Gli omicidi che avvengono davanti a decine di testimoni dovrebbero essere i più facili da risolvere. In realtà, non è sempre così.

Esattamente 50 anni fa, il 22 novembre 1963, il presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, venne colpito a morte mentre si trovava a Dallas. Il corteo presidenziale stava attraversando Dealey Plaza quando tre colpi d’arma da fuoco vennero esplosi contro la limousine su cui viaggiava. Un colpo mancò del tutto il bersaglio. Un altro colpì alla gola il presidente, che chiuse i pugni e portò i gomiti in fuori. Il terzo sparo, diretto alla testa di Kennedy, andò tragicamente a segno.

Durante il corteo, il governatore del Texas John Connally si trovava sul sedile davanti al presidente, e anche lui venne colpito dagli spari. Le indagini della commissione Warren, incaricata di far luce sul caso, concluse che le ferite non letali di Connally erano state causate dallo stesso proiettile che aveva colpito Kennedy alla gola. Questa conclusione divenne l’argomento di scontro più caldo nel dibattito che sarebbe scoppiato di lì a breve. L’identità del cecchino, infatti, fu una vera sorpresa: a colpire il presidente era stato Lee Harvey Oswald, un ex marine ventiquattrenne che lavorava nel deposito di libri da cui erano partiti i colpi. Davvero i meccanismi di sicurezza americani erano così fragili da consentire a un pazzo di colpire a morte il presidente degli Stati Uniti? Non era più probabile – e rassicurante – pensare che il presidente fosse stato vittima di un intricato complotto? Per cercare di dimostrarlo, alcuni “teorici della cospirazione” si concentrarono sull’ipotesi che i cecchini fossero almeno due.

Una serie di elementi contribuirono a fare, dell’assassinio di Kennedy, il caso di omicidio più studiato nella storia della criminologia – anche da moltissimi investigatori improvvisati: la scena del crimine era facilmente accessibile, trattandosi di un ampio luogo all’aperto; decine di testimoni oculari potevano fornire altrettante versioni della vicenda da punti di vista diversi; se tutto ciò non bastasse, Abraham Zapruder, un cineamatore di Dallas, aveva ripreso l’istante dell’omicidio con la sua cinepresa a 8 mm. Mai una scena del delitto era stata documentata così nel dettaglio. Nonostante ciò, dall’analisi dello stesso filmato, la commissione governativa e i cospirazionisti arrivarono a conclusioni diverse.

L’elemento della discordia era John Connally: chi gli aveva procurato le ferite che aveva riportato nella schiena, sul petto, su un polso e su un ginocchio? Secondo il rapporto ufficiale, un singolo proiettile attraversò la gola di Kennedy e procurò al governatore tutte le ferite. Secondo i teorici del complotto, invece, un solo proiettile non avrebbe mai potuto farlo: si sarebbe dovuto trattare di una “pallottola magica”, in grado di zigzagare più volte nell’aria. Per questo motivo, oltre a Oswald, un secondo cecchino doveva aver sparato un colpo dalla collinetta erbosa davanti alla limousine.

Da decenni i cospirazionisti usano il termine “pallottola magica” per prendersi gioco delle conclusioni della commissione Warren. Jim Garrison, il procuratore distrettuale la cui storia venne raccontata da Oliver Stone nel film JFK Un caso ancora aperto, spiegò in questi termini il “teorema complottista”:

Il film di Zapruder aveva permesso di stabilire un intervallo massimo di durata della sparatoria di 5,6 secondi. In un tempo così breve, un assassinio solitario avrebbe potuto sparare soltanto tre proiettili. Dal momento che il governo aveva già concluso che un proiettile era andato completamente a vuoto […] e un secondo proiettile aveva colpito il presidente alla testa fracassandone il cranio, restava solo questo terzo proiettile “magico” […] in grado di spiegare le rimanenti sette ferite. […] Una simile spiegazione, decisiva per sorreggere lo scenario dell’interpretazione governativa dell’assassino solitario, era una sfida alle leggi della fisica e anche al buon senso comune. Una volta che la giuria avesse accettato che non poteva essere stato il proiettile magico a causare ben sette differenti ferite sul presidente Kennedy e sul governatore Connally, si sarebbe dovuto concludere che ci doveva essere stato un secondo uomo a sparare, e quindi anche una cospirazione.

