È online la relazione che ho presentato sabato 12 novembre durante il convegno dedicato alla numerologia I conti non tornano. Il fascino dei numeri tra scienza e mistero organizzato dal Cicap. Intitolata “Come usavamo i numeri per leggere nel pensiero quattro secoli fa” e dedicata a Il laberinto di Andrea Ghisi, la relazione – comprensiva di testo e slide – può essere vista cliccando sull’immagine qui sotto:

Il primo libro che consente di leggere nel pensiero è italiano. Realizzato nel 1607 da un nobile italiano, Andrea Ghisi, si intitola Il laberinto. Il testo implementa un gioco di prestigio basato su un sofisticato procedimento matematico. Dimenticato per secoli, il libro è stato riscoperto nel 2008 da Vanni Bossi, ma a causa della prematura scomparsa dello studioso lombardo, l’analisi del libro è stata lasciata a metà. Data l’estrema rarità del libro, sono stati necessari quasi tre anni prima che fosse possibile recuperarne una copia. Dopo essersi lanciato sulle sue tracce, Mariano Tomatis è riuscito a ottenerne una copia digitale. Ha dunque provveduto al suo restauro e ne ha realizzato una ristampa. Ricostruita la struttura del libro, Mariano ha condotto un’analisi approfondita dei meccanismi logici e numerici su cui si basa il suo funzionamento, arrivando alla ricostruzione di una mappa completa del Laberinto. Il volume è composto da 1260 immagini, disposte in 60 gruppi per ciascuna delle 21 tavole, ognuna corrispondente a una lettera dell’alfabeto. Scelta mentalmente una figura, il libro conduce il lettore attraverso le sue pagine seguendo un percorso non lineare, che si divide in quattro a ogni tavola, creando una labirintica struttura ipertestuale. Diversi autori, incapaci di identificare uno schema logico che ne spiegasse la struttura, hanno concluso che il libro dovesse contenere qualche messaggio occulto e che dovesse essere utilizzato nell’ambito della cultura alchemica per la trasmissione di qualche codice segreto. In realtà, l’individuazione della sua struttura matematica occulta rivela una notevole sofisticazione, e in particolare svela le finalità per cui il libro venne realizzato: il suo contenuto “esoterico” consiste in un trucco da prestigiatore, grazie al quale era possibile “dimostrare” capacità telepatiche presso le corti italiane dell’epoca. Il lavoro di Andrea Ghisi si inserisce in una tradizione di “libri gioco” secenteschi il cui successo è testimoniato da numerose edizioni. La struttura ipertestuale era già presente in opere precedenti: diversi “libri delle sorti” la sfruttavano per consentire una lettura guidata dal lancio di alcuni dadi o dall’estrazione di carte da gioco; lo scopo era quello di ottenere risposte oracolari a domande sulla propria vita. Il libro di Ghisi trascende l’idea della lettura oracolare per proporre una procedura deterministica, che ha lo scopo di individuare un pensiero seguendo un percorso volutamente tortuoso, la cui complessità è legata alla classica misdirection dei giochi di prestigio.

Ne Il giardino dei sentieri che si biforcano, Jorge Luis Borges scriveva:

Ts’ui Pên disse qualche volta: “Mi ritiro a scrivere un libro”. E qualche altra volta: “Mi ritiro a costruire un labirinto”. Tutti pensarono a due opere; nessuno pensò che libro e labirinto fossero una cosa sola.

Il libro di Andrea Ghisi realizza in modo simbolico il sogno espresso dallo scrittore argentino.

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