Un aspetto della figura del mago mi ha sempre messo a disagio: il suo eroismo monodimensionale. Molti illusionisti offrono di sé un’immagine di onniscienza e infallibilità, di totale controllo della vita e della morte e di agevole accesso a un piano di conoscenza ultraterreno – tratti talmente caratteristici che pochi sono disposti a metterli in discussione. I dogmi sono pochi ma fermi: (1) i poteri magici collocano su un piano superiore, (2) un Ego ipertrofico è condizione necessaria per salire su un palco e l’immancabile (3) questo vogliono la ggente.

Ero sul punto di abbandonare la magia quando mi è finito tra le mani L’eroe imperfetto (Bompiani 2010) di Wu Ming 4 – il testo che ha maggiormente influito sulla virata militante del mio percorso artistico.

Ben dotato (sin dalla nascita) di una spontanea goffaggine, non ho mai vestito l’abito del mago con agio. Incrinando il monumento dell’eroe classico ed esplorando forme alternative di eroismo, Wu Ming 4 metteva in discussione quell’immagine di perfezione senza macchia, dicendomi implicitamente: essere maldestri ed essere maghi è del tutto compatibile.

«Non lo so.». Il mio EPIC FAIL al Piccolo Laboratorio di Magnetismo Rivoluzionario
Circolo ARCI “Il Mattatoyo” di Carpi (MO), 22 ottobre 2014.

Ne ho avuto conferma leggendo Mitocrazia (Alegre 2013) di Yves Citton – con la prefazione, ça va sans dire, di Wu Ming 1.

Cercando un tratto che possa caratterizzare chi si colloca a sinistra, l’autore lo trova proprio nella goffaggine (gaucherie). Secondo Citton, uno dei modi per contrapporsi all’arroganza tracotante della destra è quello di imparare a valorizzare in senso positivo ciò che è mal-destro. La realtà è troppo complessa per accontentarsi di analisi parziali, banalizzanti e tranchant.

Nella lotta per il diritto di cittadinanza della mia goffaggine, Citton era schierato a fianco di Wu Ming 4, arrivando a proporre una sua celebrazione pubblica:

Cerchiamo [...] di immaginare a cosa possa assomigliare una scenarizzazione che derivi dalla goffaggine. [...] La più grande sfida, in questo sforzo di scenarizzazione, sarà di imparare a trarre dalla [...] goffaggine uno spettacolo dotato di una forza di convinzione specifica. Diventando degli “apostoli della goffaggine”, sarà necessario che [ci alleniamo] a fare del [...] essere maldestri l’oggetto di una pratica virtuosa, al fine di instaurare [una] “fiducia nella goffaggine”.

L’idea di “trarre spettacolo dalla goffaggine” era così folle e visionaria da promettere un impatto davvero stuporoso sul pubblico. Neppure a un “iniettore di meraviglia” come me era mai venuto in mente.

Da lì in avanti ho iniziato a instillare il dubbio nei miei allievi prestigiatori: non ne avete abbastanza di maghi infallibili, onniscienti e sempre sicuri di sé? Se il nostro obiettivo è stupire, perché escludere di usare il fallimento come strumento?

Dal punto di vista teorico era un discorso interessante, ma nessuno mai se l’è sentita di metterlo in pratica. Allora ho capito che dovevo farlo io. E farlo durante uno spettacolo con Wu Ming mi sembrava la cosa più naturale del mondo...

Ecco il mio numero di mesmerismo, tratto dal Piccolo Laboratorio di Magnetismo Rivoluzionario:

Questa la mascotte dell’inconfessabile finale:

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