Il moto di un proiettile è semplice da descrivere con un’equazione, conoscendo il punto da cui è stato esploso e l’angolo formato dalla canna dell’arma: disegnandone il grafico, si ottiene una linea retta. Jim Garrison parlò di “sfida alle leggi della fisica” perché la commissione Warren, nella sua versione parodistica presentata dai cospirazionisti, sembrava ipotizzare una pallottola in grado di compiere una serie di inspiegabili sterzate. Come scrisse Robert Anson,

Quando [il proiettile] uscì dalla gola del presidente, evidentemente si fermò a mezz’aria, ruotò di novanta gradi verso destra, percorse ancora qualche centimetro, si fermò di nuovo, ruotò ancora di novanta gradi verso sinistra, e solo a questo punto entrò nel corpo di Connally.

Questo è il più famoso schema della traiettoria, proposto nel 1980 da Robert Groden:

Un po’ di matematica può aiutarci a ricostruire come andarono davvero le cose.

Quando Kennedy venne colpito, la limousine stava percorrendo Elm Street, una delle tre strade che convergono in Dealey Plaza. Alle spalle dell’auto si trovava il palazzo che la Texas School usava come deposito di libri, presso cui lavorava Lee Harvey Oswald. Al sesto piano dell’edificio vennero trovati un fucile e tre bossoli. La finestra d’angolo aveva un’ottima visuale su Elm Street, e il luogo fu presto identificato come quello da cui erano stati esplosi i tre colpi. Si trovava a circa 21,4 metri di altezza, ed era facile indicarne il punto su una mappa con una X. Per ricostruire la traiettoria con precisione, era necessario individuare i due punti in cui Kennedy si trovava durante il colpo alla gola e quello alla testa. Per farlo, gli agenti dell’Fbi e dei servizi segreti avevano a disposizione il film di Zapruder e i referti dell’autopsia, che avevano documentato le ferite causate dagli spari. Il 24 maggio 1964 gli investigatori si recarono sulla Dealey Plaza per fare un po’ di calcoli trigonometrici. Un’automobile simile alla limousine presidenziale venne collocata su Elm Street nei punti in cui erano stati esplosi i due colpi andati a segno. Quattro controfigure impersonarono Kennedy, Connally e le rispettive mogli: dovevano assumere le stesse posizioni dei protagonisti del film di Zapruder. Una cinepresa venne montata sul fucile usato da Oswald e l’agente speciale Robert A. Frazier salì al sesto piano del deposito di libri per riprendere la scena attraverso l’occhio dell’assassino.

Sugli abiti di due degli attori furono tracciate delle X in corrispondenza delle ferite procurate. Dopo un po’ di prove, Frazier guardò nel mirino ed esclamò:

Entrambi sono in allineamento diretto con la visuale del fucile. Il governatore è immediatamente dietro il presidente.

Venne misurato l’angolo della canna del fucile, che risultò di circa 21 gradi. Calcolando che Elm Street aveva un’inclinazione di circa 4 gradi, la commissione Warren fissò l’angolo della traiettoria a esattamente 17° 43’ 30”. Su una mappa geografica, la pallottola avrebbe seguito una percorso rettilineo che si trovava 26 gradi a destra del Nord geografico. Il proiettile fatale viaggiò, invece, con un’inclinazione di fissata a 15° 21’, seguendo una traiettoria che dall’alto sarebbe stata ruotata di 29 gradi a destra del Nord geografico.

I due attori che impersonavano Kennedy e Connally vennero quindi portati in un garage. Qui, usando delle bacchette di legno inclinate secondo gli angoli appena calcolati, gli agenti constatarono che le ferite erano coerenti con una semplice traiettoria lineare. La pallottola era entrata sotto la nuca di Kennedy ed era uscita dalla gola, perforando il nodo della cravatta del presidente.

