Nella sua introduzione a Te lo leggo nella mente Max Maven scrive:

[Il mentalismo] non è affatto appropriato per i bambini. Non si tratta di cose per bambini. Essi non ne hanno alcun bisogno; le loro vite sono già colme di Mistero. Sono gli adulti ad averne bisogno, anche se a volte non se ne rendono conto. (1) 

La conferma ci viene dai recenti studi degli psicologi sociali che si sono occupati del problema. Scrive Bruce Hood nel suo Supersenso:

Un bel trucco di magia piace a tutti. Perché? Perché non crediamo nella magia. Se pensassimo davvero che gli oggetti possono svanire nel nulla, il gioco di prestigio dell’illusionista non ci sorprenderebbe tanto. I trucchi di magia funzionano perché violano le nostre credenze sul mondo. Siamo sorpresi, sgraniamo gli occhi con stupore, abbiamo l’aria perplessa, applaudiamo e poi vogliamo che l’illusionista ricominci da capo. In una certa misura, i bambini hanno le stesse reazioni. Anche se non sono capaci di applaudire e chiedere un bis, in effetti si soffermano più a lungo a osservare il risultato magico del trucco di un illusionista. Lo si può misurare semplicemente confrontando la quantità di tempo passata a fissare risultati impossibili o possibili. Negli ultimi vent’anni, gli scienziatihanno usato questo semplice principio per svelare il funzionamento della mente del bambino. (2) 

Il libro di Hood descrive numerosi esperimenti con cui gli psicologi hanno indagato sull’età in cui i bambini elaborano le prime reazioni di stupore di fronte all’impossibile. Jean Piaget (1896-1980) metteva davanti a un bambino di 6/8 mesi un oggetto. Invariabilmente l’oggetto veniva preso in mano e messo in bocca.

Togliamo l’oggetto dalle mani e ripetiamo la procedura, questa volta coprendo rapidamente l’oggetto con un panno e distraendo il bambino per un attimo facendo schioccare le dita. Abracadabra, l’oggetto non c’è più! È il gioco di prestigio più facile del mondo. La maggior parte dei bambini si ferma e poi si guarda intorno come se l’oggetto fosse scomparso. Non vanno a cercarlo sotto il panno. […] Poiché non è visibile, non è più nei loro pensieri. Non esiste più. (3) 

Sul tema ho intervistato Francesco Busani, raro esempio di mentalista che conosce bene il mondo dei bambini, essendosi esibito anche come illusionista classico in più di 200 occasioni, tra compleanni e fiere, in teatro e abitazioni private.

C’è una domanda che anima spesso la comunità dei mentalisti: «Il mentalismo è adatto ai bambini?» Sul tema tu hai una risposta molto spiazzante: «I bambini non esistono.» Ce la puoi spiegare?

È difficile rispondere alla domanda «Il mentalismo è adatto ai bambini?» perché la parola “bambini” ha troppi significati diversi. La risposta, infatti, dipende dalla fascia d’età a cui ci si rivolge. Il target generico di “bambini” non esiste. Chiamiamo “bambino” un essere umano che ha 4, 6 o 8 anni ma dobbiamo tenere a mente che si tratta di tre target differenti. Solo chi ha presentato spettacoli di magia dedicati all’infanzia può apprezzare le differenze.

Quali sono le caratteristiche specifiche di un bambino di 4 anni?

A partire dalla mia esperienza, a 4 anni il “mentalismo” – inteso come la riproduzione di fenomeni paranormali – non esiste. Tutto, a quell’età, è magico: il frullatore in cucina, la sbarra del casello autostradale che si alza con il telepass e il classico effetto Square Circle che vede durante lo spettacolo del mago alla festa di compleanno. Tutto. Oppure niente. Tutto dipende da come il genitore o il mago raccontano l’esperienza che il bimbo sta vivendo. È il contesto narrativo a fare la differenza. Ciò che a 4 anni non si coglie è la differenza chiara tra “normale” e “magico”.

Cosa cambia crescendo?

Esiste una fascia intermedia, tra i 6 e i 7 anni, in cui emerge la consapevolezza dell’esistenza di “qualcosa” che si chiama “gioco di prestigio”, distinto dalla “vera” magia. Come mi disse un bambino durante uno spettacolo, «Le Winx sono differenti dal mago del compleanno. Loro le magie la fanno per davvero!» Nella loro tassonomia approssimativa, il cuoco cucina, il meccanico aggiusta, il mago fa le magie e un prestigiatore fa i giochi di prestigio.

È l’età in cui io inizio a proporre i workshop di “magia per bambini” – definizione buona per i genitori e per gli educatori, ma non per i bambini, che invece sanno trattarsi di “giochi di prestigio” – ben distinti dalla magia. Come mi disse un altro durante un corso: «Harry Potter fa l’incantesimo, mentre il mago gli insegna un trucco». A quest’età il bambino inizia a sapere che un uomo non può volare su una scopa mentre su un aereo sì. Anche a quest’età il mentalismo non può esistere. La cultura di un bimbo di 6/7 anni non gli consente di percepire il “mentalismo” come lo intende un mentalista adulto, distinto dalla magia classica dei prestigiatori.

Come scrivi nel tuo ultimo libro [Te lo leggo nella mente], il mentalismo richiede nel pubblico una certa cultura, e a un bambino troppo piccolo mancano i riferimenti per distinguere – in modo sottile – la magia, il paranormale e la loro simulazione.

Da quale età credi si possa iniziare a parlare di “mentalismo”?

Dagli 8 anni in su mi sono stati espressamente richiesti “trucchi” di mentalismo per i bambini. A questa età il bambino medio inizia a intuire la differenza tra un foulard che cambia colore e il fatto di sapere (come mi disse uno spettatore) «dove il fratello ha nascosto il suo diario, perché l’ha letto nella mente come ha fatto Dynamo su D-MAX» La cultura, l’esperienza e l’impatto mediatico dei mentalisti contemporanei condizionano – e in parte educano – la mente di un bimbo di 8 anni.

Da quanti anni ti esibisci in effetti di mentalismo per i più piccoli?

Da almeno 15 anni ho inserito routine di mentalismo nel mio spettacolo per i bambini da 8 anni in su: dalla riproduzione di un disegno alla piegatura dei metalli, fino alle predizioni impossibili. Ho trovato conferma di questo approccio in due figure che lavorano con i bambini in maniera antitetica – Docc Hilford e Carlo Faggi.

Non ci sarà anche un problema di definizioni?

Sono d’accordo. Tutto dipende da come definisci il concetto “mentalismo”. Estendendolo opportunamente, se lo definiamo come “l’esperienza della vera magia”, allora il mentalismo è adatto ai bambini per definizione: essi sperimentano tale emozione con la lavagna magica Axtell, con un mazzo di fiori che scompare e con un libro che si colora da solo. Però è necessario stiracchiare un po’ troppo l’idea di mentalismo. Nell’ambito di una definizione “ortodossa”, il mentalismo è adatto soltanto ai bambini da 8 anni in su.


Note

1. Mariano Tomatis, Te lo leggo nella mente, Sperling&Kupfer, Milano 2013.

2. Bruce M. Hood, Supersenso, Il Saggiatore, Milano 2010, pp. 114-115.

3. Bruce M. Hood, op. cit., pp. 113-114.

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