Motherboard: Come definiresti la magia oggi?

Mariano: Dal punto di vista di un illusionista, la mia definizione preferita di “magia” è quella di Max Maven:

La magia è l’esplorazione estetica del mistero.

Hai fatto notare che la narrativa dei trucchi dei maghi spesso è reazionaria. Ti va di fare qualche esempio?

Quando ha lasciato le piazze per i teatri, l’illusionista è diventato una figura borghese – se non addirittura aristocratica: il classico prestigiatore indossa capi eleganti e si vanta di frequentare l’alta società; nella sua incarnazione moderna, veste alla moda, ama esibirsi in contesti elitari e condivide sui social le foto scattate con i VIP. Dimostrando poteri sovrannaturali, si colloca su un piano superiore rispetto al pubblico. È poco attento alla dimensione comunitaria: di solito si esibisce da solo, ma quando ha bisogno di assistenti, porta in scena donne poco vestite. Nella migliore delle ipotesi, le vallette sono oggetti di scena che servono a distrarre l’attenzione; nella peggiore, vengono segate in due, trafitte da spade e sottoposte a ogni tortura. Molti illusionisti si propongono alle aziende come consulenti di marketing: dicono di conoscere i trucchi per aumentare le vendite e rendere irresistibile qualsiasi prodotto. È raro che si mettano a disposizione per concepire azioni contro il Mercato: i loro imbrogli si ispirano a quelli dello sceriffo di Nottingham, più che a quelli di Robin Hood. I giochi di prestigio, inoltre, costano molto cari: sin dal Settecento, la casta dei prestigiatori ha fissato nella disponibilità di denaro – e non in qualche merito artistico – il discrimine tra chi può conoscere un trucco e chi no.

Esistono alternative alle figure dell’illusionista e del mentalista intrise di superomismo e machismo e legate a un immaginario conservatore?

De Andrè diceva senza mezzi termini che “non ci sono poteri buoni”; Il Signore degli Anelli è una collezione spietata di modi in cui il potere corrompe chi lo conquista. Non a caso ho citato la definizione di Max Maven: rinunciando a ostentare un potere, il prestigiatore può preferire il ruolo di guida attraverso un’esperienza di mistero. Se si pensa alla magia dei prestigiatori come a una forma di storytelling con gli effetti speciali, l’illusionista ha a disposizione gli stessi strumenti di uno scrittore e come lui può creare mondi ed evocare scenari spiazzanti, sorprendenti, surreali. Sam Sharpe ha espresso l’idea con parole semplici:

Scopo ultimo della magia non è ingannare il prossimo ma incoraggiare un approccio verso la vita e il cosmo pieno di meraviglia.

Mi fai il nome di qualche illusionista “alternativo”?

Da alcuni anni, negli Stati Uniti, il movimento che fa capo al binomio “Magic & Meaning” sta elaborando un importante discorso critico intorno a queste tematiche, anche dal punto di vista delle performance: due tra gli artisti più apprezzati in questo ambito sono Eugene Burger e Bob Neale. La critica più feroce dell’illusionismo, però, si deve a Penn & Teller, una coppia di prestigiatori punk di Las Vegas che coniuga al successo internazionale il gusto per la sperimentazione e il sistematico annientamento della figura borghese del mago. In Europa, la coppia composta da Muriel Brugman e Scott Nelson presenta una forma di “magia accidentale” che si prende gioco in modo raffinato degli stereotipi di genere. A seguito dello scandalo Weinstein, Derek Delgaudio è stato il primo a sollevare il problema del sessismo all’interno del mondo dell’illusionismo; nel nostro Paese ne ha ripreso gli argomenti lo storico della magia Raffaele De Ritis, incontrando una scomposta e violenta opposizione da parte della comunità magica italiana.