Poiché il sedile anteriore della limousine era spostato verso l’interno e il corpo di Connally era ruotato verso destra, il proiettile era entrato nella sua spalla destra, aveva rotto la quinta costola deviando leggermente e uscendo dal capezzolo destro. Percorsi pochi centimetri, la pallottola aveva incontrato il polso della mano destra del governatore, rompendo il radio e uscendo dalla parte opposta. A questo punto, il proiettile aveva perso ormai l’80% della sua velocità iniziale, concludendo la sua corsa dentro il ginocchio sinistro di Connally.

Osservata dall’alto, la traiettoria era tutt’altro che “magica”: non violava alcuna legge fisica, e si poteva descrivere con due semplici equazioni lineari – una che seguiva il primo tratto, l’altra che prendeva in considerazione il percorso deviato dalla costola.

Il trucco dei teorici del complotto era stato quello di ipotizzare una traiettoria descritta da una curva molto complessa, evidentemente in contrasto con le normali leggi della fisica; per farlo, avevano dovuto collocare il governatore in una posizione diversa da quella testimoniata da tutti i filmati e le fotografie scattate quel giorno. Solo così avevano potuto prendersi gioco della tesi ufficiale. Ma gli indizi raccolti confermavano le teoria della pallottola singola. Fu stabilito che il proiettile che ferì Connally proveniva dal fucile di Oswald. Nessun altro bossolo venne trovato al sesto piano del deposito, né in tutta la Dealey Plaza. Nessun secondo tiratore fu visto dalle decine di testimoni presenti sul luogo. La maggioranza dei testimoni udì soltanto tre colpi.

Possiamo dunque concludere che, mentre un colpo mancò il bersaglio, quello che ferì Kennedy e Connally seguì una traiettoria descritta da questa equazione:

z = 21,4 – tan(17°43’30”) x

mentre il colpo alla testa del presidente seguì questa seconda equazione:

z = 21,4 – tan(15°21’) x

È facile riconoscere i due parametri che identificano ciascuna equazione: il primo numero (21,4 metri) corrisponde all’altezza del punto da cui Oswald ha sparato, mentre il secondo numero, tra parentesi, è l’angolo della canna del fucile. Il segno “meno” descrive il fatto che si sta sparando dall’alto verso il basso. Disegnando le due equazioni su un grafico, si ottiene una buona ricostruzione della scena del crimine:

Vivendo in un mondo tridimensionale, per descrivere completamente le traiettorie abbiamo bisogno di una seconda equazione, che prende in considerazione la direzione della pallottola rispetto ai punti cardinali. Fissando l’origine degli assi cartesiani al punto in cui si trovava Oswald, il primo dei due colpi, sparato a 26 gradi in senso orario rispetto al Nord, seguì questa traiettoria:

y = – tan(26°) x

Lo sparo fatale può essere descritto, invece, da questa funzione:

y = – tan(29°) x

Su una mappa della piazza, le due equazioni riproducono fedelmente la direzione dei due colpi.

Nel 1992 la Failure Analysis Associates, una società di consulenza ingegneristica, rianalizzò il filmato di Zapruder, realizzando una ricostruzione virtuale della Dealey Plaza. Calcolando l’esatto punto in cui si trovava la limousine al momento del primo colpo andato a segno e la posizione delle due vittime, tracciò una linea che collegava la ferita sul collo di Kennedy e quella sulla schiena di Connally. Il computer prolungò la traiettoria dietro l’auto, allargandola a cono per ammettere un certo margine di errore. La base del cono cadeva proprio sull’angolo in alto del deposito di libri della Texas School. La costruzione del cono fu ripetuta per il colpo fatale, e poiché l’auto era più lontana dall’edificio e la zona della testa interessata più ampia, il cono era più ampio. Entrambe le proiezioni, però, comprendevano la finestra dietro la quale erano stati ritrovati i tre bossoli e il fucile da cui erano partiti i proiettili.

