Nessuno ha ancora ritrovato il Graal interpretando la sua immagine. Da qualche giorno, però, la “mappa del tesoro” contiene molti più dettagli. Merito di una serie di accadimenti che sembrano uscire dalle pagine di un romanzo.

Il pilone di Caraver, fotografato alla fine del 2011.

Barbara Ponte vorrebbe diventare madre, ma non riesce a rimanere incinta. Decide di formulare un voto: se avrà un figlio, farà restaurare il vecchio pilone di famiglia, di proprietà del suocero. Il Cielo la ascolta e nasce Marco Domenico.

Nel frattempo la notorietà dell’edicola votiva ha travalicato i confini del paese di Barbara. A Torre Canavese è noto come “pilone di Caraver”, per la regione in cui sorge, ma anche “pilone dei sette dolori”. I turisti lo conoscono, invece, come il “pilone del Graal”. La sua superficie è scrostata per più di metà, e la porzione sopravvissuta mostra San Giovanni Evangelista con un calice in mano. Un mio libro del 1996 lo descrive come una mappa del tesoro: interpretando lo sguardo del santo e le geometrie del disegno si potrebbe ritrovare il Santo Graal.

Nel 2006 la studiosa locale Barbara Romano dedica uno studio a Celerino Peller, autore nel 1896 dell’affresco sul pilone di Caraver. Alla fine dell’Ottocento il pittore aveva realizzato altre immagini in giro per il Canavese, pazientemente documentate nel libro a lui dedicato.

Nel 2012 Barbara Ponte decide di onorare il voto. Si rivolge a Cristian Galan, fine restauratore e profondo conoscitore della storia dell’arte religiosa e popolare. Il giovane rumeno procede dapprima a un vasto lavoro di ripulitura dell’affresco, riportando alla luce dettagli cancellati dal tempo e scoprendo – sotto la pittura – un’immagine precedente. L’aureola di San Giovanni è doppia: una appartiene al vecchio disegno, mentre la nuova è frutto di una pittura più moderna. Sui lati dell’immagine si scoprono tracce del colore originale del pilone: un giallo ocra, su cui erano stati aggiunti riquadri in finto marmo. L’analisi incrociata dell’immagine con le altre opere di Peller consente di ricostruire – frammento per frammento – l’immagine originale. Lo studio non si limita ai colori, ma si estende alle espressioni dei visi e alle grossolanità presenti nel tratto della mano di Peller. La grata antistante viene rimossa, il tetto sostituito e il basamento ripulito.

Il risultato, specie se confrontato con le condizioni del pilone documentate alla fine del 2011, è impressionante:

L’immagine di Maria Addolorata rivela un dettaglio che spiega lo strano nome con cui l’edicola votiva era nota in paese; il “pilone dei sette dolori” faceva riferimento alla “Madonna dei sette dolori”, nome con cui veniva chiamata tradizionalmente la Madonna ai piedi della croce. Uno dei suoi simboli era il cuore trafitto da sette spade.

Cristian traccia con il pennello l’ultima delle sette spade.

Il lavoro verrà completato con la realizzazione di due ulteriori santi sui lati del pilone: San Marco a sinistra, San Domenico a destra, in onore del giovane Marco Domenico – grazie a cui il notevole lavoro di restauro è stato intrapreso.

Pilone di Maria Addolorata, Torre Canavese (TO) – 1896 Celerino Peller, 2012 Cristian Galan.

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