Restando in Italia, Francesco Busani ha lanciato una forma di mentalismo (“a tu per tu”) che si oppone al superomismo facendo dell’intimismo la propria cifra stilistica. Ferdinando Buscema lavora da anni sulle istanze del movimento “Magic & Meaning”; è suo il concetto di “magic experience design”, un’espressione che allontana il focus dall’ombelico del mago, spostandolo sul pubblico e sull’esperienza – potenzialmente trasformativa ed emancipante – vissuta durante un gioco di prestigio.

Come si coniuga la tua militanza politica con la magia? Qual è il contributo che può dare la magia a queste cause?

In Inghilterra Ian Saville usa il tono leggero e scanzonato della magia a scopo divulgativo: durante gli spettacoli interagisce con un ritratto di Karl Marx e dialoga con un pupazzo di Bertolt Brecht; l’obiettivo è di raccontare e rendere accessibile al pubblico, in un contesto ludico, l’idea di società della sinistra e dei movimenti radicali. Qui in Italia, dopo essermi imbattuto nel lavoro dei Wu Ming, ho iniziato a riconoscere nell’illusionismo una forma di arte marziale; come la letteratura, il teatro e il cinema, la magia può portare in scena storie che mettono in discussione lo status quo, portano a galla il conflitto, evidenziano le contraddizioni e offrono strumenti concettuali, narrativi e cognitivi per affrontarle. La cultura mainstream si colloca all’interno della società capitalista senza discutere lo slogan tanto caro a Margaret Thatcher “There Is No Alternative”. Mettendo in scena qualcosa di magico, l’esibizione di un illusionista sfida i confini di ciò che è possibile, violando le leggi della natura ed esplorando – dal punto di vista teatrale – le conseguenze di tale superamento; opportunamente contestualizzata, l’esperienza dello stupore può avere effetti emancipanti e trasformativi perché dilata lo spazio delle possibilità, spalanca le porte all’impensabile, conduce fuori dalla zona di comfort e costringe a osservare la realtà con occhi nuovi. Presentata in quest’ottica, la magia dei prestigiatori può diventare uno strumento per incrinare le visioni del mondo dominanti e stimolare l’immaginazione a concepire scenari alternativi.

In quali attività consiste la tua opera di militanza?

Quando scrivo, mi piace far dialogare passato e presente, andando a caccia di storie in grado di raccontare l’oggi a partire dalla vita dei grandi maghi del passato. In occasione dell’attentato del 7 gennaio 2015 alla redazione di Charlie Hebdo mi sono soffermato su una delle vittime, Mustapha Ourrad (1954-2015): il correttore di bozze della rivista era originario di una regione dell’Algeria tristemente famosa nella storia dell’illusionismo; nel 1856 l’area era stata teatro di una violenta repressione da parte del governo francese. Deciso a dimostrare la superiorità occidentale sugli algerini, Napoleone III aveva inviato sul posto l’illusionista più noto dell’epoca, Jean Eugène Robert-Houdin; il racconto del suo spettacolo ad Algeri mette i brividi ed evidenzia con efficacia il livello di spietatezza e sopraffazione delle imprese coloniali in terra d’Africa. Il 40° anniversario della legge 180 mi ha dato l’occasione di raccontare in parallelo la liberazione dalla camicia di forza a opera di Franco Basaglia e del mago Houdini, evidenziando le diverse prospettive ideologiche alla base delle due esperienze; la riflessione è il primo contributo tratto da un più ampio lavoro in cantiere da due anni sul rapporto tra magia e follia. Nell’ambito audiovisivo, il mio documentario “Donne a metà” ricostruisce la storia del celebre numero della donna segata in due, portandone alla luce il contenuto politico e il sottotesto sessista. Nell’ambito della lotta No TAV, mi è capitato di rielaborare il contesto narrativo di alcuni giochi di prestigio, intrecciandone le fasi con il racconto di alcuni momenti chiave nella storia del Movimento valsusino; l’effetto magico e la vicenda entrano in risonanza in forma spesso surreale, dando corpo a una piccola performance teatrale, i cui tre ingredienti fondamentali sono l’effetto sorpresa, un elemento di mistero e una rievocazione di alcune imprese epiche della militanza No TAV. Quando l’amica Nina fu arrestata con l’accusa di aver provocato lesioni a un carabiniere perché correva a zig-zag, il testo del relativo provvedimento di custodia cautelare è diventato il canovaccio per un gioco di prestigio che sfrutta la chiusura a zig-zag di un anello di carta a formare un nastro di Mœbius.

