggiare nel tempo fino alla Roma del Seicento, entrare nel Museo Kircheriano e ignorare gli animali impagliati, gli obelischi egizi e le curiosità naturali ammassate in ogni dove, troveremmo un tavolo installato in corrispondenza di una finestra. Su un grande quadrante che indica le ore del giorno è appoggiata una bacinella circolare al cui centro è fissato un disco di sughero. Galleggiando sull’acqua, il sughero può ruotare senza allontanarsi dal centro. Sulla sua superficie è fissato un pezzo di radice di girasole e una lancetta metallica. Quando se ne modifica l’orientamento in modo casuale, il disco tende a riprendere la direzione originale grazie all’azione della radice, facendo in modo che la lancetta punti sempre verso l’ora giusta. Padre Athanasius Kircher, curatore del museo e inventore del meccanismo, ha fissato al disco di sughero un cerchio di carta su cui si leggono alcuni nomi di città; così equipaggiato, l’orologio non indica solo l’ora locale ma anche quella di paesi lontani: considerando ciascun nome come una lancetta, esso punta verso l’ora in corso nella rispettiva città.

L’orologio botanico nasconde un trucco? Esiste un collegamento tra la condanna di Galileo del 1633 e l’opportunità di svelare il segreto della magica radice, scoperta a Marsiglia lo stesso anno? A quali verità cosmologiche allude quel prodigio, oggetto in quegli anni di un dibattito pericolosamente sul filo dell’eresia? Interrogarsi su tali questioni ci porta in piazza del Collegio Romano, alle soglie di un edificio le cui gallerie sono state da tempo svuotate di un patrimonio illusionistico che non ha eguali.

Facciata esterna del Collegio Romano nell’omonima piazza di Roma (particolare).

I reperti sopravvissuti alla chiusura del Museo Kircheriano sono oggi sparsi in diversi musei romani: sono pezzi accomunati da un certo valore artistico o archeologico ma nessuno presenta quello scarto ingannevole che trasformava la visita al Collegio Romano nell’esperienza illusionistica più complessa e raffinata che mente umana abbia mai concepito. Se possiamo ricostruire nei dettagli l’aspetto di quei macchinari sorprendenti e di quel mirabile teatro simbolico lo dobbiamo al minuzioso catalogo stilato da Giorgio De Sepe nel 1678, scritto affinché

ai posteri giungesse notizia degli oggetti contenuti.

E allora, addentriamoci insieme nelle sue sale, sopravvissute solo in forma di parole ma ancora in grado di toglierci il fiato. [...]

L’indagine completa sarà disponibile su un volume di prossima pubblicazione.

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