Nel novembre 2004 ha destato grande sconcerto un videogioco intitolato JFK Reloaded. Scopo del gioco era quello di uccidere John Kennedy, ripetendo l’impresa di Lee Harvey Oswald in una Dealey Plaza interamente ricostruita al computer. Il punteggio misurava quanto i tre spari a disposizione fossero simili a quelli documentati nel rapporto della Commissione Warren. La gittata del fucile, il suo tempo di ricarica e il punto da cui partivano i colpi erano identici a quelli del 22 novembre 1963, e l’intero scenario era di un realismo impressionante: il videogioco offriva la possibilità di analizzare gli ambienti nei minimi dettagli e da numerosi punti di vista. Per tutti questi motivi, la software house che lo aveva creato, la scozzese Traffic Games, osò definirlo un “prodotto a scopo didattico”. Il suo obiettivo, infatti, sarebbe stato quello di dimostrare che le conclusioni raggiunte dalla Commissione erano verosimili e gli spari replicabili in un modello virtuale della Dealey Plaza. Contro questa definizione si scagliò duramente Ted Kennedy, fratello di John, che definì “spregevole” il gioco.

Da un punto di vista esclusivamente tecnico, il software si basa su un modello matematico di enorme complessità: JFK Reloaded tiene in considerazione una miriade di variabili e gestisce alla perfezione le leggi fisiche del piccolo mondo simulato. Ciò significa che, da qualche parte nel suo codice sorgente, il programma contiene le equazioni su descritte, che vengono modificate a seconda dell’angolo del fucile del giocatore. La traiettoria della pallottola viene quindi calcolata utilizzando le stesse funzioni matematiche, e la sua velocità viene via via modificata dai corpi che il proiettile si trova ad attraversare – siano il fogliame, il corpo di un agente o l’asfalto contro cui si schianta. Addirittura, le automobili della scorta possiedono una certa libertà di azione, reagendo in modi diversi e spesso caotici agli spari del giocatore.

Se uno strumento di questo tipo fosse stato sviluppato nell’ambito di un lavoro investigativo, e messo a disposizione di pochi e selezionati esperti, lo si sarebbe potuto accogliere come un software di simulazione con un livello di dettaglio senza precedenti. Il critico informatico Bob Mosley ha suggerito addirittura di offrire all’utente la possibilità di personalizzare la scena del crimine, con lo scopo di analizzare altri grandi fatti storici controversi: dagli attentati dell’11 settembre all’affondamento del Titanic, dall’incidente di Lady Diana a quello della centrale nucleare di Chernobyl. Programmi come JFK Reloaded offrono suggestive rappresentazioni visive di modelli balistici fondati su leggi matematiche e fisiche ben note, e possono essere davvero utili nel corso delle indagini di polizia. Per analizzare i casi più controversi, alcuni periti fanno uso di strumenti di questo tipo, anche se con funzionalità molto più rudimentali. Ebbe un certo rilievo sulla stampa il modello informatico realizzato da Nello Balossino per studiare la traiettoria della pallottola che uccise Carlo Giuliani durante il G8 di Genova del 2001.

Il lancio pubblicitario di JFK Reloaded presso il grande pubblico, recensito come l’ennesimo videogioco “punta e spara”, ne fecero il bersaglio di un diffuso movimento di dissenso che però non ne scalfì il successo di vendite. Né la simulazione pose fine al violento dibattito ancora in corso tra chi sostiene la tesi governativa e i teorici del complotto.

Per saperne di più…

• Le illustrazioni, da me realizzate, sono tratte dal mio libro Numeri assassini (Kowalski 2011).

• Lo sapevi che un mentalista fu interrogato dalla Commissione Warren? Scopri qui la sua storia.

• Il 22 novembre 2013 esce il libro Complotti, bufale e leggende. Un’indagine scientifica, un buon antidoto contro la febbre da complotto; al libro ho contribuito con due capitoli.

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