Cosa ne pensi del ruolo rivendicato dall’alt right nell’uso di chaos magick e di meme come “Pepe The Frog” nel successo di Trump?

Nei discorsi dell’alt right si fa spesso riferimento alla chaos magick, una forma di magia post-moderna dalla forte impronta nichilista che non a caso individua in Pepe The Frog (e nella sua proto-versione egizia, il dio Kek) la propria divinità. Quello che la destra ha capito è che su un piano non razionale la magia ha una sua efficacia; per illustrare tale dinamica, oggi va di moda il concetto di “iperstizione”, un elemento di finzione che finisce per avere un impatto reale sul mondo. Non è una buona idea lasciare all’alt right il monopolio della magia, né limitarsi a contrapporle uno scetticismo scientifico orgogliosamente apolitico come quello del Cicap. Come illusionista radicale, ho trovato la mia casa naturale nella Wu Ming Foundation, un laboratorio permanente sulle narrazioni dotate di un potere performativo. Ben prima che si affacciasse sulla scena Pepe The Frog e a una distanza siderale dalla sinistra istituzionale e razionalista, negli Anni Novanta il collettivo Luther Blissett non disdegnava l’uso della magia nelle pratiche di guerriglia culturale: dai molteplici attacchi psichici alla collaborazione con l’illusionista inglese Harry Kipper, la maschera, il trucco e l’irrazionale erano (e sono) ingredienti fondamentali nell’opera di sabotaggio delle narrazioni mainstream.

La magia potrà mai diventare una disciplina in cui il sapere viene condiviso come dovrebbe essere nella scienza – in contrapposizione allo spirito di custodire gelosamente il sapere?

Su Internet si trova facilmente il riassunto di qualsiasi puntata delle principali serie televisive; ciò nonostante, la maggior parte degli spettatori preferisce vederne gli episodi senza farsi rovinare la sorpresa dagli spoiler. Rivelare un colpo di scena importante è considerato un comportamento riprovevole, e i fan delle serie hanno messo a punto svariate tecniche per tenersi lontano dalle anticipazioni – dall’evitare di frequentare i social per alcune ore a silenziare alcune persone su Whatsapp. Il problema ha provocato la nascita spontanea (e la strenua difesa) di nicchie ecologiche rigorosamente spoiler-free, a difesa del diritto dello spettatore a farsi stupire. Nell’ambito dell’illusionismo il mio progetto “Biblioteca Magica del Popolo” mira a rendere disponibili, ad accesso libero e gratuito, milioni di pagine di libri di magia – e potenzialmente rintracciabile qualsiasi trucco magico. A differenza degli autori delle serie televisive, però, i prestigiatori non hanno saputo coltivare la stessa sensibilità nel proprio pubblico: sono pochi gli spettatori che si tengono lontano dalle spiegazioni dei trucchi perché consapevoli del valore (e della fragilità) dell’esperienza del mistero evocata da un gioco di prestigio; più spesso quest’ultimo è vissuto come un enigma da risolvere, l’ingresso in uno stato di scacco intellettuale da cui è urgente uscire smontandone razionalmente il meccanismo. Tra il pubblico dei maghi abbondano gli hecklers, disturbatori che interrompono lo show per mettere in difficoltà l’illusionista, spesso rivelando ad alta voce il trucco usato. Molti prestigiatori ritengono che l’esistenza dei troll sia colpa dei progetti di condivisione come la “Biblioteca Magica del Popolo” e dei tutorial di trucchi magici diffusi su Internet; la ricerca di un capro espiatorio evita agli illusionisti di riconoscere nella propria performance gli elementi che incoraggiano la trasformazione degli spettatori in hecklers – prima di tutto il collocarsi su un piedistallo. Riflettendo sul fenomeno, il curatore del blog “Bizzarro Bazar” Ivan Cenzi ha scritto:

Toccherà trovare una magia diversa dal trucco tecnico, dalle dita veloci, dalla dinamica che vede il mago in competizione con il pubblico. Magari una magia più emotiva, che ritrovi la bellezza della fragilità, una meraviglia che affascini per la sua gentilezza e umanità. E che proprio in ragione di questa sua gentilezza trovi difficilmente qualcuno disposto ad attaccarla.

Esistono illusionisti che manifestano questo tipo di sensibilità?

Ivan Cenzi aveva formulato la sua proposta dopo aver visto all’opera Gianfranco Preverino:

Un intero spettacolo sui modi escogitati per fregare il prossimo, eppure mai – nemmeno per un istante – si è avuta la sensazione che il volontario di turno fosse dileggiato o svilito come persona. La sensibilità e il tatto, direi perfino l’amore dimostrato da Gianfranco sono il segreto di un equilibrio miracoloso (il gentleman è un “gentle man”, appunto). Anche ci fossero mille tutorial, si tornerebbe infinite volte a vedere uno spettacolo così, in virtù della scrittura e dell’umanità.

Lo spettacolo di Preverino era una delle proposte del festival Stupire!, una manifestazione che curo annualmente con Francesco Busani con l’intento di offrire al pubblico performance illusionistiche fuori dal mainstream; ospitato nella piccola cittadina di Fontanellato, da due anni il festival si rivolge a chi cerca una magia “No Global” più intima e autentica, che valorizza le contaminazioni con la storia, la letteratura e il teatro e cerca i propri modelli guardando al patrimonio artistico e culturale locale senza lasciarsi ipnotizzare dalle stroboscopiche luci di Hollywood.

Inés la maga è una star della televisione spagnola consapevole del potenziale simbolico di una donna che opera prodigi: durante gli spettacoli dal vivo ama capovolgere la classica dinamica teatrale dell’uomo-mago che sfrutta il corpo femminile per affermare il possesso di doti sovrumane; quando chiama sul palcoscenico un uomo, l’inversione che si presenta agli occhi del pubblico è perturbante: con lei è un maschio a mostrare imbarazzo sotto i riflettori; è lui la vittima delle battute a sfondo velatamente sessuale che Inés gli rivolge, giocando con i simboli e gli stereotipi di genere con una potente consapevolezza del gioco medesimo. Privata di ogni ostentazione di virilità e machismo, la performance non si limita a offrire un tour guidato attraverso una meraviglia spensierata in salsa disneyana ma fa appello alla dimensione più spiazzante dell’arte magica, sfidando apertamente i pregiudizi, titillando l’immaginario maschile e le sue insicurezze e ostacolando qualunque interpretazione rassicurante della scena.

Vive e lavora a New York l’illusionista Marco Tempest; il tecno-mago svizzero opera ai confini dello sviluppo tecnologico, impiegando nei suoi spettacoli tutte le diavolerie elettroniche più avanzate: sul palco interagisce con schermi a cristalli liquidi, proiettori, robot e droni, ma sempre con una delicatezza e un senso della poesia che – a suo dire – sono un’eredità della cultura europea nel cui alveo è nato e cresciuto.

Tra le giovani leve, seguo con interesse la crescita artistica di Christopher Castellini, mentalista classe 1992, medaglia di bronzo ai “Campionati del mondo di magia 2018”. Costretto su una sedia a rotelle da una distrofia muscolare progressiva, porta in scena la malattia senza pietismi. Il suo spettacolo celebra le possibilità di un individuo il cui handicap, orgogliosamente rivendicato, lo colloca agli antipodi del classico superuomo. (1) 

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Note

1. Versione integrale dell’intervista concessa a Federico Martelli e pubblicata qui su Motherboard il 27 luglio 2018.

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